globalizzazione pro e contro

Globalizzazione: il rovescio della medaglia

Nel mio settore la globalizzazione è una realtà consolidata da molti decenni, da ben prima che iniziassi a lavorare.

Ecco perché può essere un utile esempio per quei settori dove è relativamente recente.

Ho sempre lavorato in un mercato globale e questo mi ha fatto crescere molto. Parlare di gemme in un’altra lingua, con persone di ogni razza e religione, con abitudini spesso profondamente diverse dalle mie è stata una sfida esaltante.

Oltre alle conoscenze professionali il vero tesoro è stato imparare a considerare tutti questi “altri” semplicemente come esseri umani, identici a me.

È naturale che si sviluppino delle preferenze ma questo confronto continuo mi ha dato moltissimo.

 

Questa è la globalizzazione che mi piace, quella che promuove il contatto umano oltre a quello economico.

 

Tuttavia la globalizzazione causa anche la crescita delle dimensioni aziendali per semplici questioni di sopravvivenza. Nel settore delle gemme esistono diversi giganti, i più noti operano nel mercato dei diamanti.

La crescita purtroppo si è trasformata in qualcosa di meno piacevole per mercato globale: il cartello dei produttori.

Come scrivevo nel precedente articolo da questa crescita è iniziata la guerra commerciale con gli intermediari.

 

Purtroppo spesso la forza è l’unica risposta possibile alla forza.

 

Per difendersi da questo cartello gli acquirenti si sono presentati come un fronte unito. Forti delle gemme che avevano in cassaforte, hanno semplicemente smesso di comprare grezzo.

Risultato? I produttori sono dovuti tornare sui loro passi. Si stanno registrando cali nell’estrazione di diamanti in tutto il mondo e altri, più rilevanti, sono pianificati per i prossimi anni.

Questo è successo anche perché i consumatori non comprano più “di tutto” ma, visti i prezzi, pretendono la qualità.

È diventato quindi antieconomico trattare molte tonnellate di materiale per estrarre pochi carati di diamanti piccoli e di bassa qualità.

 

Quando si lotta sul mercato a volte si accusa il colpo e spesso non si capisce la lezione.

 

Ed ecco che i grandi gruppi provano a reagire con l’arma definitiva per vincere questa guerra: i diamanti sintetici. Non vi ripeterò quale gigantesca bufala siano, ne ho già parlato diffusamente qui.

 

Questa è la globalizzazione che non mi piace.

 

Quella che elimina i rapporti umani e persegue solo il dominio assoluto del mercato per massimizzare il profitto.

La crisi non piace mai, fa danni e vittime ma insegna sempre qualcosa.

I consumatori devono imparare a non accettare in silenzio le pubblicità e gli intermediari devono ascoltare davvero i clienti.

Solo così i grandi cartelli dovranno mitigare le loro pretese, non potendo più strangolare il mercato.

Cosa mi aspetto per il prossimo futuro? Un aumento dei prezzi al dettaglio per la riduzione dell’offerta di grezzo e l’esaurimento dei magazzini dei grossisti.

Non accadrà subito ma accadrà, specialmente per alcune tipologie di pietre.

Fuori da questa guerra si pongono invece i diamanti rosa, in particolare quelli della famosa miniera australiana di Argyle. Appartiene al colosso minerario Rio Tinto Group ed è la fonte del 90% dei diamanti rosa del pianeta.

Ho già scritto delle meravigliose gemme che vi si estraggono, quello che forse ancora non sapete è che l’anno prossimo, dopo 37 anni di attività, è prevista la chiusura di questa miniera leggendaria.

 

Riuscite a immaginare l’effetto che ci sarà sui prezzi con una riduzione del 90% della fornitura?

 

Ecco le sei pietre più belle delle 64 che andranno al miglior offerente il prossimo ottobre.

La globalizzazione sana

Courtesy of The Argyle Tender 2019

È possibile essere famosi a livello globale anche senza dominare il mercato con pugno di ferro ma facendolo crescere con prodotti di qualità indiscutibile.

Paolo Genta

L’informazione è potere. Quanto costa non sapere?

L’informazione è vitale.

 

L’informazione è il cuore di ogni professione. Ho scelto di affrontare il mio lavoro considerando l’aspetto tecnico industriale prima di quello legato al design e al lusso.

Perché? A causa di una frase che mi ha colpito molto all’università:

“È meglio sapere subito che il direttore commerciale del tuo concorrente sta giocando a golf con il tuo miglior cliente piuttosto che scoprirlo da un disastroso report vendite semestrale”.

Può sembrare una frase scontata ma nasconde indicazioni importanti sul valore dellìinformazione.

Siamo tutti consapevoli di quanto l’economia sia fortemente interconnessa a livello globale. Ma sappiamo veramente cosa questo significhi per il nostro vivere quotidiano?

Tempo fa scrissi due articoli, in apparenza non collegati, che riguardavano le banche che investono in diamanti e il percorso di queste gemme dalla miniera al consumatore.

Insieme introducevano gli elementi di una guerra che si sta svolgendo a livello mondiale tra chi gestisce il monopolio estrattivo, le banche e chi compra il minerale grezzo per tagliarlo e fornirlo al mercato.

 

Ecco i protagonisti di questa guerra

 

  • Da un lato abbiamo il cartello estrattivo che ha alzato moltissimo il prezzo del grezzo.
  • Dall’altro le banche che hanno investito pesantemente sui diamanti e premono per liquidare parte degli investimenti per fronteggiare le numerose crisi degli altri settori.
  • Infine ci sono i Sightholders: i grossisti che possono comprare il grezzo da De Beers ma non scaricare questi aumenti sul mercato. Hanno quindi smesso di acquistare il grezzo preferendo impiegare le scorte di magazzino.

Questa miscela dirompente sta causando non pochi problemi a molti operatori, spingendone alcuni fuori dal mercato e creando un circolo vizioso. Chi vende deve abbassare i prezzi (prima troppo “pompati”) e chi compra sa che aspettando potrà pagare di meno e aumentare così la propria redditività.

 

Questa non è la solita guerra commerciale tra operatori di altissimo livello

 

Nasconde due aspetti importanti:

  • Lo stock di diamanti già tagliati e presenti sul mercato è stato gestito in maniera oculata per evitare strappi di prezzo e tutelare il consumatore assecondando le naturali oscillazioni della domanda.
  • Cosa succederebbe se i consumatori finali fossero contagiati da questo modo di agire? Questo è l’aspetto più pericoloso.

Spesso l’avidità è come il canto delle sirene narrato da Omero nell’Odissea: sappiamo che ci porterà al disastro ma è irresistibile!

Quindi si cerca di acquistare gemme sempre con sconti altissimi per poi provare a rivenderle al prezzo di listino, ovviamente senza riuscirci, e dando la colpa di questo fallimento al mercato.

 

La caccia all’affare

 

Mentre proviamo a fare “l’affare” ci dimentichiamo che il mercato è fatto da milioni di persone a caccia dello stesso affare ed è proprio la spasmodica ricerca del prezzo più basso ad avvelenare il mercato.

Circa un secolo fa persone come Rockefeller, Ford e Carnegie si resero conto che il mercato aveva bisogno, ad ogni livello, del giusto spazio vitale. Capirono finalmente che accumulare fortune gigantesche drenava le risorse necessarie agli altri per acquistare proprio i loro prodotti. Ecco il valore concreto dell’informazione.

Un mercato prospero (e sano) è quello dove la prevaricazione di una qualunque delle parti è minima e non è l’obbiettivo primario degli operatori. Altrimenti si conquisterà certamente quel mercato ma regnare da soli su un cumulo di macerie non è proprio il mio sogno per il futuro.

Paolo Genta