Ormai è risaputo, i diamanti devono essere certificati.
Il certificato è garanzia per il cliente di non comprare un falso, mette al riparo il venditore da eventuali contestazioni, rende assicurabile la pietra eliminando i dubbi sul reale valore della gemma.
Come ulteriore sicurezza si sono studiati sigilli anti manomissione, detti blister, per rendere ancora più affidabili i certificati.
Questo sistema ha funzionato egregiamente per anni proteggendo benissimo il mercato, almeno fino a dicembre 2019.
Il problema
Si sa che le soluzioni semplici sono le migliori e i truffatori lo sanno benissimo.
Alcuni simpatici personaggi hanno preso dei magnifici diamanti certificati GIA, hanno cercato pietre identiche ma sintetiche o trattate e le hanno sigillate in blister fasulli assegnando loro il numero del vero certificato.
Le hanno poi immesse sul mercato sfruttando l’incauto desiderio di molti consumatori di acquistare online, evitando la consulenza di un professionista, nella speranza di risparmiare.
Purtroppo, per bravi che fossero questi truffatori replicare perfettamente un diamante vero in tutte le caratteristiche descritte nel certificato è praticamente impossibile.
È impossibile trovare una pietra identica ma non una simile che, all’interno del blister, può trarre in inganno un non addetto ai lavori.
La soluzione
Semplice la truffa, semplice la soluzione: via il blister e largo alla verifica del professionista che può facilmente determinare se la pietra corrisponde al certificato.
Ecco perché GIA dal 1 gennaio 2020 ha smesso definitivamente di sigillare le sue pietre.
Gli acquisti online hanno un fascino irresistibile e a volte sono delle vere occasioni. Tuttavia non ogni oggetto può essere acquistato ad occhi chiusi tramite web.
I gioielli, e i diamanti in particolare, hanno bisogno dell’intermediazione di un esperto.
I parametri da conoscere sono semplicemente troppi per le competenze del consumatore medio e minime differenze comportano rilevanti divari di prezzo.
E la concorrenza?
Ma IGI e HRD che fanno? Al momento continuano a sigillare.
Per capire i motivi di queste strategie opposte occorre pensare alla reputazione dei certificati GIA: sono semplicemente considerati i migliori e quindi hanno la maggiore autorevolezza possibile.
La stragrande maggioranza delle pietre GIA sono vendute negli States dove i consumatori sono tutelati dalla legge anche se tengono comportamenti assurdi.
Anni fa un coppia di fidanzatini americani ha ricevuto un risarcimento milionario da un produttore di profumi perché sulla boccetta non c’era scritto “vietato versare su fiamme libere” e loro hanno legittimamente pensato fosse un’ottima idea “aromatizzare” l’ambiente versando il profumo sulle candele che decoravano la tavola della loro cenetta romantica.
Di fronte a queste situazioni GIA ha scelto di eliminare il blister per non rischiare pericolose richieste di indennizzo.
In Europa invece, dove operano maggiormente HRD e IGI, la legge è chiara: il certificatore è responsabile se certifica il falso, non se qualcuno sostituisce la pietra certificata per commettere una truffa.
Ma come posso difendermi?
Basta rivolgersi ad un professionista competente che abbia i necessari strumenti gemmologici.
I diversi strumenti di analisi che uso sono ormai un’estensione dei miei occhi, sia perché controllo sempre ogni singola pietra prima di consegnarla sia perché quando ho un momento libero analizzo tutte le pietre che posso per mantenere l’allenamento.
Per me è inevitabile, sono curioso per natura! Quando mi passa per le mani una gemma devo analizzarla in tutti i suoi aspetti e svelarne i suoi segreti.
Francamente mi ispirano poca fiducia i colleghi che, pur vendendo pietre preziose, non hanno neppure un microscopio in ufficio.
La conoscenza delle gemme non è un processo taumaturgico ma deriva da molto lavoro e tanta, tanta esperienza sul campo.
Ecco perché rinunciare alla consulenza di un esperto nella speranza di risparmiare può rivelarsi un doloroso autogol.
Alla prossima,
Paolo Genta