Quanto ci piace il virtuale?

Mi piacerebbe vivere in un mondo meno virtuale, più a misura di persona e non di performance, ma il mondo nel quale vivo è differente. Per non subirlo devo quindi conoscerlo e quando è possibile sapere come volgerlo a mio vantaggio.

Ammirarne la complessità è magnifico, bisogna tuttavia saper riconoscere alcuni segnali di cambiamento. Negli ultimi anni abbiamo assistito all’esplosione del “fenomeno criptovalute“.

Nate dal desiderio di avere un metodo di pagamento globale affidabile e non ostaggio di governi ed istituzioni, sono rapidamente diventate l’ennesima bolla speculativa.

È un discorso troppo ampio e complesso per  essere affrontato in un blog ma, grazie ad un articolo apparso su Rapaport, posso approfondirne una piccola parte.

 

Dal virtuale al reale

 

In sintesi: una società che si occupa della produzione di criptovalute ha effettuato un primo acquisto di diamanti da offrire in libero scambio ai propri clienti.

La notizia è solo in apparenza banale mentre la sua portata potrebbe essere rivoluzionaria. La base è la nostra concezione di denaro: come lo definiamo? Perchè diamo valore ad un semplice pezzo di carta?

Oggi il denaro è molto più virtuale ma facendo un salto indietro nel tempo scopriamo che le banconote erano nate per non spostare fisicamente il mezzo di pagamento universalmente accettato cioè l’oro.

Per molto tempo la “carta monetaria” poteva essere convertita in oro e viceversa, l’emittente del denaro doveva custodire fisicamente tanto oro quanto era il denaro circolante.

Inutile dire che la naturale cupidigia umana ha complicato le cose: riserve sparite, denaro falso, proliferazione della carta finanziaria…

Nei secoli l’intero sistema si è mosso verso una virtualizzazione estrema e le criptovalute sono l’esempio del virtuale assoluto.

Talmente virtuali che sono diventate famose non per le loro qualità ma per il lauti guadagni che permettevano dalla loro conversione con le valute tradizionali.

 

Siamo agli albori di un “diamond standard”?

 

Che una società di criptovalute scelga di acquistare diamanti da custodire in cassaforte, dopo adeguata certificazione, è un potente segnale della necessità di una base reale e tangibile per sostenere il virtuale.

I diamanti sono passati attraverso molte bufere, spesso nate dall’avidità, a volte indicati come la causa dei mali del mondo, altre come simbolo del tesoro per eccellenza in realtà stanno ripercorrendo la stessa strada dell’oro.

Millenni fa il prezioso metallo è stato scelto come mezzo per regolare gli scambi perchè è colorato, lucente, resistente, facile da lavorare e raro. Si stima che tutto l’oro estratto nella storia sia circa pari ad un cubo di 20 metri di lato: ecco quanto è raro.

E i diamanti? A parte la facilità nella lavorazione hanno le stesse caratteristiche e sono anche più rari e preziosi. Un kilo d’oro costa circa 35.000 €, un kilo di diamanti da 1 ct., di qualità buona ma non eccelsa, costa 31.000.000 €!

Non più relegati a semplice componente di un gioiello i diamanti vengono utilizzati sempre più come forma di investimento. La novità è il loro utilizzo come garanzia reale del mezzo di pagamento più virtuale che esista!

È affascinante notare come dopo secoli di evoluzione del sistema economico l’ultimo prodotto finanziario ipertecnologico cerchi delle basi “antiche” per ottenere solidità!

Un po’ come le grandi famiglie del passato che per essere credibili dovevano accumulare ricche collezioni d’arte e sontuosi palazzi come prova della loro solidità finanziaria.

Ho la sensazione che questo argomento si svilupperà velocemente aprendo nuove ed interessanti opportunità non solo per le aziende ma anche per i singoli clienti.

Paolo Genta