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Opportunità

Gli effetti della pandemia alla prova dei fatti.

La pandemia ci sta mettendo alla prova su molti fronti. Nell’immediato la salute è certamente il più importante ma quello economico è l’aspetto al quale siamo più sensibili, soprattutto nel medio e lungo periodo.

I punti di vista pessimistici abbondano quindi non mi sembra il caso di cercarne di nuovi, anche perché cercandoli ci sfuggono le soluzioni.

Il passato

Nel settore del lusso i diamanti e alcuni gioielli hanno sempre rivestito una duplice funzione: oltre ad appagare il senso estetico proteggono il capitale investito (se volete approfondire quest’ultimo aspetto leggete qui).

A fine marzo avevo scritto su diamanti e oro, suggerendoli come possibili soluzioni per i vostri investimenti in tempo di pandemia. Ho rimandando a fine aprile l’articolo sul terremoto del 20 marzo sulle quotazioni per valutarne gli effetti reali nel mercato.

oro da investimento

È vero che in tempo di crisi si deve essere tempestivi nelle scelte ma, a mio parere, prendersi il tempo per valutare le reali conseguenze delle mille ipotesi che sentiamo è altrettanto importante.

Tra le ipotesi, come nell’articolo di giugno, sugli effetti dei miliardi stanziati, e le analisi, con l’articolo di agosto sugli sconti sui diamanti, siamo arrivati al temuto autunno.

Il futuro

Adesso abbiamo l’opportunità di giocare di anticipo dando uno sguardo al futuro.

A ottobre Sotheby’s ci offrirà una prova molto importante sulla solidità del mercato dei diamanti: manderà in asta ad Hong Kong un diamante ovale, perfetto (D / Flawless) del peso di 102.39 ct, senza prezzo di riserva. (Fonte: Diamonds.net).

Durante una pandemia questo sembra un dettaglio da poco ma, in realtà, è una rivoluzione epocale.

Il prezzo di riserva in un’asta serve per proteggere il venditore da offerte troppo basse, garantendogli di non svendere il proprio bene.

Fino ad oggi solo 8 diamanti oltre i 100 ct e con queste caratteristiche sono stati battuti all’asta, offrire quindi una simile rarità senza una garanzia di prezzo indica una forte fiducia nel mercato.

La famosa casa d’aste ha espressamente dichiarato che, vista la resilienza della domanda in questi mesi, è ora di lasciare la parola al mercato e ha aggiunto che questo tipo di aste suscita interessi ben superiori al tradizionale gruppo di collezionisti.

Proprio questa ultima affermazione, lanciata quasi per caso nel discorso, mi ha fatto riflettere molto.

Se consideriamo che presto ci sarà anche la penultima asta di diamanti rosa prima della chiusura della miniera di Argyle (prevista per fine anno, ne parlavo qui), il quadro inizia a chiarirsi.

L’opportunità

Beyond Rare It’s a trademark of Rio Tinto London Limited

Anche se stiamo affrontando una pandemia, una recessione globale e i problemi sembrano accumularsi all’infinito la luce in fondo al tunnel esiste, per alcuni sotto forma di diamanti rari e splendidi, sui quali investono cifre considerevoli certi del guadagno futuro.

Anche se non si è miliardari o non si possiede una multinazionale si può usare il loro metodo, che resta valido: pregio e rarità pagano, sempre.

In questi mesi ho osservato con apprensione cosa accadeva sui mercati perché, anche se sono un ottimista, sono consapevole che il mercato è sovrano quindi se lui parla io devo ascoltarlo.

Quello che ho sentito non solo mi ha tranquillizzato ma mi fa ben sperare per il futuro: i prezzi dei diamanti bianchi sono rimasti stabili (alcuni sono addirittura cresciuti) e i diamanti colorati stanno continuando la loro crescita, quasi indifferenti alla crisi.

Il rischio

La differenza invece l’ho notata nell’atteggiamento dei clienti: in Italia domina ancora la paura e tutto sembra congelato.

Un conto è la prudenza, che apprezzo sempre, un altro è il panico che ci paralizza impedendoci di agire.

Mentre all’estero, principalmente in nord Europa, il mercato dei diamanti dimostra un buon livello di attività in Italia sembra che nessuno sia disposto a fare il primo passo.

Se prima dell’estate ero propenso a credere che le difficoltà economiche causate dalla pandemia fossero le responsabili dopo aver contato i cartelli “chiuso per ferie” e visto i telegiornali mi sono convinto che il problema fosse un altro.

Temo che molti connazionali siano vittime dell’inerzia e che tutti aspettino che sia qualcun altro ad agire per primo.

Purtroppo questo atteggiamento è letale quando si cercano nuove opportunità perché blocca il processo decisionale. Dietro la scusa del rischio presunto in realtà si cela o la scarsa voglia di informarsi o la bassa qualità dell’informazione fornita.

La soluzione

Scrivo solo quando ho qualcosa da dire perché ho scelto di fornire informazioni verificate che siano utili. Le opportunità ci sono ma coglierle dipende da voi. Il mio compito è analizzarne al meglio pregi ed eventuali difetti.

Tocca a voi agire, una chiacchierata su queste splendide gemme non vi costa nulla e potrebbe esservi molto utile.

Il primo passo lo faccio io: iscrivetevi alla newsletter e vi terrò sempre aggiornati su queste e altre novità.

Alla prossima,

Paolo Genta

Sconti

Sconti: la guerra infinita.

Gli sconti sono il simbolo del mercato di oggi: a volte vengono chiesti o pretesi, altre non sono neppure citati perché non è elegante chiederli.

Scherzi a parte gli sconti nascondono un mondo e non parlo solo di quelli al cliente finale ma anche di quelli aziendali che spesso rendono i listini anacronistici.

Argomento noioso? Spero di no, anche perché sto per svelarvi alcuni segreti sui prezzi dei diamanti.

La guerra su sconti e listini è comune a tutti i settori, dalla micro impresa alla multinazionale.

Tutti ci passano e tutti cambiano atteggiamento nello stesso modo, a seconda che siano acquirenti o venditori.

Gli spunti per questo articolo nascono ad aprile, dopo la stesura dell’articolo “Diamanti: molto rumore per nulla” dove parlavo proprio di come sono determinati i listini, e gli sconti, dei diamanti e di come stanno cambiando a causa della pandemia.

Altri mesi sono passati e il quadro appare più chiaro: l’impatto più rilevante sul mercato dei diamanti non è stato dato né dal Covid e neppure dalla conseguente crisi economica. Semplicemente il cambio $/€ è passato da 1,08 a 1,18, perdendo circa l’8,5%.

Naturalmente questo ha creato sia ottime occasioni di acquisto sia ritardi per chi voleva vendere, per non regalare gli utili conseguiti.

Utili?

Sì, utili. Perché in questi mesi si sono viste parecchie transazioni interessanti e i prezzi di molte gemme sono saliti: alcuni solo dell’1%, altri di oltre il 10%, in media del 4,3%.

Da un lato si potrebbe dire che Martin Rapaport, padre e padrone dell’omonimo listino, a marzo abbia preso una cantonata e sia dovuto tornare sui suoi passi, rivedendo al rialzo i prezzi che aveva avventatamente falcidiato.

Oppure si potrebbe dire che il mercato sta premiando le gemme più commerciali a discapito di quelle troppo pompate dallo status di “gemme perfette”.

A mio avviso invece è meglio cercare la direzione del mercato tramite i cambiamenti degli sconti sul mercato.

Il labirinto degli sconti

In un romanzo lo sconto sarebbe la parola melliflua che s’insinua nella mente del protagonista per stregarlo. La realtà, come sempre, supera notevolmente la fantasia: spesso vedo colleghi spendere quantità folli di tempo per ottenere sconti migliori senza rendersi conto che il tempo impiegato gli è costato dieci volte lo sconto ottenuto.

Altri cercano ossessivamente lo sconto “top” senza considerare le caratteristiche della pietra. Certamente un diamante al 50% di sconto sarà appetibile. Tuttavia un motivo per uno sconto simile ci dovrà essere e, dopo averlo scoperto, la stessa offerta forse non sarà così attraente.

In questi mesi difficili le costanti che ho notato sono state:

  • La qualità si paga
  • Nessuno regala niente
  • A tirar troppo sul prezzo si resta a bocca asciutta.

Non è un elenco di luoghi comuni ma la logica conseguenza di quanto successo da marzo a oggi:

  • Pandemia
  • Chiusura dei mercati
  • Panico (principalmente per il listino Rapaport ridotto arbitrariamente del 6/7%)
  • Reazione degli operatori
  • Risposta del mercato

Gli ultimi due punti sono i più importanti:

Gli operatori hanno rifiutato il nuovo listino ed hanno continuato a usare quello precedente.

In pochi giorni gli sconti si sono stabilizzati con differenze minime rispetto al periodo precedente.

Il mercato, prima impaurito, ha dimostrato apprezzamento per la scelta degli operatori ed è tornato, seppur con molta calma, ad acquistare.

Tra giugno e luglio si sono viste le prime novità:

  • Alcuni operatori hanno offerto pietre secondo il nuovo listino Rapaport ma o erano pietre mediocri o gli sconti erano tali da annullare i cambiamenti di prezzo.
  • Altri colleghi hanno ridotto gli sconti perché alcune tipologie di gemme iniziavano a scarseggiare.
  • Vista la debolezza del dollaro molti acquirenti dell’area Euro hanno approfittato dell’occasione per acquistare a prezzi migliori.

Luoghi comuni sugli sconti

Tra diamanti venduti dalle banche, crisi di mercato e pandemie si è diffusa la convinzione che i diamanti si trovino abitualmente al 50% del listino Rapaport.

Questa convinzione è stata avvalorata dalle cifre riportate in un altro listino, il Rapnet che, come s’intuisce dal nome, è sempre prodotto da Martin Rapaport e indica gli sconti massimi e medi che si trovano sull’omonimo circuito di scambio riservato agli operatori.

Un esempio: una pietra da ct. 0,70 è indicata sull’ultimo Rapnet con sconti da -46% a -25% per una E/Vs1 e da -51% a -28% per una J/Vvs1.

Quello che solitamente sfugge è che sul mercato mondiale esiste UNA pietra a -46% e UNA a -51% mentre la media di TUTTE le pietre, per categoria, è -25% e -28%.

Solitamente quando si legge -46 o -51 il cervello si blocca e non si cerca altro.

In teoria potrei iscrivermi a tutti i circuiti di scambio, farmi mandare tutte le liste del mondo e scegliere solo le pietre “civetta” con sconti elevatissimi per far felici i miei clienti o per guadagnare il massimo. Purtroppo questo avrebbe dei costi tali da renderlo semplicemente impraticabile.

Nel mio settore la fiducia conta più del denaro quindi si tende a selezionare e consolidare pochi rapporti di elevata qualità. Costruire questi rapporti richiede tempo, denaro e professionalità.

Tutti questi costi, anche ripartiti su un elevato numero di pietre, annullano di gran lunga gli sconti favolosi che avete visto.

A cosa serve un listino?

Vi chiederete allora il senso di un listino se poi il mercato in realtà è una giungla.

Il listino è una guida molto importante che uniforma, a livello mondiale, i prezzi suggeriti per il pubblico. Gli sconti in questo mercato sono fisiologici e riflettono realmente la situazione.

Pochi altri mercati hanno una simile trasparenza, normalmente si usano vari escamotage per vendere prodotti, comunque validi, a prezzi esorbitanti.

Si pensi all’uso delle firme famose nell’abbigliamento o agli slogan su “bio” e “naturale” nel cibo.

Che dire poi dei listini gonfiati a dismisura solo per fingere uno sconto del 70/80% ?

Il mercato dei diamanti è molto lineare. Un privato che acquisti una gemma a prezzi Rapaport dovrebbe essere molto soddisfatto, può accadere di pagarla più cara in determinate gioiellerie o di ottenere uno sconto, magari perché si è clienti fedeli o perché si è comprato molto, ma la regola permane.

Se si vuole pagare un diamante la metà del prezzo di listino o lo si “rapina” a chi è in stato di necessità oppure si apre un’azienda e lo si cerca. Non sono però sicuro che, in quest’ultimo caso, si sia poi disposti a rivenderlo allo stesso prezzo.

Alla prossima,

Paolo Genta

Diamanti rosa: il mistero diventa leggenda

Splendidi, ambiti, rari: i diamanti rosa sono pietre affascinanti e misteriose.

Così iniziava l’articolo che scrissi oltre un anno fa su queste gemme favolose. In 14 mesi il mercato ha riservato molte sorprese ma la notizia più importante è l’annunciata chiusura della miniera che li produce.

Tutti gli impianti hanno una vita operativa programmata e la miniera di Argyle, la miglior fonte mondiale di diamanti rosa, rossi e viola, ha quasi esaurito la sua.

Il Rio Tinto Group, proprietario del fortunato sito, prevede di chiudere gli scavi alla fine del prossimo anno. Intanto si gode i successi del lavoro compiuto, testimoniati dall’aumento dei prezzi negli ultimi anni:

 

+ 500% dal 2000 a oggi

 

Questo incremento non è dovuto solo all’imminente chiusura infatti nel 2018 i prezzi sono saliti “solo” del 18% mentre il numero di offerte durante l’asta annuale è cresciuto a doppia cifra ed i prezzi, seppur ancora segreti, hanno stabilito nuovi record.

 

Sono in molti quindi a credere che i diamanti rosa abbiano ancora grandi prospettive

 

Una società di Hong Kong ha acquistato in blocco i 64 lotti della “Argyle Pink Everlasting collection”, per un totale di 211 ct mentre un’azienda australiana si è aggiudicata le due pietre che potete ammirare qui sotto.

Diamante rosa

Diamante rosso

Sono, rispettivamente, la Argyle Verity (ct. 1.37, fancy purplish-pink) e la favolosa Argyle Enigma (ct. 1.75, Fancy red), a mio parere le più belle tra le 6 “Hero stones” regine dell’asta.

L’indicazione è chiara:

 

Gli investitori attenti che avevano fiutato l’affare continuano a crederci

 

Il mercato vuole queste pietre e l’offerta, già scarsa, si sta per ridurre ulteriormente. Quindi chi vuole un pezzo unico, degno di essere tramandato come un tesoro di famiglia, lo acquista adesso senza aspettare che i prezzi crescano ancora.

Credo molto nelle potenzialità di crescita dei diamanti rosa, per questo ho cercato a lungo una di queste gemme rare. Finalmente l’ho trovata, ad un prezzo non contenuto ma corretto.

Diamanti rosa

È una pietra di ct. 0,54, Fancy Vivid Purplish-Pink, venduta nell’asta del 2010 e finalmente tornata sul mercato.

Spero di avervi dato abbastanza elementi per incuriosirvi e valutare questo investimento, adesso tocca a voi agire.  Sono a vostra disposizione per approfondire questa opportunità.

Alla prossima,

 

Paolo Genta

Diamanti sintetici e microonde

Diamanti sintetici dal microonde

Ci risiamo: i diamanti sintetici provano a conquistare il mercato passando per il forno di casa!

Un’azienda francese, la Diam Concept, ha iniziato a produrre diamanti sintetici tramite un sistema a microonde partendo da metano e idrogeno.

Anche loro puntano sui soliti luoghi comuni: etica, ecologia, convenienza economica.

Non ho nulla contro i diamanti sintetici a patto che siano venduti per quello che sono: prodotti industriali di larghissimo consumo senza alcun valore intrinseco oltre al costo industriale.

 

 Dov’è l’inganno

 

A fine maggio vi avevo svelato quale fosse il trucco dietro il presunto boom dei diamanti sintetici, adesso, grazie anche a questa nuova tecnologia, il bidone si ripropone.

La cosa triste è che queste pietre sintetiche pur essendo vitali per la nostra civiltà sono note solo come sostitute dei diamanti naturali.

Semiconduttori, fisica delle alte energie e abrasivi sono solo alcuni dei campi dove regnano sovrane. In gioielleria non sono mai state usate per il semplice motivo che esistono altre pietre, più economiche, alternative al diamante.

Però ci vengono sempre più spesso proposti come alternativa etica ed ecologia ai diamanti naturali. Perché? Semplice: perché vendere un prodotto industriale a 4000 $/ct invece che a 600$/ct. (suo attuale costo all’ingrosso ed in costante calo) è una tentazione irresistibile.

 

Eccolo

 

Se i diamanti sintetici fossero un’alternativa sana ai diamanti naturali il focus del marketing non sarebbe “Sono identici ai naturali” oppure “Sono indistinguibili dai naturali”.

Punterebbe invece sulle caratteristiche originali di queste pietre, sulle loro caratteristiche autentiche, non sul fatto di essere copie perfette.

Quello che in realtà si prova a vendere non è un’alternativa etica ma il solito cliché: apparire quello che non si è ingannando gli altri. Magari dando anche qualche giustificazione morale per invogliare ulteriormente il cliente.

Anche se l’ho già scritto nel precedente articolo non esistono altri modi per dirlo: non sono ecologici, infatti “sporcano” 4 volte di più dei diamanti naturali. Non sono etici, perché per produrli si usano materiali che hanno una filiera molto più immorale oggi di quanto lo sia mai stata quella dei diamanti. E non sono convenienti perché pagare il 40% in meno un oggetto che vale il 90% in meno dell’originale proprio un affare non è.

 

Dimenticavo: non li rivenderete mai

 

Un ultimo suggerimento: il microonde va bene per scaldare un piatto se proprio non si ha voglia di cucinare. Se credete che un diamante sia l’oggetto giusto per celebrare qualcosa di molto vero ed importante per voi allora sceglietene uno naturale, i momenti preziosi non si celebrano con una copia.

Alla prossima,

Paolo Genta

 

oro da investimento

Sicuro come l’oro?

Negli ultimi due mesi ho ricevuto diverse richieste di informazioni su mercato dell’oro da investimento.

Alcuni clienti erano interessati ad acquistarlo altri desideravano venderlo dopo fortunate “pulizie” di casseforti e cassette di sicurezza.

Siccome il commercio dell’oro in lingotti non è compreso nella mia licenza professionale, mi sono messo alla ricerca d’intermediari affidabili.  L’importante era fornire comunque ai miei clienti  il servizio richiesto.

Da buon curioso ho anche colto l’occasione per imparare qualcosa di nuovo su un mercato simile al mio.

Dopo aver informato i clienti interessati ho offerto in anteprima il risultato delle mie ricerche agli iscritti alla newsletter. Visto il grande interesse su questo argomento ho pensato di condividere pubblicamente parte delle informazioni.

Vorreste averle complete e in anteprima anche voi? Basta iscriversi alla newsletter!

Le sorprese sono state molte, ma prima vediamo cosa è cambiato dal mio articolo del maggio 2018 che parlava proprio di oro.

 

Quotazione oro da investimento

 

La quotazione è cresciuta ben del 30%, di oltre 10 €/g, dei quali il 9%, 4 €/g, nel solo mese di agosto. E, stamattina, ha superato la soglia dei 45 €/g.

 

Splendido vero? Forse…

 

Ecco cosa ho scoperto parlando con diversi colleghi che operano in oro da investimento.

Vista la forte crescita del prezzo molti operatori temono un assestamento, anche considerevole, dovuto ai realizzi e quindi, complici gli obblighi di legge, acquistano a 7/10 €/g in meno della quotazione ufficiale. In altre parole acquistano con uno sconto dal 15 al 22% sulla quotazione.

Scandaloso? Non necessariamente. La legge impone ai commercianti di tenere in deposito i preziosi usati (non importa che si tratti di oro, diamanti o gioielli) per 10 giorni e in questo periodo la quotazione può fare di tutto.

 

Ma allora anche l’oro da investimento è una bufala?

Che convenienza ho se buona parte del guadagno finisce in commissioni?

 

Queste immagino siano le domande che vengono i mente ai potenziali investitori leggendo i dati.  La soluzione esiste ed è rappresentata dagli strumenti derivati, in particolare dalle opzioni.

I derivati, i “futures” in primis, sono famosi per l’uso indiscriminato che se ne è fatto in borsa, sono diventati la gioia di pochi e dolori per moltissimi.

Nati secoli fa proprio per permettere il commercio nei mercati turbolenti, quando il naufragio di una nave poteva segnare la rovina di un operatore e la fortuna di un altro, sono stati snaturati per sfruttarne le caratteristiche e moltiplicare gli utili potenziali (come anche le perdite).

 

Ma cosa centrano i derivati con l’oro da investimento?

 

Un semplice esempio: un cliente vuole vendermi 1 Kg di oro. Il prezzo al momento è 45 €/g. Io però lo potrò rivendere tra almeno 10 giorni ed per allora il prezzo potrebbe essere salito oppure crollato.

Acquisto quindi in borsa un’opzione cioè un contratto che mi da il diritto di vendere 1 kg di oro a 46 €/g mettiamo tra 15 giorni. Questa opzione mi costa 1 €/g.

Se tra 15 giorni l’oro varrà 51 €/g la mia opzione diventerà carta straccia (chi sceglierebbe di vendere a 46 se il mercato è a 51?) ma potrò vende sul mercato il mio oro a 51 €/g, guadagnando 5 €/g (1 € l’ho speso per acquistare l’opzione).

Se invece il prezzo sarà sceso a 40 €/g allora io potrò esercitare l’opzione e vendere a 46, senza rimetterci oppure vendere sul mercato a 40 €/g ed incassare 6 €/g del valore dell’opzione, sempre senza perdite.

Capito il meccanismo? È un’assicurazione, il cui costo sarà addebitato al cliente, che permette di operare annullando il rischio.

Il bello è che esistono opzioni per acquistare e vendere, a diversi prezzi e per periodi differenti.

Purtroppo pochi operatori sono abbastanza competenti per usare questi strumenti finanziari. Quei pochi però riescono ad acquistare il vostro oro a 2/3 €/g meno della quotazione ufficiale, cioè dal 2,5 al 6,7% meno della quotazione.

 

Esistono comunque altri costi accessori dovuti alla fusione che,

o per obblighi di legge o per marketing, non si possono evitare.

 

L’oro usato per legge deve essere fuso e affinato fino ad essere puro. Poi può essere coniato in lingotti oppure legato con altri metalli per diventare utilizzabile in gioielleria come “oro 750”. Tutto questo ovviamente ha un costo che ricadrà sul cliente.

 Un lingotto d’oro puro non dovrà essere fuso e affinato ma se riporta il marchio di un mio concorrente di certo non lo vorrò rivende ai miei clienti e quindi dovrò fonderlo.

 

Le monete d’oro

 

Monete come oro da investimento

 

Spesso ho sostenuto che un’alternativa valida all’oro da investimento è usare le monete a corso legale, come la sterlina, i marenghi, i dollari o i krugerrands. Dopo diverse verifiche ho calcolato che le commissioni di vendita oscillano da poco meno del 7 fino a oltre il 12%.

Il vantaggio delle monete è che il loro titolo, cioè la quantità di oro puro che contengono, è certo e vengono acquistate e vendute sempre nella stessa forma. Non essendo necessario fonderle e coniarle nuovamente ad ogni passaggio il risparmio diventa rilevante.

Anche il taglio delle monete è importante: rivendere un dollaro d’oro, che oggi costa 72 € ha una commissione del 12% mentre i 50 pesos messicani, che costano 1725 €, pagano il 6.6%.

Questi sono i numeri della mia indagine. Lascio a voi le considerazioni sulle cifre.

 

Io ho imparato che è sempre più importante informarsi prima per non piangere dopo.

 

Sono riuscito a trovare operatori seri che applicano commissioni fisiologiche e accettabili ma non è stato facile pur lavorando in questo campo.

Alla prossima,

 

Paolo Genta

 

L’informazione è potere. Quanto costa non sapere?

L’informazione è vitale.

 

L’informazione è il cuore di ogni professione. Ho scelto di affrontare il mio lavoro considerando l’aspetto tecnico industriale prima di quello legato al design e al lusso.

Perché? A causa di una frase che mi ha colpito molto all’università:

“È meglio sapere subito che il direttore commerciale del tuo concorrente sta giocando a golf con il tuo miglior cliente piuttosto che scoprirlo da un disastroso report vendite semestrale”.

Può sembrare una frase scontata ma nasconde indicazioni importanti sul valore dellìinformazione.

Siamo tutti consapevoli di quanto l’economia sia fortemente interconnessa a livello globale. Ma sappiamo veramente cosa questo significhi per il nostro vivere quotidiano?

Tempo fa scrissi due articoli, in apparenza non collegati, che riguardavano le banche che investono in diamanti e il percorso di queste gemme dalla miniera al consumatore.

Insieme introducevano gli elementi di una guerra che si sta svolgendo a livello mondiale tra chi gestisce il monopolio estrattivo, le banche e chi compra il minerale grezzo per tagliarlo e fornirlo al mercato.

 

Ecco i protagonisti di questa guerra

 

  • Da un lato abbiamo il cartello estrattivo che ha alzato moltissimo il prezzo del grezzo.
  • Dall’altro le banche che hanno investito pesantemente sui diamanti e premono per liquidare parte degli investimenti per fronteggiare le numerose crisi degli altri settori.
  • Infine ci sono i Sightholders: i grossisti che possono comprare il grezzo da De Beers ma non scaricare questi aumenti sul mercato. Hanno quindi smesso di acquistare il grezzo preferendo impiegare le scorte di magazzino.

Questa miscela dirompente sta causando non pochi problemi a molti operatori, spingendone alcuni fuori dal mercato e creando un circolo vizioso. Chi vende deve abbassare i prezzi (prima troppo “pompati”) e chi compra sa che aspettando potrà pagare di meno e aumentare così la propria redditività.

 

Questa non è la solita guerra commerciale tra operatori di altissimo livello

 

Nasconde due aspetti importanti:

  • Lo stock di diamanti già tagliati e presenti sul mercato è stato gestito in maniera oculata per evitare strappi di prezzo e tutelare il consumatore assecondando le naturali oscillazioni della domanda.
  • Cosa succederebbe se i consumatori finali fossero contagiati da questo modo di agire? Questo è l’aspetto più pericoloso.

Spesso l’avidità è come il canto delle sirene narrato da Omero nell’Odissea: sappiamo che ci porterà al disastro ma è irresistibile!

Quindi si cerca di acquistare gemme sempre con sconti altissimi per poi provare a rivenderle al prezzo di listino, ovviamente senza riuscirci, e dando la colpa di questo fallimento al mercato.

 

La caccia all’affare

 

Mentre proviamo a fare “l’affare” ci dimentichiamo che il mercato è fatto da milioni di persone a caccia dello stesso affare ed è proprio la spasmodica ricerca del prezzo più basso ad avvelenare il mercato.

Circa un secolo fa persone come Rockefeller, Ford e Carnegie si resero conto che il mercato aveva bisogno, ad ogni livello, del giusto spazio vitale. Capirono finalmente che accumulare fortune gigantesche drenava le risorse necessarie agli altri per acquistare proprio i loro prodotti. Ecco il valore concreto dell’informazione.

Un mercato prospero (e sano) è quello dove la prevaricazione di una qualunque delle parti è minima e non è l’obbiettivo primario degli operatori. Altrimenti si conquisterà certamente quel mercato ma regnare da soli su un cumulo di macerie non è proprio il mio sogno per il futuro.

Paolo Genta

Diamanti sintetici

Diamanti sintetici: qual è il trucco?

È da parecchio tempo che noto il dilagare di un’abitudine preoccupante.

Le recenti elezioni europee lo hanno dimostrato: si vince per demeriti dell’avversario, denigrandolo, non per meriti propri.

Questo fenomeno ormai è presente in ogni settore sociale. Pensavo fosse un aspetto passeggero dovuto al momento (ormai piuttosto lungo) non proprio felice e prospero.

In realtà è qualcosa di più sottile e che convive con noi già da molti decenni. È una strategia di marketing volta a farci credere che l’altro prodotto (o l’avversario) sia brutto e cattivo, che ci “meritiamo” tutto, che possiamo e dobbiamo avere tutto.

Ma “tutto” cosa? In questo caso un magnifico diamante sintetico, uguale al naturale, anzi migliore perché creato in laboratorio con elevatissimi standard qualitativi, etici, ecologici e pure conveniente.

È vero, sto ironizzando, ma il fatto è reale e può diventare pericoloso.

Diamanti sintetici

Ecco dove si producono i diamanti sintetici

Il pericolo comunque non è di acquistare diamanti sintetici al posto dei naturali, per evitarlo basta rivolgersi a venditori seri che forniranno sempre un certificato.

Il pericolo è credere che acquistando i sintetici si risparmi, si faccia un affare e magari si difenda pure l’ambiente.

 

Chi acquista diamanti sintetici come investimento butta via i soldi.

Chi compra un gioiello con diamanti sintetici pensando che sarà rivendibile butta via i soldi.

 

Perché? Provate a chiedervi perché una persona decide di acquistare un diamante sintetico:

  • Per risparmiare: giusto ma non vero. I sintetici non sono certo regalati, è come comprare la foto di un quadro famoso pagandola il 30 – 40% in meno dell’originale. Vi sembra ancora un affare? Il prezzo dei diamanti sintetici è in costante calo e calerà ancora. Grazie al progresso tecnologico e alla produzione di massa il prezzo calerà fino a che ci sarà ancora un minimo utile da arraffare.
  • Per motivi etici: giusto, ma non proprio sincero. Il mercato dei diamanti naturali ha finalmente fatto passi da gigante sul fronte etico, cosa che non si può certo dire per molti altri settori i cui prodotti acquistiamo allegramente. Acquistare diamanti sintetici al posto dei naturali stronca una primaria fonte di reddito proprio per quei paesi che invece pensiamo di aiutare.
  • Per salvare l’ambiente: si instilla l’idea che le miniere di diamanti distruggano l’ambiente mentre i diamanti sintetici lo salvano. Peccato che la produzione dei sintetici emetta il 320% in più CO2 nell’atmosfera rispetto all’estrazione dei diamanti naturali. Le risorse necessarie per produrre i sintetici provengono da miniere molto più impattanti sull’ambiente. Dettaglio non trascurabile: la produzione di massa dei sintetici è in Cina.
  • Nessuno si accorgerà che è un sintetico: e qui casca il proverbiale asino! Questa strategia di marketing ha successo perché molti di noi desiderano apparire per quello che non sono e il mercato è pronto a venderci questa illusione.

 

E allora perché si sente parlare sempre più spesso dei diamanti sintetici?

 

Rispondere è semplice ma scomodo: perché il venditore ci guadagna molto di più. Dal 50% al 100% in più.

In realtà si approfitta della reputazione del diamante naturale, raro e limitato, per vendere un oggetto apparentemente identico ma per nulla raro, producibile in qualunque quantità desiderata e dal valore in costante calo.

L’avidità priva di lungimiranza prova a sostituire il simbolo per eccellenza dell’impegno, del valore e dell’unicità di una relazione sentimentale con un patetico oggetto prodotto in massa che non è etico, non salva l’ambiente e non vale nulla.

Nel caso pensiate che queste siano solo fosche (e false) previsioni dettate dalla paura di perdere il mio mercato principale vi invito a pensare che quanto descritto è già successo.

Il secolo scorso alcuni geniali e lungimiranti imprenditori hanno usato le stesse argomentazioni per attaccare il mercato di rubini, smeraldi e zaffiri creando i primi sintetici.

Risultato? Quei sintetici adesso ornano le maschere di carnevale, i gioielli degli ovetti Kinder e la calcolatrice che un venditore di sintetici mi ha regalato molti anni fa a Hong Kong.

Paolo Genta

Diamanti da investimento

Banche e diamanti: Atto III

Ci siamo! Adesso che il caso dei diamanti da investimento è diventato un caso giudiziario tutti si possono ergere a giudici, giuria e boia non solo delle banche ma anche di tutto il settore che tratta diamanti.

Questa reazione capita sempre, capita su ogni argomento, fa danni e poi si perde nell’oblio.

Io preferisco un approccio diverso dettato dalla mia abitudine a chiedermi perché i fatti seguano un certo percorso.

 

Riassunto delle puntate precedenti

 

13 luglio 2017: Appena inaugurato il mio blog ho deciso di scrivere subito dell’argomento più scottante, il rapporto tra banche e diamanti. Il punto focale era sul tipo di banche interessate ai diamanti da investimento: erano (e sono) le grandi banche d’affari, non le banche commerciali.

I diamanti da investimento devono essere certificati

Il giorno dopo ho pubblicato una breve guida alla scelta dei diamanti da investimento. Sottolineavo quanto fosse vitale avere le informazioni giuste per scegliere un investimento, di qualunque tipo esso fosse.

Proprio l’informazione è stata l’argomento dell’articolo successivo dove proponevo un approccio trasparente al mercato dei diamanti.

Ho completato poi il panorama scrivendo sui punti caldi per i clienti: la poca liquidità del mercato, il rendimento dei diamanti e le fake news che li circondano.

 

Si arriva così all’8 marzo 2018. Dopo le numerose richieste di informazioni, consulenza e valutazioni ho tratto alcune considerazioni sulla tempesta in corso.

Ho cercato di spiegare con chiarezza perché i prezzi delle banche fossero folli e come calcolavo il prezzo di riacquisto quando una persona mi offriva uno di questi diamanti da investimento.

 

Il senso della giustizia

 

Ed eccoci al proverbiale nodo: di chi è la colpa?

Già, perché se non riusciamo a trovare qualcuno al quale dare la colpa ci sentiamo defraudati, patiamo per l’ingiustizia della cosa.

Che sia la formazione della squadra del cuore dopo una sconfitta, la personale interpretazione dell’ultima legge o sentenza oppure che si debba giudicare l’ultimo fatto di cronaca non possiamo evitare le critiche feroci. Ci serve almeno un capro espiatorio e noi ci assolviamo così da ogni responsabilità.

 

La morale della storia: l’avidità

 

Per lavoro vendo diamanti e come tutti gli imprenditori cerco sempre nuovi clienti.

Il mio dovere, che spero sia anche un fattore strategico di successo, è informare al meglio i clienti senza creare false aspettative pur di vendere qualcosa.

Ma qual è il dovere delle persone? Esistono infinite tipologie di clienti per i diamanti da investimento, alcune estremamente prudenti e attente altre spregiudicate.

Questo è il cuore del problema: acquistare un diamante da investimento oggi, rivenderlo pochi mesi dopo ed andare in vacanza ai tropici con gli utili. È una chimera,  possibile ma molto, molto improbabile.

Soprattutto può capitare una volta ma non è certo la regola sulla quale programmare tutto il proprio reddito.

 

Il furbo della storia

 

E le banche? Hanno semplicemente approfittato di una situazione perfetta commettendo però due errori gravissimi: cedere all’avidità e non tutelare i clienti.

A pensarci bene non è certo una novità, gli scandali in campo bancario sono noti (Parmalat, Bond argentini, mutui sub prime, obbligazioni subordinate) come anche le scuse usate (è il mercato, sono le condizioni internazionali, ci hanno nascosto la reale situazione, il nostro prodotto perso meno di altri) eppure molti continuano a fidarsi ciecamente. Lo sbaglio non è fidarsi ma farlo ad occhi chiusi.

Un personaggio dello spettacolo coinvolto in questa truffa ha stigmatizzato la situazione: “se si fosse presentato alla mia porta un venditore di diamanti senza aver dietro una banca gli avrei chiuso la porta in faccia”. Comprensibile ma anche sbagliato.

Parafrasando uno slogan di un istituto di credito posso affermare che “Gli investimenti si faranno anche in banca ma i diamanti si comprano dal gioielliere”.

Mi ricordo perfettamente quante porte in faccia ho ricevuto, fa parte del lavoro e lo accetto. Mi spiace solo di non aver avuto la possibilità (o la capacità) di provare a queste persone la validità dei diamanti da investimento comprati al giusto prezzo.

 

A volte ritornano

 

Alcune persone, dopo avere legittimamente rifiutato le mie proposte, hanno acquistato i diamanti in banca e adesso sono tornate da me per rivenderli, rimanendoci molto male quando comunicavo loro il reale valore delle pietre. Questa è una cosa che accetto con difficoltà.

Con alcuni sono riuscito ad approfondire l’argomento perché volevo capire come la banca fosse riuscita dove io avevo fallito. Tutte le risposte avevano in comune due elementi:

  • “Mi hanno detto che il prezzo era sempre in crescita
  • “Mi hanno garantito che potevo rivenderli quando volevo

Non vorrei essere brutale ma devo dirlo: sono delle balle colossali.

 

Il brusco risveglio

 

In economia vigono alcune leggi ferree: una vendita si conclude solo quando domanda e offerta si accordano su un determinato prezzo. Se la domanda supera l’offerta il prezzo sale, altrimenti scende.

Questa legge non ammette eccezioni ma ammette dei trucchi, alcuni leciti altri truffaldini.

Le quotazioni dei diamanti nel lungo periodo si sono apprezzate ma non sempre e non costantemente.

Andamento diamanti da investimento

Immaginiamo di aver comprato nel lontano 1985, per un simbolico “100”, un diamante da 1 carato di una buona qualità commerciale, senza esagerare, diciamo di colore H e purezza VS2 (non conoscete le classi dei diamanti? Le potete leggere qui).

Oggi quello stesso diamante varrebbe 271 ma dopo un picco a 217 nel 1999 è sceso leggermente fino a 210 nel 2001, 2002 e 2003. Anche negli anni successivi oltre alla crescita ci sono state delle leggere correzioni. Nulla cresce sempre e senza pause.

 

E adesso cosa posso fare?

 

Anche i clienti hanno una responsabilità: non hanno saputo trarre i dovuti insegnamenti dai molti rovesci bancari degli ultimi anni ed hanno continuato a riporre la loro fiducia in chi l’aveva tradita ripetutamente.

Ma la loro responsabilità è lievissima se paragonata a quella enorme delle società coinvolte che hanno abusato della loro posizione, hanno illuso i clienti, fornito informazioni false e approfittato del legittimo desiderio di protezione del proprio patrimonio.

A quanti mi hanno interpellato ho fornito la documentazione comprovante i sovrapprezzi e ho consigliato loro di rivolgersi alla banca venditrice. L’obbiettivo di ottenere il rimborso integrale ed il ritiro dei diamanti minacciando la chiusura dei conti ed un’azione legale spesso è stato raggiunto. Oggi la questione potrebbe essere più complicata a causa dell’elevato numero di richieste che inevitabilmente arriveranno.

Piazzare queste pietre sul mercato sarà possibile ma solo accettando una perdita almeno del 70 % di quanto investito. Ecco perché è una scelta che sconsiglio fortemente.

 

Cosa ci riserva il futuro?

 

Questa truffa ha danneggiato molto l’immagine dei diamanti da investimento creando una sfiducia ingiustificata verso un investimento potenzialmente remunerativo.

Stranamente si tende a dare la colpa dell’accaduto ai diamanti anziché alle banche. La responsabilità non è dell’oggetto ma del truffatore che lo ha fatto pagare tre volte il suo giusto prezzo.

E come se dessimo la colpa alla mela perché l’abbiamo acquistata per 15 € ad una sfilata di moda anziché al venditore che ci aveva illuso sulle sue qualità magiche.

Facili battute a parte mi aspetto ancora pesanti strascichi. Queste pietre troveranno sicuramente una collocazione sul mercato ma ai prezzi correnti. Temo anche che molti proveranno a pagarle pochissimo per tentare la speculazione.

Il mio consiglio è di lottare per ottenere il rimborso dalle banche, riacquistare le stesse pietre tramite i canali giusti ed al giusto prezzo ed utilizzare l’avanzo per quello che preferirete.

Abbandonare questo settore di investimento sarebbe come dire che consideriamo l’investimento immobiliare una truffa perché un intermediario ci ha convinto a comprare un alloggio in periferia al prezzo di un attico in centro. Il problema non sono le case, ma i professionisti ai quali ci affidiamo.

 

Paolo Genta

Tormalina Canary

Terzo articolo del mio viaggio nel colore, la protagonista è la tormalina gialla.

Nota commercialmente come tormalina Canary il suo nome gemmologico, anche se poco accattivante, è “Elbaite”.

Le tormaline esistono in tutti i colori dell’arcobaleno, la varietà gialla, anche più rara della favolosa Paraiba, deve il suo colore al contenuto di Manganese (fino al 9%), a tracce di Titanio ed alla mancanza di ferro.

Tormalina Canary 14 ct. Malawi

Per essere classificate “Canary” le tormaline devono avere come colore primario il giallo. Una leggerissima nota verde come colore secondario dona l’ambito colore “Neon” mentre un leggero arancione rende la pietra dorata.

Per i gioielli autunnali si scelgono gemme con il marrone come colore secondario.

Le tormaline Canary arrivano principalmente da Malawi, Zambia, Mozambico e Nigeria. Alcune gemme favolose sono state scoperte in Afghanistan e Pakistan.

Tormalina canary 7.11 ct.

Le pietre di grandi dimensioni esistono ma sono rare e molto costose. Sopra potete ammirare una pietra da 7.11 ct. del valore di 64.500 dollari.

Si possono trovare pietre sotto il carato a prezzi contenuti mentre oltrepassare i 2 carati fa lievitare esponenzialmente i prezzi.

Per natura è una pietra con inclusioni, se sono leggere è considerata già una bella gemma, se sono assenti si ha una gemma eccezionale.

Il suo colore naturale non necessita di trattamenti termici. Alcuni minatori tuttavia la trattano a “bassa temperatura” (500 – 700 °C) per ridurre le componenti verde e marrone.

Oltre che splendida protagonista per qualunque gioiello questa tormalina è anche un’interessante opportunità di investimento.

Le cose belle e rare hanno la piacevole abitudine di rivalutarsi nel tempo. Molti anni fa un collezionista lungimirante acquistava gli “scarti” dei diamanti, quelli colorati.

Oggi la sua collezione ha un valore superiore ai 100 milioni di dollari! Perché non imitarne l’esempio?

Se l’opportunità vi incuriosisce contattatemi, risponderò con piacere a ogni vostra domanda.

 

Paolo Genta

Credits per l’immagine in evidenza: Collana in platino e oro verde con tormalina canary da 30 ct. (la più grande conosciuta di questa qualità) e 19 ct. di diamanti. Design by Eddie Sakamoto. Image by Dave Cruz Photography. Photo courtesy of Shelly Sergent.

Padparadscha 28.04 Christies's 11_2017

Zaffiro Padparadscha: la gemma del fiore di loto

Una gemma antica il cui nome, Padparadscha, deriva dal sanscrito e significa “colore del fiore di loto”. È una varietà di corindone dal colore complesso: una magica unione di rosso, giallo e bianco che rendono questa pietra rara e ambita.

 

Qual è il “vero”colore del Padparadscha?

 

Gli esperti stanno dibattendo da 1.500 anni su quale sia il colore perfetto (si parla di “arancione rosato”).  Nei secoli ci si è avvicinati a ciò che quest’immagine rappresenta benissimo.

In natura non esiste un solo standard, il fascino di una gemma risiede proprio nella sua unicità.

Sul mercato si trovano Padparadscha con colori differenti ma tutti hanno il calore di un tramonto sfumato dalla delicatezza del rosa del fiore di loto.

I colori del Padparadscha

Attualmente tutti i corindoni con sfumatura rosa e colori tra il giallo-arancio e il rosso-arancio sono considerati Padparadscha.

I primi provenivano da Ceylon, l’attuale Sri Lanka. In seguito altri fortunati giacimenti sono stati scoperti in Madagascar, in Vietnam nel distretto Quy Chau e in Tanzania nella regione Tunduru.

Padparadscha ct. 20.84 Christies's 2005

Alcuni collezionisti ritengono che il titolo di Padpardscha dovrebbe appartenere solo ai corindoni originari dello Sri Lanka ma è più un vezzo da puristi che una regola di mercato.

 

Quanto costa una gemma così rara?

 

Moltissime pietre sono trattate termicamente per enfatizzarne la bellezza e non sempre questo processo è identificabile.

Questa difficoltà rende ancora più preziose quelle certificate come completamente naturali. I prezzi partono da 1000 $/ct e le quotazioni delle gemme più rare superano i 50.000 $/ct.

Padparadscha - Ph. Tino Hammid

Questo anello monta un Padpardscha da 30 ct. ed è considerato, al momento, il miglior esempio del colore perfetto. Posso solo immaginare la fatica che il fotografo ha dovuto fare per riprodurlo in un’immagine.

 

Quale Padparadscha scegliere?

 

Il mercato di oggi richiede definizioni sempre più dettagliate e precise.

Ma siamo sicuri che questo sia nell’interesse del consumatore?

Nessun laboratorio al mondo ha mai rifiutato la catalogazione di “zaffiro” per un corindone con colori tra il blu tenue e il blu quasi nero. Non importa il tono, la saturazione o l’uniformità del colore. Perché allora cercare di limitare ad un solo colore una gemma che per natura ne ha di meravigliosi?

Lasciatevi conquistare dalla bellezza della varietà e scegliete quello che vi colpisce di più.

Con il precedente articolo ho iniziato un viaggio nel colore per farvi scoprire pietre affascinanti e diverse dal diamante. Toccheremo tutti i continenti, scopriremo colori incredibili e nuove opportunità. Viaggiate con me?

Paolo Genta

Per scrivere questo articolo ho attinto a diverse fonti, tutte molto autorevoli, e ho rivissuto i primi anni della mia attività, quando divoravo i testi di gemmologia tanta era la curiosità. Le cito in ordine di apparizione:

  • Christie’s Images Ltd per l’immagine di copertina ed il primo anello
  • Tino Hammid per la foto del secondo anello
  • iStockphoto.com per l’immagine del fiore di loto e Richard W. Hughes per lo splendido tramonto su Bagan, in Myanmar
  • Richard Hughes, autore di Ruby & Sapphire e di molti interessanti articoli sulle gemme e sulle parole usate per definirle.