Banche e diamanti: Atto III
Ci siamo! Adesso che il caso dei diamanti da investimento è diventato un caso giudiziario tutti si possono ergere a giudici, giuria e boia non solo delle banche ma anche di tutto il settore che tratta diamanti.
Questa reazione capita sempre, capita su ogni argomento, fa danni e poi si perde nell’oblio.
Io preferisco un approccio diverso dettato dalla mia abitudine a chiedermi perché i fatti seguano un certo percorso.
Riassunto delle puntate precedenti
13 luglio 2017: Appena inaugurato il mio blog ho deciso di scrivere subito dell’argomento più scottante, il rapporto tra banche e diamanti. Il punto focale era sul tipo di banche interessate ai diamanti da investimento: erano (e sono) le grandi banche d’affari, non le banche commerciali.
Il giorno dopo ho pubblicato una breve guida alla scelta dei diamanti da investimento. Sottolineavo quanto fosse vitale avere le informazioni giuste per scegliere un investimento, di qualunque tipo esso fosse.
Proprio l’informazione è stata l’argomento dell’articolo successivo dove proponevo un approccio trasparente al mercato dei diamanti.
Ho completato poi il panorama scrivendo sui punti caldi per i clienti: la poca liquidità del mercato, il rendimento dei diamanti e le fake news che li circondano.
Si arriva così all’8 marzo 2018. Dopo le numerose richieste di informazioni, consulenza e valutazioni ho tratto alcune considerazioni sulla tempesta in corso.
Ho cercato di spiegare con chiarezza perché i prezzi delle banche fossero folli e come calcolavo il prezzo di riacquisto quando una persona mi offriva uno di questi diamanti da investimento.
Il senso della giustizia
Ed eccoci al proverbiale nodo: di chi è la colpa?
Già, perché se non riusciamo a trovare qualcuno al quale dare la colpa ci sentiamo defraudati, patiamo per l’ingiustizia della cosa.
Che sia la formazione della squadra del cuore dopo una sconfitta, la personale interpretazione dell’ultima legge o sentenza oppure che si debba giudicare l’ultimo fatto di cronaca non possiamo evitare le critiche feroci. Ci serve almeno un capro espiatorio e noi ci assolviamo così da ogni responsabilità.
La morale della storia: l’avidità
Per lavoro vendo diamanti e come tutti gli imprenditori cerco sempre nuovi clienti.
Il mio dovere, che spero sia anche un fattore strategico di successo, è informare al meglio i clienti senza creare false aspettative pur di vendere qualcosa.
Ma qual è il dovere delle persone? Esistono infinite tipologie di clienti per i diamanti da investimento, alcune estremamente prudenti e attente altre spregiudicate.
Questo è il cuore del problema: acquistare un diamante da investimento oggi, rivenderlo pochi mesi dopo ed andare in vacanza ai tropici con gli utili. È una chimera, possibile ma molto, molto improbabile.
Soprattutto può capitare una volta ma non è certo la regola sulla quale programmare tutto il proprio reddito.
Il furbo della storia
E le banche? Hanno semplicemente approfittato di una situazione perfetta commettendo però due errori gravissimi: cedere all’avidità e non tutelare i clienti.
A pensarci bene non è certo una novità, gli scandali in campo bancario sono noti (Parmalat, Bond argentini, mutui sub prime, obbligazioni subordinate) come anche le scuse usate (è il mercato, sono le condizioni internazionali, ci hanno nascosto la reale situazione, il nostro prodotto perso meno di altri) eppure molti continuano a fidarsi ciecamente. Lo sbaglio non è fidarsi ma farlo ad occhi chiusi.
Un personaggio dello spettacolo coinvolto in questa truffa ha stigmatizzato la situazione: “se si fosse presentato alla mia porta un venditore di diamanti senza aver dietro una banca gli avrei chiuso la porta in faccia”. Comprensibile ma anche sbagliato.
Parafrasando uno slogan di un istituto di credito posso affermare che “Gli investimenti si faranno anche in banca ma i diamanti si comprano dal gioielliere”.
Mi ricordo perfettamente quante porte in faccia ho ricevuto, fa parte del lavoro e lo accetto. Mi spiace solo di non aver avuto la possibilità (o la capacità) di provare a queste persone la validità dei diamanti da investimento comprati al giusto prezzo.
A volte ritornano
Alcune persone, dopo avere legittimamente rifiutato le mie proposte, hanno acquistato i diamanti in banca e adesso sono tornate da me per rivenderli, rimanendoci molto male quando comunicavo loro il reale valore delle pietre. Questa è una cosa che accetto con difficoltà.
Con alcuni sono riuscito ad approfondire l’argomento perché volevo capire come la banca fosse riuscita dove io avevo fallito. Tutte le risposte avevano in comune due elementi:
- “Mi hanno detto che il prezzo era sempre in crescita”
- “Mi hanno garantito che potevo rivenderli quando volevo”
Non vorrei essere brutale ma devo dirlo: sono delle balle colossali.
Il brusco risveglio
In economia vigono alcune leggi ferree: una vendita si conclude solo quando domanda e offerta si accordano su un determinato prezzo. Se la domanda supera l’offerta il prezzo sale, altrimenti scende.
Questa legge non ammette eccezioni ma ammette dei trucchi, alcuni leciti altri truffaldini.
Le quotazioni dei diamanti nel lungo periodo si sono apprezzate ma non sempre e non costantemente.
Immaginiamo di aver comprato nel lontano 1985, per un simbolico “100”, un diamante da 1 carato di una buona qualità commerciale, senza esagerare, diciamo di colore H e purezza VS2 (non conoscete le classi dei diamanti? Le potete leggere qui).
Oggi quello stesso diamante varrebbe 271 ma dopo un picco a 217 nel 1999 è sceso leggermente fino a 210 nel 2001, 2002 e 2003. Anche negli anni successivi oltre alla crescita ci sono state delle leggere correzioni. Nulla cresce sempre e senza pause.
E adesso cosa posso fare?
Anche i clienti hanno una responsabilità: non hanno saputo trarre i dovuti insegnamenti dai molti rovesci bancari degli ultimi anni ed hanno continuato a riporre la loro fiducia in chi l’aveva tradita ripetutamente.
Ma la loro responsabilità è lievissima se paragonata a quella enorme delle società coinvolte che hanno abusato della loro posizione, hanno illuso i clienti, fornito informazioni false e approfittato del legittimo desiderio di protezione del proprio patrimonio.
A quanti mi hanno interpellato ho fornito la documentazione comprovante i sovrapprezzi e ho consigliato loro di rivolgersi alla banca venditrice. L’obbiettivo di ottenere il rimborso integrale ed il ritiro dei diamanti minacciando la chiusura dei conti ed un’azione legale spesso è stato raggiunto. Oggi la questione potrebbe essere più complicata a causa dell’elevato numero di richieste che inevitabilmente arriveranno.
Piazzare queste pietre sul mercato sarà possibile ma solo accettando una perdita almeno del 70 % di quanto investito. Ecco perché è una scelta che sconsiglio fortemente.
Cosa ci riserva il futuro?
Questa truffa ha danneggiato molto l’immagine dei diamanti da investimento creando una sfiducia ingiustificata verso un investimento potenzialmente remunerativo.
Stranamente si tende a dare la colpa dell’accaduto ai diamanti anziché alle banche. La responsabilità non è dell’oggetto ma del truffatore che lo ha fatto pagare tre volte il suo giusto prezzo.
E come se dessimo la colpa alla mela perché l’abbiamo acquistata per 15 € ad una sfilata di moda anziché al venditore che ci aveva illuso sulle sue qualità magiche.
Facili battute a parte mi aspetto ancora pesanti strascichi. Queste pietre troveranno sicuramente una collocazione sul mercato ma ai prezzi correnti. Temo anche che molti proveranno a pagarle pochissimo per tentare la speculazione.
Il mio consiglio è di lottare per ottenere il rimborso dalle banche, riacquistare le stesse pietre tramite i canali giusti ed al giusto prezzo ed utilizzare l’avanzo per quello che preferirete.
Abbandonare questo settore di investimento sarebbe come dire che consideriamo l’investimento immobiliare una truffa perché un intermediario ci ha convinto a comprare un alloggio in periferia al prezzo di un attico in centro. Il problema non sono le case, ma i professionisti ai quali ci affidiamo.