Normalità – Atto IV
La normalità è una condizione ambita ma non sempre facile da ottenere.
Molti la cercano, chi nella vita quotidiana, chi nel lavoro, tutti la desideriamo come simbolo della fine di questo difficile periodo.
La normalità è percepita come consuetudine, regolarità, ordine.
Naturale quindi cercarla dopo un periodo che di normale ha avuto ben poco.
Per me la normalità, sul lavoro, sarà tornare a parlare di gemme e gioielli più che di finanza ed economia.
Non posso esimermi da valutazioni economico finanziarie, specialmente se si parla di investire in diamanti, ma ho voglia di tornare a quello che mi ha fatto scegliere questo lavoro: la passione per il colore e il design.
Prima però devo ancora soffermarmi sulle dirette conseguenze della pandemia sul mercato dei preziosi perché porteranno molte novità, alcune utili altre meno.
Normalità e innovazione
Nello scorso articolo vi ho parlato di transizione e di come influenzerà il mercato.
Se da un lato è giusto ridurre al minimo l’impatto ambientale delle estrazioni minerarie, dall’altro si cerca di sfruttare il sentimento “green” per proporre modelli di consumo a volte pericolosi.
L’industria mineraria è molto sensibile all’argomento, anche per i notevoli ritorni d’immagine, e collabora con i governi per risolvere il problema.
Trovo quest’attenzione doverosa e responsabile e potrà portare solo miglioramenti al mercato.
Credo invece che altre scelte ecologiste siano solo uno specchietto per le allodole.
L’esempio perfetto sono i diamanti “lab-grown”, nome orecchiabile per descrivere le pietre sintetiche fatte dall’uomo in laboratorio.
Non ho nulla contro i diamanti “lab-grown”, a patto che siano venduti come tali. Sono invece meno convinto che siano più ecologici dei diamanti naturali.
A parte l’altissimo costo energetico necessario per produrre i diamanti in laboratorio le materie prime necessarie per realizzarli provengono da miniere, esattamente come i diamanti naturali.
Non esiste un solo studio serio e completo in grado di quantificare e confrontare il reale impatto complessivo di questi due prodotti.
La cosa che trovo subdola è far leva sul giusto sentimento ecologista per vendere un oggetto artificiale in base ad una sostenibilità ambientale tutta da dimostrare.
Se cercate dei diamanti “lab-grown” sarò felice di fornirveli ma non come sostituti di quelli naturali.
Sono semplicemente un altro prodotto.
Il nuovo marketing
Per porre l’accento su questa diversità la Diamond Producers Association (DPA) si è trasformata in Natural Diamond Council (NDC), scegliendo David Kellie come amministratore delegato.
Kellie è un mago del marketing, come ha ampiamente dimostrato negli anni creando brand mondiali di successo, particolarmente per gli orologi di lusso, trasformandoli da costosi accessori in oggetti iconici da collezione.
Adesso la sua attenzione è sul diamante naturale per separarne definitivamente l’immagine da quella dei diamanti “lab-grown”.
Contemporaneamente De Beers ha introdotto il “codice di origine” come parte di una completa ristrutturazione volta a raccontare cosa l’azienda sta facendo realmente per l’ambiente.
L’idea è di associare il marchio De Beers, che sarà presente sulle sue pietre, ai concreti interventi fatti dall’azienda sia in campo ecologico che sociale.
È sicuramente un’operazione di marketing ma con risvolti concreti che sembrano reali e meritevoli.
La mia normalità
Questa nuova normalità sarà per me una sfida che richiederà altro studio e molta attenzione.
Dovrò selezionare la parte sana di tutte queste novità per offrirvi un prodotto all’altezza dei nuovi standard senza cadere nei tranelli del marketing.
Anche se vendo lusso, credo che la sostanza debba sempre esserci, così come l’attenzione per il cliente.
Se trovate interessanti queste notizie iscrivetevi alla mia newsletter, otterrete anche offerte riservate.
Alla prossima,