Inflazione

Tassi, inflazione e aspettative

Nel celebre film “Il diavolo veste Prada” una glaciale Meryl Streep, parlando di un servizio di moda, liquidava una collaboratrice con un lapidario “Floreale? Per la primavera? Avanguardia pura!”.

Negli anni è diventata una delle mie battute preferite per sottolineare cose ovvie o banali elevate al rango di idee innovative.

Proviamo ad analizzare una cosa ovvia e vediamo se nasconde informazioni importanti.

Inflazione e tassi oggi

La situazione dei tassi di interesse è sotto gli occhi di tutti (questo è stato il nono rialzo consecutivo) e chi paga un mutuo sa molto bene cosa questo significhi.

Anche se l’inflazione sta rallentando, pochi credono che i prezzi scenderanno grazie alla maggior propensione al risparmio prodotta dai tassi elevati a discapito dei consumi.

Molti in realtà credono che i prezzi resteranno alti.

Se andrà bene smetteranno di crescere o ripiegheranno leggermente ma non torneranno ai livelli precedenti.

Si consumerà certamente meno, semplicemente perché non si hanno risorse infinite e, ad un certo punto, si dice basta e si seleziona.

La reale fonte dell’inflazione

In pochi tuttavia si accorgono che la maggior componente dell’inflazione arriva dal lato dei servizi e non dei prodotti.

Le vacanze hanno dato l’ultima botta ai prezzi, in attesa del classico “autunno rovente”.

In questo contesto apparentemente ovvio ci vengono suggerite molte aspettative, dalle più rosee alle più cupe.

Chi suggerisce improbabili tetti ai prezzi (ovviamente partendo da ottobre, ad aumenti già ben consolidati).

Altri propongono la redistribuzione degli extra profitti (ma non hanno fatto nulla per bloccare gli aumenti insensati e ingiustificati che abbiamo subito da quasi due anni (tre se si considera solo l’energia).

Alcuni infine vedono una forte crescita dell’economia che ci permetterà di affrontare il maggior costo della vita.

La mia interpretazione

Quando non riesco ad individuare il futuro più probabile mi rivolgo al passato, in questo caso ai dati Istat sull’inflazione media negli ultimi 70 anni.

inflazione

Alla fine degli anni ’60 l’inflazione è passata da un 1.4% – 2.6% a circa un 5% dei primi anni ’70 per poi esplodere al 19.1% nel 1974 e toccare il 21.2% nel 1980.

Fortunatamente oggi la situazione è molto diversa.

Non si parla più di Italia e di Lira ma di Europa e di Euro, tuttavia mi ricordo gli effetti sui beni di investimento (case, oro, diamanti) e sulla borsa di un’inflazione così elevata.

Le case hanno triplicato i prezzi, idem hanno fatto i diamanti, l’oro è addirittura cresciuto di 17 volte, anche se all’epoca si potevano solo comprare monete d’oro e non lingotti.

Questa volta le cose andranno in modo diverso ma non vedere l’opportunità sarebbe un peccato.

Un possibile futuro

Le case hanno un carico fiscale ben diverso da quello degli anni ’80, gli investimenti in oro sono tassati (al 26% sia sul fisico che sul cartaceo), i diamanti continuano a essere esenti ma risentono maggiormente degli umori del mercato.

Ai clienti che vogliono investire nel mio settore suggerisco di acquistare o diamanti bianchi con particolari sconti oppure diamanti colorati, rosa soprattutto.

Comprare bene serve per ammortizzare eventuali cali nelle quotazioni massimizzando le possibilità di rivendita.

Acquistare un diamante colorato significa salire su un treno che, pur avendo quintuplicato i prezzi negli ultimi 15 anni, sembra avere ancora molta voglia di correre.

In questo caso il mio compito professionale è di razionalizzare l’acquisto eliminando la maggior parte possibile dei costi, accorciare la filiera e minimizzare il rapporto rischio-rendimento.

Come in tutti i settori il risultato lo potrà stabilire solo il mercato ma affrontarlo preparati e con le migliori armi è più “saggio”.

Nuovi servizi

Per eliminare un punto debole dell’investimento in diamanti sto trattando con un broker assicurativo per potervi offrire una polizza contro il furto, a prezzi competitivi, per i preziosi custoditi in cassaforte o in cassetta di sicurezza.

Al momento si parla di un capitale assicurabile tra i 5.000 e i 50.000 € ma sto lavorando per offrirvi polizze ad hoc per importi maggiori o per coprire i rischi fuori dalla cassaforte.

Alla classica domanda “Ma adesso dove li tengo?” rispondo sempre “in cassaforte o banca” e, fino ad ora, non potevo suggerire altre soluzioni.

Con la newsletter di agosto spero di darvi maggiori dettagli e costi precisi.

Se vi piacciono gli argomenti che tratto iscrivetevi alla mia newsletter: avere le giuste informazioni potrebbe esservi molto utile.

Alla prossima,

Paolo Genta

Sanzioni

Sanzioni: quanto ci costano davvero?

Le sanzioni sono un argomento scottante. Sono diventate la bandiera per schierarsi in questa tragica situazione.

Alcuni le reputano totalmente inutili contro un gigante come la Federazione Russa, altri le vorrebbero totali per stroncare le fonti di finanziamento della guerra, infine ci sono persone che vedono nelle sanzioni una pericolosa provocazione verso una nazione assai aggressiva.

Messe da parte le mie opinioni sull’efficacia finora dimostrata dalle sanzioni ho potuto studiare meglio le conseguenze per noi sui mercati di oro e diamanti.

L’oro

L’argomento più recente riguarda l’oro: come sappiamo le borse si muovono sulle notizie quindi anche se manca ancora l’ufficialità su tempi e metodi per l’embargo dell’oro russo il mercato ha già usato le parole di Erich Maria Remarque per dare il suo parere: “Niente di nuovo sul fronte occidentale”.

A parte un’oscillazione in apertura, inferiore all’1%, l’oro prosegue il suo cammino apparentemente insensibile alle sanzioni.

Nelle prime due settimane del conflitto l’oro ha ripetuto i massimi del luglio 2020 per poi ripiegare di oltre il 10% arrivando a testare il supporto del luglio 2011: quei 59 $/g che hanno segnato la fine della prima corsa all’oro iniziata nel 2003.

Come si può vedere dal grafico sembra che le conseguenze delle sanzioni sull’oro russo, almeno per chi le ha imposte, siano nulle.

sanzioni oro

Non dimentichiamoci poi che i media amano cavalcare l’onda delle notizie ma spesso arrivano fuori tempo.

Le autorità sono attive sin da marzo per bloccare i capitali russi in fuga. La Svizzera, per esempio, vieta la commercializzazione del metallo russo dal 7 marzo 2022 e a maggio ha sequestrato tre tonnellate del prezioso metallo triangolate dal Regno Unito ma di provenienza russa.

Divieti simili sono stati posti mesi fa anche dal London Bullion Market ma, al solito, “fatta la legge trovato l’inganno”: adesso pare che sia Dubai la piazza di transito per aggirare i divieti.

I diamanti

Per il mondo dei diamanti invece pare che il problema sia quantificabile in 31,5 milioni di dollari.

Questo è quanto Alrosa, gigante minerario russo, non pagherà l’anno prossimo al Natural Diamond Council (NDC) come conseguenza diretta delle sanzioni sui diamanti.

L’NDC è un ente, finanziato da De Beers, Lucara Diamond Corp., Arctic Canadian Diamond Company, Petra Diamonds, Rio Tinto e altri che ha il compito di promuovere i diamanti naturali sul mercato tramite mirate campagne di marketing.

A quanto pare l’unico problema sarà coprire il budget, per il 2023, per la promozione dei diamanti naturali presso il pubblico.

Certamente è un problema da risolvere ma non mi sembra così grave da affossare il mercato.

Il mercato

Come scrivevo a marzo la domanda di diamanti ha raggiunto e superato i livelli del 2019 ma i prezzi rimangono stabili, almeno in dollari, mentre per noi europei sono saliti a causa della rivalutazione del dollaro.

Al momento il mercato riesce a gestire la forte domanda ma la situazione non sarà sostenibile a lungo.

Anche perché i prezzi di tutti i materiali sembrano impazziti e, siamo sinceri, non certo a causa della guerra o delle sanzioni.

La speculazione

Basta analizzare il “sangue” della nostra economia: il petrolio.

Nella prima metà del 2008 costava circa 114 € al barile (180 $ al cambio di 1.57) mentre oggi costa 104 € al barile (110 $ al cambio di 1.05).

In compenso il gasolio che nel 2008 costava 1.3 €/l, oggi costa 2,04 €/l (2.54 se includiamo lo sconto sulle accise).

Davvero è una conseguenza della guerra?

A fronte di un calo del petrolio del 5.5% come fa il gasolio ad essere aumentato del 57% (del 95% senza lo sconto)?

Non sono mai stato un complottista ma, rileggendo l’articolo di due anni fa, è difficile non notare un collegamento.

Poche settimane fa guardavo sui social commenti inviperiti di clienti che maledicevano i produttori di pasta.

Pastai che prima dichiaravano di usare solo grano duro italiano si lamentavano della scarsità di materie prime a causa del blocco del grano ucraino.

Non uno si è posto il problema che l’Ucraina pesa, sull’export mondiale di grano duro, poco più del 2% (idem la Russia).

L’Italia dipende per il 46% dal Canada, l’8% dalla Grecia, il 7% da Francia e Usa, il 3% dal Kazakistan.

Il prezzo del grano è esploso a causa dei problemi delle coltivazioni in Canada e dell’aumento dei costi di trasporto.

Di nuovo guerra e sanzioni non c’entrano nel discorso.

Come difendersi

Come notate è importante saper distinguere la realtà da come ci viene presentata, saper riconoscere l’inizio di un trend da una bieca manovra speculativa, scegliere le soluzioni che meglio si adegueranno alle nostre esigenze future.

È bastato il semplice annuncio (nessuna decisione, solo un annuncio) da parte russa della possibilità per l’Ucraina di esportare grano dai porti occupati per far tornare i prezzi indietro di due mesi.

In un contesto così turbolento sono felice che i diamanti seguano l’unica legge di mercato che trovo corretta: i prezzi devono basarsi su domanda e offerta, non su paura e speculazione.

Se volete maggiori informazioni sul mercato delle pietre preziose iscrivetevi alla mia newsletter.

Garantisco informazioni verificate e offerte riservate, molto interessanti.

Alla prossima,

Paolo Genta

Inflazione: un'onda che può travolgerci o un'opportunità da cavalcare?

Inflazione – Atto I

Sono passati 2 mesi dal mio ultimo articolo, un tempo lungo ma necessario per mettere a fuoco la realtà che mi circonda.

Siamo abituati a divorare notizie, discutiamo anche violentemente sul tema del momento e poi? Via verso il prossimo caso!

Farlo non è necessariamente un errore ma, a mio parere, ci abitua alla superficialità e si perde la visione d’insieme.

Lo scrivo ogni volta che posso: sono un ottimista e spero per il meglio ma, per non farmi sorprendere dal peggio, studio proprio il quadro generale.

Ovviamente studio per primo il mio settore ma credo che il discorso sia valido anche per altri campi.

Oggi ogni ragionamento è imprescindibile dalla pandemia: ha permeato tutti gli aspetti della nostra vita e non possiamo ignorarla. L’importante è volgere la nostra attenzione al futuro, non al passato.

Ci sarà tempo per giudicare e recriminare, ma ora ci sono questioni più importanti.

Circa un anno fa scrivevo un articolo sul mondo post-pandemia e oggi sembra che le previsioni stiano diventando realtà. Sempre più operatori economici si rendono conto che l’inflazione, anche se non dichiarata, c’è, è arrivata ed ha tutte le intenzioni di restare.

Il primo attore: l’inflazione

Quotazioni dei diamanti

Per il mio compleanno mi sono regalato 4 giorni a Roma come avevo fatto anche lo scorso anno, quando avevo scovato un piacevole B&B in zona Prati.

Essendoci stato bene l’ho cercato anche quest’anno, peccato che il prezzo fosse più alto del 75%!

Non tutto è aumentato così ma i prezzi sono cambiati e ben più dello 0.7 – 0.9% delle stime ufficiali.

L’inflazione ha un forte impatto sul debito, crea conflitti sociali perché tutti la vogliono scaricare sugli altri. Ci illudiamo che sia transitoria ma quello che divora è perso, definitivamente.

Il palcoscenico: il mercato

Tanti aggregati statistici vengono utilizzati per “addomesticare” i dati economici: avete presente l’inflazioneCore”, che non tiene conto di energia e alimentari?

Non so voi ma io mangio e consumo energia e i conti li devo pagare!

Un altro aggregato molto interessante è la spesa discrezionale cioè quella non destinata alla vita di base (cibo, acqua, vestiti, alloggio) ma che nella nostra società è la base della vita.

Cultura, svaghi, viaggi, investimenti e ogni altro tipo di desiderio non sono strettamente necessari alla sopravvivenza a breve termine ma definiscono la qualità di una vita intera.

Per molte famiglie la situazione non è rosea e i soldi saranno necessariamente indirizzati verso i bisogni primari.

Per molte altre, a reddito medio alto, la questione è diversa. Aiuti, risparmio, minori spese da lockdown e boom di borsa hanno creato la situazione perfetta per un boom transitorio negli acquisti, specialmente nel settore del lusso.

Per qualche mese assisteremo a continui aumenti negli indici della “ripresa dei consumi” poi, dissipata la paura per la pandemia (e dissipati i risparmi), si tornerà alla normalità del quadro.

L’opinione più condivisa è per la crescita dell’inflazione, un dollaro debole e un rialzo dei tassi sul dollaro dal 2023.

La situazione europea rallenterà questo percorso ma non credo che lo fermerà.

I comprimari: le materie prime

Nel mio settore gli effetti, già presenti, aumentano: a parte l’oro che da un anno viaggia sui 50 €/g, con oscillazioni di prezzo del 10%, anche tutte le altre materie prime sono cresciute molto.

oro da investimento

Non fanno eccezione le gemme e, in particolare, il diamante.

Nei prossimi articoli analizzerò come e perché sta succedendo, per adesso mi basta notare che negli ultimi 13 mesi il Rapaport è aumentato 9 volte e i segnali di mercato dicono che non è ancora finita.

Ripresa economica dei giganti mondiali e scarsità di offerta sono solo alcuni dei fattori che stanno spingendo in alto le quotazioni dei diamanti.

I contendenti: produttori vs consumatori

Perché penso che stia iniziando una guerra commerciale? Perché la società che abbiamo costruito non può stare ferma, pena l’estinzione.

Deve muoversi, alimentarsi e crescere ed il nutrimento è proprio la spesa discrezionale delle persone.

Per aggiudicarsela si combatterà sia sul fronte del marketing sia della razionalizzazione produttiva, verranno offerte grosse opportunità e grossi rischi, molti informeranno altri inganneranno.

Da consumatore cercherò di informarmi al meglio per evitare gli errori, da professionista credo che i buoni affari si facciano sempre in due quindi darvi tutte le informazioni necessarie per collaborare sarà un piacere.

Se poi volete le notizie più esclusive e le migliori offerte non vi resta che iscrivervi alla mia newsletter!

Alla prossima,

Paolo Genta

I numeri non mentono

Numeri, comunicazione e verità. Argomenti difficili da affrontare in un anno dove quotidianamente siamo bombardati da numeri che ufficialmente dovrebbero informarci, ma spesso servono per farci tenere comportamenti ritenuti virtuosi stimolando le nostre paure.

È vero, la paura serve: ci mantiene vigili, prudenti e reattivi. Il panico invece è letale perché ci paralizza ed è una condanna senza appello.

I numeri tuttavia sono l’unica strada percorribile per distinguere i fatti dalle strategie e non restare impantanati.

Se da un lato sono le discipline umanistiche che rendono la vita degna di essere vissuta dall’altro i numeri e le discipline scientifiche ci permettono di avere una vita da spendere come preferiamo.

Vediamo insieme alcuni numeri dell’economia e del mio settore in particolare.

Nel precedente articolo vi avevo preannunciato un’asta molto particolare: la vendita online di un diamante, taglio ovale, di oltre 102 ct. senza prezzo di riserva.

Foto: Sotheby’s – ct. 102.39 D/Fl

Molti l’hanno considerata una mossa incauta, alcuni immaginavano addirittura che questa gemma da sogno sarebbe stata venduta per pochi dollari.

Risultato? Diamante venduto per 15,7 milioni di dollari superando di quasi il 9% le quotazioni Rapaport.

Visto che i numeri hanno senso solo se confrontati correttamente vi suggerisco di leggere il mio articolo sugli sconti per capire l’importanza di quel “9%”.

Certo non si sono raggiunti i record del 2017 quando il famoso diamante “The art of de Grisogono”, un cioccolatino di 163,41 ct, è stato venduto per 33,7 milioni.

Tuttavia confrontando i prezzi al carato, si capisce che il 34% in più spuntato da quest’ultimo è dovuto in gran parte alle dimensioni, ancora più rare, e al taglio smeraldo, da sempre il più amato per le pietre “importanti”.

Photo courtesy: Christie’s – The art of De Grisogono

Altre valanghe di numeri tentano di descriverci lo stato dell’economica. Per quanto la situazione sia seria, per alcuni addirittura tragica, accomunare tutti i settori descrivendo solo scenari da incubo è sbagliato.

Anche nei periodi peggiori c’è sempre qualcuno che riesce a volgere a proprio vantaggio la situazione e ad avere successo. La cosa più importante da notare però sono le persone che non si arrendono e cercano comunque una via di uscita e un nuovo equilibrio. Sono loro che oltre a limitare i danni riescono a creare realtà solide e prospere per il futuro.

Anche il mio settore affronta le conseguenze della pandemia e i numeri, nuovamente, ci dicono come.

Con lo stop forzato di questa primavera abbiamo, a livello aggregato, sospeso gli acquisti di grezzo utilizzando le nostre scorte per servire i pochi clienti che operavano.

Con la riapertura il mercato si è ripreso, sempre a livello aggregato, e le scorte si sono esaurite. Siamo quindi tornati a comprare grezzo da tagliare. Quanto? +40% rispetto al mese precedente e, cosa più importante, +57% rispetto a ottobre 2019.

E non si tratta di pietre eccezionali da milioni di dollari. Sono pietre “normali”, quelle che si sono sempre comprate e vendute, sia come gioielli sia per investimenti.

In Italia la situazione è più complicata non perché stiamo peggio di altri paesi ma perché, a mio parere, siamo più spaventati da una comunicazione intimidatoria e non sempre trasparente.

A fine marzo avevo fatto le mie ipotesi, ipotizzando uno scenario inflattivo che sembra ancora non realizzarsi. Oggi moltissimi analisti ammettono che l’unica ragione di un’inflazione così bassa è che il denaro non circola.

Alla fine il denaro riprenderà a circolare

e allora dovremo aver già fatto le nostre mosse altrimenti sarà tardi.

A novembre sarà interessante vedere l’effetto delle elezioni americane sul dollaro: molti prevedono un forte rimbalzo in caso di vittoria di Trump a causa anche dell’attesa ripresa economica promessa dal presidente in carica.

Una cosa è certa: se milioni di cittadini credono che ci sarà una ripresa allora modificheranno il loro comportamento e saranno proprio loro gli artefici della ripresa.

La borsa valori è maestra nell’anticipare questi “sentiment” e li registra nelle quotazioni.

Di nuovo i numeri ci aiutano: negli ultimi sei mesi la borsa americana ha recuperato tutto quello che aveva perso a marzo mentre quella italiana ha recuperato solo il 55%.

Lo scenario economico è senz’altro complesso e non pretendo di avere la soluzione per tutti i problemi. Noto però che il prezzo più alto è pagato da chi resta immobile, in attesa che si presenti la proverbiale occasione.

Le occasioni ci sono ma serve coraggio per coglierle: che sia un investimento azionario per anticipare la ripresa (magari nel settore farmaceutico, in vista di un vaccino?), l’acquisto di diamanti o un qualunque altro investimento non abbiate paura, informatevi, credete ai numeri e, soprattutto, riponete la vostra fiducia in chi i numeri ve li presenta senza trucchi.

Per assistervi al meglio ho stretto una nuova collaborazione con un’azienda di consulenza finanziaria indipendente che potrebbe esservi molto utile. Curiosi? Iscrivetevi alla newsletter perché questa informazione è riservata agli iscritti.

Alla prossima,

Paolo Genta

Denaro e pandemia

Pandemia: il mondo che verrà

Gli ultimi tre mesi ci hanno travolto, abbiamo dovuto metabolizzare la pandemia e tutti dovremo affrontarne le conseguenze.

A fine marzo scrissi un articolo su un ipotetico scenario post pandemia e su come affrontarlo.

Dopo un mese alcune mie ipotesi sembrano ricalcare la realtà mentre per altre servirà più tempo per testarne la validità.

In sintesi mi aspettavo uno scenario inflattivo dovuto alla valanga di denaro immessa nell’economia e suggerivo l’acquisto di beni rifugio, come oro e diamanti, per proteggere i propri risparmi.

Lo stop lavorativo mi ha permesso di fare qualche ricerca in più per capire se queste ipotesi fossero solo il frutto del pessimismo dilagante o se esistessero reali motivi di preoccupazione.

È un argomento tecnico e molto noioso. Cercherò di renderlo più interessante con qualche esempio e un pizzico di ironia.

Quanto denaro esiste?

Nel 2002 l’Europa aveva in circolazione, tra monete e banconote, 234 miliardi di Euro. Oggi sono circa 1.308.

Normalmente un simile aumento si rifletterebbe sui prezzi: se oggi una mela costa 1 € e la valuta in circolazione raddoppia, la stessa mela costerà 2 €.

Gli economisti usano aggregati statistici per calcolare il denaro in circolazione, includendo anche i soldi virtuali come i conti correnti, i crediti e i debiti, i prestiti delle banche centrali.

Credetemi sulla parola, negli ultimi 18 anni tutti questi valori si sono più che quadruplicati quindi oggi il denaro dovrebbe aver perso circa i tre quarti del potere di acquisto rispetto al 2002.

Qual è il problema?

Dal 2002 l’inflazione media è stata dell’1,6%, addirittura inferiore all’obiettivo della BCE del 2%. In altre parole il nostro denaro ha perso circa un terzo del suo potere di acquisto. Un terzo contro tre quarti: qualcosa non torna.

Vi chiedo ancora una volta di credermi sulla parola: non c’è stato un aumento della domanda tale da giustificare, neppure parzialmente, l’aumento di denaro creato.

Come funziona il sistema?

Con l’euro l’unica banca centrale da considerare è la BCE. I suoi compiti sono gestire l’euro e la politica monetaria europea. La stabilità dei prezzi è sempre stato il suo obbiettivo principale.

Per fare il suo lavoro la BCE crea moneta e la presta, in cambio di un interesse, agli Stati membri.

Negli anni questi soldi sono stati usati per “rifinanziare” diverse operazioni secondo uno schema curioso: più della metà sono stati impiegati per rimpiazzare debiti pregressi e i rimanenti sono finiti in titoli di stato (di nuovo debiti pregressi).

La BCE effettua un prestito permanente agli stati e le banche tengono nelle riserve quanto dovrebbero distribuire.

Se si ripaga un debito si hanno meno soldi da spendere quindi, a livello globale, si possono comprare meno prodotti e i prezzi scendono. È lo scenario deflattivo.

Se invece ripago un debito facendone un altro più grosso in teoria posso usare questo denaro in più per acquistare merci e servizi e il loro prezzo cresce. È lo scenario inflattivo.

In pratica le banche non amano il rischio e per questo tengono in cassa il surplus.

Ma siccome le banche possono detenere le riserve in euro solo presso la BCE questi depositi vengono tassati (attualmente dello 0,5% annuo) per “stimolare” le banche a distribuirli nel sistema economico.

Solo i contanti e i titoli denominati in euro sfuggono a questa tassa: ecco servita la bolla finanziaria.

La gestione dei contanti è un costo rilevante per le banche, molto meglio comprare titoli a mani basse.

Alcuni paesi si sono inventati i mutui casa a tassi negativi: compri casa oggi con i nostri soldi e ne restituisci di meno domani.

Casualmente in Italia è vietato per legge (art. 1813 c.c.).

Il famoso Quantitative easing altro non è che un acquisto di migliaia di miliardi di euro di debiti degli Stati.

E in Italia?

Il debito italiano è per il 20% in mano alla BCE, il 40% è presso banche italiane e dell’area euro mentre il 35% è detenuto da banche extra europee.

Se l’Italia non potesse contare su questo sistema fallirebbe senza scampo, per il semplice motivo che continua a finanziare il proprio debito con altro debito.

Voi comprereste i titoli di una società che ha debiti pari a 5 volte il suo fatturato annuo? Nel 2019 le entrate tributarie sono state di 471,6 miliardi di euro (1), il debito era di 2.409,2 miliardi (2).

Restiamo a galla perché il sistema è obbligatorio e perché, piuttosto che fallire, gli stati sbranano l’economia.

Quali sono le conseguenze per noi?

Di fatto la BCE regala soldi agli Stati. Gli Stati usano questo e altro denaro per coprire i loro costi e pagare le pensioni. I dipendenti pubblici e i pensionati acquistano beni e servizi.

Se i servizi ottenuti dallo Stato crescono in proporzione al denaro creato per noi cambia poco ma, purtroppo, questo non è successo.

In Italia il settore pubblico copre il 45% dell’economia ma molti parametri che lo riguardano non rientrano nel calcolo dell’inflazione.

Così l’aumento del 100% nel costo delle prestazioni sanitarie avvenuto negli ultimi 15 anni sparisce dai conti ma continua a esistere.

Dal 2002 al 2017 il Pil è aumentato del 17%, le tasse del 62%. Il costo dello Stato è aumentato ben più della ricchezza che avrebbe dovuto generare ma di questo non c’è traccia nell’inflazione dei prezzi al consumo.

Tutto questo denaro, anche se filtrato dallo Stato prima o poi arriva sul mercato e genera inflazione.

2015 – 2019

In questi anni molti beni, grazie al progresso sono calati di prezzo (a livello aggregato): comunicazioni e informatica, per esempio, hanno visto una deflazione tra il 5 e l’8%. Altri beni, essenziali e di prima necessità invece sono cresciuti del 5 – 8% (cibo, trasporti, utenze, ristoranti, assicurazioni), o del 10 – 13% (banche e poste, alcolici e tabacco) fino a un 22% per gli oneri amministrativi.

Tutto questo per raggiungere l’obbiettivo medio del 2% di inflazione annua.

Sembra poco ma vuol dire che se oggi con 100 € compro 100 panini tra 20 anni ne potrò comprare solo 66.

I soldi che risparmio oggi, se non li tutelo, quando mi serviranno per il giusto riposo pensionistico saranno tragicamente insufficienti.

Conseguenze dell’inflazione

Quando c’è inflazione siamo incentivati a consumare piuttosto che a risparmiare. Stati e banche centrali considerano buona e utile l’inflazione, per questo si impegnano a sostenere i consumi.

Purtroppo stampare pezzi di carta con sopra scritto “Euro” o crearli elettronicamente non fa magicamente aumentare i prodotti disponibili.

Questi si costruiscono solo con la ricchezza accumulata, proprio con quei risparmi che abbiamo visto calare così tanto in questi anni.

Non basta risparmiare per poter investire ma senza risparmio è impossibile farlo.

Chi avrà prodotto più del necessario potrà scambiare il surplus con beni che potranno migliorare la sua condizione.

La speculazione

Oggi chi ha dei risparmi li da in gestione a un professionista perché li faccia fruttare non solo per compensare la svalutazione ma anche per farli lavorare al proprio posto.

Questa scelta oggi non è più facoltativa ma obbligatoria. Si deve investire altrimenti ci ritroveremo con un pugno di mosche.

Il risparmio però è gestito in monopolio dalle banche che lo moltiplicano svariate volte con diversi strumenti e speculano sul mercato. Ecco la bolla!

Finché regge le banche fanno fortuna, quando scoppia interviene lo Stato con aiuti a pioggia e il cerino resta all’investitore.

Svalutazione e competizione

Stampare moneta per svalutarla e così riuscire ad essere più competitivi è, semplicemente, una scemenza.

Rendere la propria moneta debole per vendere i propri prodotti all’estero equivale a regalare parte del nostro lavoro all’estero privandoci della possibilità di acquistare i beni degli altri.

La Germania è riuscita a diventare quello che è oggi perché è riuscita a produrre meglio, di più e a prezzi inferiori anche con un marco forte.

Riuscire a vendere all’estero solo con la svalutazione è una misura assistenziale che può sparire, dalla sera alla mattina, per una decisione politica condannando a morte chi campava grazie a lei.

Un po’ come hanno fatti gli europei secoli fa pagando pellicce e spezie con perline e conchiglie: oggi è chiaro che stavamo depredando le economie più deboli grazie alla svalutazione.

Perché lo accettiamo?

  • I cambiamenti sono graduali e preferiamo adattarci piuttosto che reagire. Solo quando è troppo tardi ci accorgiamo che non possiamo più reagire
  • La maggioranza degli elettori con le proprie tasse non paga neppure la propria assistenza medica. Sono consumatori e non produttori di ricchezza. Condivido il principio di solidarietà che vi è alla base ma le loro scelte non sono necessariamente le migliori per la società.
  • I pensionati sono, di fatto, dipendenti dello stato. I loro contributi sono stati consumati dall’Inps e non investiti.
  • L’apparato pubblico indirizza sussidi verso un settore specifico per generare consenso ma ne spalma i costi sull’intera popolazione.
  • La comunicazione su questi argomenti è lacunosa, spesso distorta e strumentalizzata. Si arriva ad invocare l’intervento dello Stato per rimediare ai danni fatti dallo Stato.
  • Di fatto innovazione e globalizzazione hanno permesso una crescita del tenore di vita mascherando i danni del sistema pubblico.

Oggi

Questa carrellata sulla nostra storia economica non serve per spaventarvi, vuole spingervi ad agire.

È tardi per affrontare il passato ma se considerate la quantità spaventosa di denaro stanziata per affrontare le conseguenze della pandemia e che queste conseguenze non saranno certo migliori di quelle passate allora è chiaro perché si debba agire subito.

Per spezzare il circolo vizioso bisognerebbe investire nel tessuto economico reale e non solo in finanza speculativa, scegliere beni rifugio reali, ad esempio oro e diamanti, e non i derivati costruiti su di essi, smetterla di fare debiti sempre più grandi per pagare quelli precedenti credendo che l’avanzo sia ricchezza guadagnata.

Io mi occupo di una piccolissima parte di questo scenario, quella relativa ai diamanti e all’oro. Non sono certo le uniche soluzioni possibili ma, nei secoli, si sono dimostrati ottimi alleati delle persone previdenti.

Se volete costruire un piano personalizzato contro le conseguenze economiche della pandemia, posso offrirvi i migliori prezzi e garanzie nel mercato dei diamanti e dell’oro.

Alla prossima,

Paolo Genta

Diamanti e lentino, il cuore di un lavoro affascinante

Diamanti: molto rumore per nulla, o forse no?

Venerdì 20 marzo: una data che resterà impressa nel mercato dei diamanti. Come ogni venerdì i professionisti del settore attendevano l’uscita del nuovo listino Rapaport per capire l’andamento del mercato.

Immaginate la sorpresa quando, aperta la mail, abbiamo scoperto che i prezzi avevano subito un calo del 6 – 7%. Se qualcuno avesse rubato tutta la borsa diamanti di Anversa, edificio e caveau compresi, l’effetto sarebbe stato meno dirompente.

Sommerso da una valanga di mail da parte di clienti infuriati Martin Rapaport, presidente dell’omonimo gruppo, ha effettuato un sondaggio tra gli iscritti per chiedere se preferissero una sospensione delle pubblicazioni fino a maggio oppure la loro continuazione. Il 71,9% ha chiesto e ottenuto la sospensione fino al 1 maggio.

Cosa è successo dietro le quinte?

Il contesto è noto: pandemia e sistema economico in chiusura per limitare i contatti sperando di frenare così i contagi.

Chi ha potuto si è organizzato per continuare l’attività a distanza senza mettere a rischio la salute dei clienti, dei collaboratori oltre alla propria.

In questa situazione le scorte di magazzino sono l’ossigeno di un’azienda e vedersele deprezzare a sorpresa non fa esattamente piacere.

Tra grossisti si è felici quando si porta a casa un utile del 2 – 3% quindi un calo del 6 – 7% è l’equivalente di una coltellata alla gola.

Per non finire travolto Mr. Rapaport ha organizzato per il 31 marzo un webinar dove ha provato a spiegare le ragioni che lo hanno portato alla pubblicazione di un listino subito soprannominato “di guerra”.

Chiedersi “Ci è riuscito?” non è a mio avviso la domanda più importante. Credo sia molto più utile capire cosa sia realmente successo e provare a prevedere l’evoluzione del mercato. Facciamolo insieme per passi.

Passo n° 1: Analisi dei fatti

Ok, il listino è sceso ma… Come? Quanto? Rispetto a quando?

Martin Rapaport ha sempre dichiarato che il suo listino rappresenta i prezzi massimi richiesti, a livello professionale, per una certa categoria di diamanti con ben determinate caratteristiche.

Nei decenni questo listino è diventato il riferimento di prezzo per gli acquirenti finali mentre i grossisti acquistano con uno sconto più o meno ampio.

In questa analisi non sono importanti i valori ma il meccanismo quindi quantificare questi sconti non è utile.

Rapaport ha dichiarato di aver raccolto ed elaborato i dati secondo la solita procedura e di aver pubblicato con l’usuale trasparenza i risultati.

I suoi detrattori affermano che a mercati chiusi i prezzi rilevati erano al meglio teorici, più probabilmente casuali.

Se però consideriamo i prezzi in euro grazie alla svalutazione del dollaro la storia cambia: il calo è stato solo del 2,7 – 3,7% e se ricordiamo che dal 22 novembre 2019 i prezzi erano cresciuti del 2,5 – 4% il panorama appare ben diverso.

Tirando le somme per chi utilizza l’Euro da novembre a fine marzo alcuni diamanti sono calati dello 0,2% mentre altri sono cresciuti dello 0,3%. Nello stesso periodo la borsa italiana ha perso il 32,3%.

Passo n° 2: Reazioni

La stragrande maggioranza degli intermediari si è sentita comunque tradita in un momento estremamente delicato. Tutti stavamo impostando le strategie per il periodo di stop forzato e i nuovi prezzi hanno rischiato di far saltare molti contratti oltre a destabilizzare il mercato.

Da molti anni Rapaport ha istituito un circuito di scambio telematico, denominato Rapnet, sul quale moltissimi grossisti si scambiano i diamanti per rifornire i mercati mondiali generando miliardi di dollari di fatturato ed ottime commissioni per Rapaport!

La prima reazione è stata la minaccia di ritirare in blocco gli stock di diamanti dal circuito Rapnet migrando in massa verso altri circuiti disponibili.

La seconda è stata la promessa di non rinnovare l’abbonamento al listino Rapaport.

La terza è arrivata dai clienti finali di questo settore, i gioiellieri, che hanno accettato senza problemi il nuovo listino sperando in un inaspettato guadagno attraverso la rinegoziazione delle forniture, forti dei prezzi già fissati con i clienti privati.

A volte ripetere è utile: il prezzo dei diamanti a fine marzo era lo stesso dello scorso novembre.

Passo n° 3: Conseguenze

La conseguenza più interessante è, a mio parere, la scelta, praticamente globale, di rifiutare l’utilizzo del listino del 20 marzo mantenendo in vigore quello precedente.

La scelta è solo apparentemente dettata dall’avidità perché, nei fatti, i prezzi per i clienti finali non sono mutati. La reale motivazione è il desiderio di boicottare Rapaport.

L’opportunità interessante è dare la caccia alle pochissime pietre vendute secondo il nuovo listino e con uno sconto interessante. Ne ho trovata qualcuna ma, come potete immaginare, non sono l’unico alla ricerca di queste occasioni.

Passo n° 4: Strategie

Aspettando la nuova pubblicazione il mercato ha cercato e trovato un suo equilibrio: chi ha mantenuto il vecchio listino ha aumentato gli sconti, i pochi che utilizzano quello nuovo li hanno ridotti.

In altre parole non è cambiato molto. In attesa della riapertura, quando si scoprirà il reale andamento della domanda, i più hanno scelto di non agire.

Pochissimi operatori hanno scelto di offrire un numero esiguo di pietre al nuovo prezzo e con un generoso sconto, più per generare liquidità che per scelta strategica: si tratta spesso di pietre ferme da troppo tempo per le quali il rialzo dell’euro basta a generare l’utile sperato.

Passo n° 5: Futuro

La vera partita si giocherà adesso, e sarà variegata come lo sono state le politiche scelte per affrontare la pandemia. Tutto si giocherà sulla ripartenza del ciclo produttivo.

La prima distinzione sarà tra i diamanti utilizzati come beni di consumo (seppur di lusso) e quelli tesaurizzati per il futuro.

Inutile addolcire la pillola: si acquista un bene di consumo di lusso solo se non si hanno preoccupazioni economiche impellenti altrimenti ci si limita agli acquisti davvero importanti.

Credo che per molti mesi (anni probabilmente) i clienti che penseranno ad un gioiello con diamanti si ridurranno ulteriormente.

I regali preziosi non spariranno, fanno parte del nostro modo di essere animali sociali ma ci si orienterà verso altre pietre che pur essendo splendide sono economicamente meno impegnative.

Il diamante verrà riservato alle occasioni più importanti come lauree, fidanzamenti, nascite, anniversari o compleanni particolati.

Il successo dei diamanti come garanzia per il futuro dipenderà invece dalla paventata crisi di liquidità.

Mi ricordo che i miei nonni mettevano sempre da parte una quota del reddito: anche se non si aveva molto ci si ricordava di quando si aveva ancora di meno e, per prudenza, si risparmiava.

Le persone più benestanti si stanno interrogando su eventuali tasse patrimoniali e su come evitarle, altri sono stati scottati (per l’ennesima volta) dai mercati finanziari e stanno cercando alternative.

In sintesi chiunque abbia un minimo di disponibilità sta pensando a come proteggersi, molti pensano a come metterle a frutto e alcuni si stanno finalmente rivolgendo a oro e diamanti per non essere colti impreparati dalla prossima crisi.

Come nel precedente articolo oltre ad affrontare il tema della protezione dei risparmi, sottolineavo l’importanza della tempestività oggi vi ricordo che i trend vanno identificati il prima possibile per poterli cavalcare con successo.

In caso contrario si possono inseguire, rimpiangendo il treno mancato o, cosa peggiore, salire a bordo quando i giochi sono ormai fatti e rimanere con il proverbiale cerino in mano.

Alla prossima.

Paolo Genta

Come proteggere oggi i nostri risparmi

Parlare di risparmi non è mai facile. La situazione che stiamo vivendo non ha precedenti, siamo spaventati per l’oggi e ancora di più per il domani.

Non mi piace rassegnarmi agli eventi ecco perché anche nei periodi più difficili cerco sempre di capire cosa succede e soprattutto quali saranno le conseguenze.

Occuparci oggi dei nostri risparmi è indispensabile, quando la pandemia sarà solo un ricordo dovremo aver già fatto le nostre scelte.

Le mie considerazioni non vogliono giudicare o polemizzare con la gestione della crisi, ma analizzare, necessariamente a freddo, i fatti che sono riuscito a verificare.

Ecco il focus che ho scelto per analizzare l’argomento:

  • La pandemia è solo una parte della crisi
  • Le conseguenze economiche saranno pesanti
  • Ci sarà un aumento dei prezzi a causa della valanga di denaro immessa nel sistema
  • L’inflazione divora i risparmi. Per proteggerci servono beni di valore concreto.
  • Prediligo lo scenario inflattivo perché la deflazione è una lapide senza appello.

Spaventati e incuriositi? Andate oltre la prima sensazione per capire dove vi voglio portare.

A cosa stiamo andando incontro?

La situazione è incredibilmente complessa come lo è il mondo che abbiamo costruito: interconnesso, globalizzato e con la finanza come obbiettivo supremo.

A mio avviso il conto, già tragico, che stiamo pagando in termini di vite umane a causa della pandemia, sarà ben poca cosa rispetto alle conseguenze economiche.

In tutto il mondo si stanziano risorse gigantesche per evitare il collasso del sistema ed aiutarci a non consumare tutti i nostri risparmi.

Ecco migliaia di miliardi di Euro e Dollari che sembrano spuntare dal nulla per salvare milioni di persone costrette a fermarsi per fermare il virus.

Il cuore del problema

Questa montagna di denaro nasce dal nulla. Viene creata dalle banche centrali da decenni per sostenere i mercati dopo ogni crisi.

Purtroppo questo sostegno ci allontana sempre più dal concetto di valore reale creando una menzogna metodica che però è universalmente accettata: la ricchezza può essere creata dal nulla e moltiplicata all’infinito.

Questa menzogna tuttavia ha portato all’abbandono dei beni con un valore intrinseco reale, come l’oro, perché non essendo stampabili all’infinito non ci permettevano questo giochino.

Quando una menzogna è accettata da tutti diventa la nuova verità e quindi tutti continuiamo a percorrere questa strada.

A livello inconscio percepiamo la pericolosità di questo sistema

Durante le crisi la paura ci fa riscoprire i beni rifugio perché quando il castello di carte traballa cerchiamo sicurezza e valori concreti, reali.

Negli anni ’70: ci furono due shock petroliferi che crearono molti problemi, sotto alcuni aspetti simili alla situazione di oggi: persone costrette a rimanere a casa, circolazione privata a targhe alterne o addirittura bloccata, carenze di carburanti per le attività produttive, austerity, chiusura anticipata dei locali, insegne spente.

Anche quella crisi fu affrontata con massicce iniezioni di denaro e fu superata ma a caro prezzo: forte inflazione e conseguente erosione dei risparmi.

Oggi andrà diversamente?

Forse. Tutto dipenderà dal benessere sociale che preferisco valutare tramite la capacità di spesa e non dalla crescita degli indici di borsa.

In altre parole una società è prospera non solo se permette ai suoi membri di lavorare ma soprattutto se garantisce che i risparmi faticosamente guadagnati abbiano un valore sufficiente per acquistare i beni desiderati.

Purtroppo mi aspetto problemi su entrambi i fronti: una chiusura prolungata delle attività porterà ad un pesante aumento della disoccupazione e chi resterà sul mercato probabilmente alzerà i prezzi per recuperare il fatturato perso a causa dello stop.

I fondi stanziati (o, meglio, stampati) per superare la crisi altro non sono che inflazione.

Alcuni temono per l’introduzione di tasse patrimoniali su depositi e sugli investimenti. Non so se questa strada sarà percorribile ma l’ipotesi va considerata.

Inflazione o deflazione?

Stranamente spero nell’inflazione, se non fisiologica almeno non troppo alta. Preferisco essere smentito nelle mie previsioni anziché assistere ad alcuni possibili scenari futuri.

Quello che mi spaventa davvero è la deflazione: un costante discesa dei prezzi che semplicemente distrugge il sistema. I prezzi calano quindi i consumi vengono rimandati per poter spendere meno. Tuttavia questo farà fallire moltissime aziende, ridurrà gli stipendi e il valore dei nostri beni e porterà ad un ulteriore rinvio dei consumi.

Come se questo non bastasse i nostri debiti non si ridurranno nella stessa misura e diventeranno rapidamente insostenibili.

Ecco perché la deflazione mi spaventa perché è praticamente inarrestabile.

Come proteggere i nostri risparmi da tutto questo?

L’inflazione è la tassa occulta che permette ai governi di finanziare la spesa pubblica senza imporre apertamente nuove tasse. Ci siamo affidati ai mercati finanziari per proteggere i nostri soldi da questa tassa ma non sempre con il successo sperato.

Già a gennaio avevo suggerito agli iscritti alla mia newsletter, il disinvestimento della parte azionaria dei portafogli per evitare il prevedibile crollo dovuto all’epidemia. Ma come impiegare i capitali così salvati?

Vi suggerisco una diversificazione che riduca i rischi e vi offra la possibilità di una buona rivalutazione.

Contanti, oro e diamanti

A mio parere sono questi i tre elementi che devono essere presenti in tutti i portafogli.

Ovvia l’importanza della liquidità, specialmente se la crisi durerà a lungo, ma la si dovrebbe tenere al minimo perché i soldi lasciati sui conti correnti verranno inesorabilmente consumati dall’inflazione.

L’oro ha storicamente protetto il potere di acquisto degli investitori. A mio parere è un’ottima soluzione perché unisce una elevata liquidabilità ad una buona possibilità di rivalutazione. L’unica controindicazione è che le eventuali plusvalenze saranno tassate al 26%.

Qui potete leggere l’articolo che ho scritto lo scorso settembre sugli investimenti in oro.

I diamanti hanno sempre riservato piacevoli sorprese nei momenti di crisi.

Un occhio alla storia

Il grafico riporta l’andamento dei prezzi, dal 1978 a oggi, di tre pietre, tutte da 1 carato, con tre qualità diverse: il top (D/If), una molto buona (F/Vvs2) ed una commerciale (H/Vs2).

Diamanti e risparmi

In soli 3 anni il prezzo dei diamanti è quasi triplicato. Il benessere ritrovato e le aspettative di grossi guadagni in borsa hanno poi fatto ripiegare le quotazioni fino al 1985 dove hanno ripreso la loro lenta ma costante risalita.

Le crisi recenti

Anche dopo la crisi finanziaria del 2007 i diamanti hanno avuto performance notevoli.

Diamanti e risparmi

Come si nota le pietre più soddisfacenti sono state quelle commerciali e quelle molto buone mentre le pietre “Top” sono rimaste al palo. Altra nota positiva è l’attuale esenzione per gli eventuali utili realizzati.

Chi ha tempo non aspetti tempo

Tutelare i propri risparmi per sopravvivere a questa crisi (e a quello che verrà) è possibile ma occorre muoversi per tempo e con oculatezza per non perdere il proverbiale treno.

Ora tocca a voi agire! Proprio adesso che siamo bloccati in casa è il momento di impiegare saggiamente il nostro tempo per informarci e studiare le strategie che ci permetteranno un domani di non rimpiangere l’opportunità persa.

Ecco perché mi farebbe piacere parlare con voi di questi argomenti. Proprio dal confronto di opinioni, anche molto diverse, spesso nascono buone idee utili per tutti.

Alla prossima.

Paolo Genta

oro da investimento

Sicuro come l’oro?

Negli ultimi due mesi ho ricevuto diverse richieste di informazioni su mercato dell’oro da investimento.

Alcuni clienti erano interessati ad acquistarlo altri desideravano venderlo dopo fortunate “pulizie” di casseforti e cassette di sicurezza.

Siccome il commercio dell’oro in lingotti non è compreso nella mia licenza professionale, mi sono messo alla ricerca d’intermediari affidabili.  L’importante era fornire comunque ai miei clienti  il servizio richiesto.

Da buon curioso ho anche colto l’occasione per imparare qualcosa di nuovo su un mercato simile al mio.

Dopo aver informato i clienti interessati ho offerto in anteprima il risultato delle mie ricerche agli iscritti alla newsletter. Visto il grande interesse su questo argomento ho pensato di condividere pubblicamente parte delle informazioni.

Vorreste averle complete e in anteprima anche voi? Basta iscriversi alla newsletter!

Le sorprese sono state molte, ma prima vediamo cosa è cambiato dal mio articolo del maggio 2018 che parlava proprio di oro.

 

Quotazione oro da investimento

 

La quotazione è cresciuta ben del 30%, di oltre 10 €/g, dei quali il 9%, 4 €/g, nel solo mese di agosto. E, stamattina, ha superato la soglia dei 45 €/g.

 

Splendido vero? Forse…

 

Ecco cosa ho scoperto parlando con diversi colleghi che operano in oro da investimento.

Vista la forte crescita del prezzo molti operatori temono un assestamento, anche considerevole, dovuto ai realizzi e quindi, complici gli obblighi di legge, acquistano a 7/10 €/g in meno della quotazione ufficiale. In altre parole acquistano con uno sconto dal 15 al 22% sulla quotazione.

Scandaloso? Non necessariamente. La legge impone ai commercianti di tenere in deposito i preziosi usati (non importa che si tratti di oro, diamanti o gioielli) per 10 giorni e in questo periodo la quotazione può fare di tutto.

 

Ma allora anche l’oro da investimento è una bufala?

Che convenienza ho se buona parte del guadagno finisce in commissioni?

 

Queste immagino siano le domande che vengono i mente ai potenziali investitori leggendo i dati.  La soluzione esiste ed è rappresentata dagli strumenti derivati, in particolare dalle opzioni.

I derivati, i “futures” in primis, sono famosi per l’uso indiscriminato che se ne è fatto in borsa, sono diventati la gioia di pochi e dolori per moltissimi.

Nati secoli fa proprio per permettere il commercio nei mercati turbolenti, quando il naufragio di una nave poteva segnare la rovina di un operatore e la fortuna di un altro, sono stati snaturati per sfruttarne le caratteristiche e moltiplicare gli utili potenziali (come anche le perdite).

 

Ma cosa centrano i derivati con l’oro da investimento?

 

Un semplice esempio: un cliente vuole vendermi 1 Kg di oro. Il prezzo al momento è 45 €/g. Io però lo potrò rivendere tra almeno 10 giorni ed per allora il prezzo potrebbe essere salito oppure crollato.

Acquisto quindi in borsa un’opzione cioè un contratto che mi da il diritto di vendere 1 kg di oro a 46 €/g mettiamo tra 15 giorni. Questa opzione mi costa 1 €/g.

Se tra 15 giorni l’oro varrà 51 €/g la mia opzione diventerà carta straccia (chi sceglierebbe di vendere a 46 se il mercato è a 51?) ma potrò vende sul mercato il mio oro a 51 €/g, guadagnando 5 €/g (1 € l’ho speso per acquistare l’opzione).

Se invece il prezzo sarà sceso a 40 €/g allora io potrò esercitare l’opzione e vendere a 46, senza rimetterci oppure vendere sul mercato a 40 €/g ed incassare 6 €/g del valore dell’opzione, sempre senza perdite.

Capito il meccanismo? È un’assicurazione, il cui costo sarà addebitato al cliente, che permette di operare annullando il rischio.

Il bello è che esistono opzioni per acquistare e vendere, a diversi prezzi e per periodi differenti.

Purtroppo pochi operatori sono abbastanza competenti per usare questi strumenti finanziari. Quei pochi però riescono ad acquistare il vostro oro a 2/3 €/g meno della quotazione ufficiale, cioè dal 2,5 al 6,7% meno della quotazione.

 

Esistono comunque altri costi accessori dovuti alla fusione che,

o per obblighi di legge o per marketing, non si possono evitare.

 

L’oro usato per legge deve essere fuso e affinato fino ad essere puro. Poi può essere coniato in lingotti oppure legato con altri metalli per diventare utilizzabile in gioielleria come “oro 750”. Tutto questo ovviamente ha un costo che ricadrà sul cliente.

 Un lingotto d’oro puro non dovrà essere fuso e affinato ma se riporta il marchio di un mio concorrente di certo non lo vorrò rivende ai miei clienti e quindi dovrò fonderlo.

 

Le monete d’oro

 

Monete come oro da investimento

 

Spesso ho sostenuto che un’alternativa valida all’oro da investimento è usare le monete a corso legale, come la sterlina, i marenghi, i dollari o i krugerrands. Dopo diverse verifiche ho calcolato che le commissioni di vendita oscillano da poco meno del 7 fino a oltre il 12%.

Il vantaggio delle monete è che il loro titolo, cioè la quantità di oro puro che contengono, è certo e vengono acquistate e vendute sempre nella stessa forma. Non essendo necessario fonderle e coniarle nuovamente ad ogni passaggio il risparmio diventa rilevante.

Anche il taglio delle monete è importante: rivendere un dollaro d’oro, che oggi costa 72 € ha una commissione del 12% mentre i 50 pesos messicani, che costano 1725 €, pagano il 6.6%.

Questi sono i numeri della mia indagine. Lascio a voi le considerazioni sulle cifre.

 

Io ho imparato che è sempre più importante informarsi prima per non piangere dopo.

 

Sono riuscito a trovare operatori seri che applicano commissioni fisiologiche e accettabili ma non è stato facile pur lavorando in questo campo.

Alla prossima,

 

Paolo Genta

 

Oro: investire conviene davvero?

L’oro è letteralmente la base della nostra civiltà: ha creato e distrutto imperi, ha permesso la nascita dell’economia moderna e del commercio.

È sempre stato considerato una protezione oltre che il mezzo di pagamento per eccellenza. Nel corso dei secoli si è passati dall’uso del nobile metallo in forma pura all’impiego di leghe meno nobili, alla carta ed alla moneta digitale.

E oggi? Che fine ha fatto l’oro? È molto richiesto per l’industria orafa, elettronica ed aerospaziale ed è una delle la riserve degli Stati.  È anche la forma preferita da molti per tesaurizzare e proteggere la propria ricchezza. Parlando però di protezione del patrimonio è d’obbligo porsi una domanda:

 

l’oro è davvero un buon investimento?

 

A guardare il grafico si direbbe proprio di sì e molto! Prima di buttarci a comprare oro a più non posso ricordiamoci però che il principio base di qualunque investimento deve essere la prudenza, intesa come assunzione di tutte le informazioni necessarie prima di agire.

 

Considerare tutti i fattori

 

Prima di tutto dobbiamo ricordarci che un grafico indica quello che è successo, può aiutarci a stimare il futuro ma certo non lo può prevedere.

Viene usato per scegliere il “timing” dell’investimento e deve essere perfetto: un impiego diventa proficuo solo se si scelgono saggiamente sia il punto di ingresso che quello di uscita, altrimenti sono dolori.

Altro aspetto fondamentale è il tipo di strumento con il quale investire. Tra i tanti possibili ci sono obbligazioni, certificati di deposito, futures e options.

Questo per me è proprio il punto di debolezza più grande perchè introduce sul mercato una volatilità estrema. Quando si cerca un bene rifugio alternativo non è proprio la volatilità esagerata che l’investitore vorrebbe evitare?

Se la carta finanziaria emessa sull’oro dovesse essere convertita in metallo la sua quotazione non sarebbe di circa 35 €/g. ma, secondo una stima prudenziale, di 50/60.000 € /g!

Prima di scegliere questo impiego si deve essere consapevoli che si sta per investire in un prodotto finanziario e non in un bene rifugio.

 

Quale strumento scegliere

 

Ogni tipo di investimento nel nobile metallo ha pro e contro:

  • Un investimento finanziario in obbligazioni o certificati ha un’alta liquidabilità ma ha un’alta volatilità ed un rischio legato all’emittente
  • Gli strumenti derivati permettono di moltiplicare virtualmente il capitale impiegato e i potenziali utili ma anche le potenziali perdite
  • Le monete d’oro sono accettate in tutto il mondo, hanno un importo unitario modesto quindi è facile disinvestire anche solo una piccola parte. Lo spread denaro/lettera può essere elevato.
  • L’oro metallico ha l’indubbio vantaggio di azzerare il rischio di insolvenza dell’intermediario ma ha costi di intermediazione più elevati.

Non dimentichiamoci poi che la custodia fisica del metallo o delle monete potrebbe diventare un problema. Se si parla di una piccola quantità una cassaforte o una cassetta di sicurezza sono adeguate soluzioni.

Se invece parliamo di una strategia di investimento ben pianificata per la tutela del patrimonio allora le quantità possono diventare rilevanti e i rischi aumentare. Un rischio in particolare è ben descritto in questo articolo di Pierluigi Santacroce.

Esiste poi il vecchio mito secondo il quale se mai si dovesse “sparire” in fretta basterebbe mettersi in tasca il prezioso metallo e ricominciare la propria vita in qualche paradiso tropicale! Vi trovereste a vostro agio a passare il metal detector dell’aeroporto con 10 kili di oro addosso?

A parità di valore basta meno di un grammo di diamanti da investimento per sostituire un kilo d’oro e sono decisamente più discreti e trasportabili.

In sintesi l’oro è stato e sarà un buon investimento ma solo se affrontato con tutte le informazioni necessarie e gestendo alla perfezione il timing.

La consulenza di un esperto sarà determinante non solo per stabilire una giusta diversificazione in funzione dei vostri obbiettivi ma anche per curare tutti gli adempimenti legali e fiscali evitando spiacevoli “fraintendimenti” in caso di controlli.

Paolo Genta