Dazi

Dazi: tutti a bordo del Titanic!

Sui dazi abbiamo letto le notizie più disparate. Ho volutamente atteso qualche giorno, prima di scrivere la mia opinione, per valutare meglio la situazione.

Abbiamo assistito tutti al patetico balletto di affermazioni, smentite e minacce del Presidente americano.

Alla fine ha trovato un modo creativo” per dire che il mondo è cattivo e che lui deve difendere l’America.

Per prima cosa stabiliamo alcuni fatti. Certamente esistono dei dazi: alcuni reciproci, altri protezionistici e alcuni per sterilizzare illeciti aiuti di stato.

Riguardavano però una piccola percentuale del commercio mondiale.

La minaccia

Il Presidente Trump ha riscoperto un vecchio (e sconsigliato) modo per calcolarli, degno dell’equivalente economico dei “Darwin Awards”.

Ha rapportato import ed export con una certa nazione (o gruppo di nazioni) e, visto che gli Usa sistematicamente consumano molto più di quanto esportano, ha chiamato il deficit commerciale “dazio” che, imposto ai creditori, servirà a ripagare il debito.

In numeri: importa per 100, esporta per 60 quindi (100 – 60) / 100 = 40% di dazio che quei ladri degli stranieri gli hanno fatto pagare.

Visto che lui è più bravo gli impone un “dazio” solo del 20% e tutti sono contenti.

Sembra folle ma i conti li ha fatti proprio così, e pazienza se sta affossando il commercio mondiale e insultando i suoi creditori.

I rischi

Già, perché l’aspetto delicato non è la guerra commerciale, ma il fatto di entrare in conflitto con chi detiene il 25% dei suoi debiti e che può decidere di scaricarli facendogli molto ma molto male.

Vi consiglio una fonte autorevole come il Sole 24 Ore per capire meglio il rischio che, grazie a Trump, grava sugli States.

In estrema sintesi: del debito Usa detenuto all’estero (oltre 8.500 miliardi di $ sui 36.218 complessivi) l’Europa ne possiede il 20%, quanto Cina e Giappone messi insieme.

Si parla di 1.700 miliardi di dollari, non proprio bruscolini.

Negli ultimi 3 giorni il mercato obbligazionario ha visto salire i tassi di 60 punti base, mentre Trump spinge per un taglio dei tassi!

È un allarmante segno di sfiducia verso il debito americano. Un debito che a breve dovrà rifinanziare circa 6.400 miliardi di titoli in scadenza e che non sembra più così appetibile.

Le conseguenze

Un altro esempio dell’autolesionismo di questi dazi: gli Usa non producono (internamente) un solo pc, notebook o smartphone. Sono prodotti o assemblati tutti all’estero.

Fino al 2 aprile il costo di produzione di un iphone era di circa 550 $, oggi è di 850 $: un aumento del 54%. Chi lo paga?

O Apple riduce i profitti (e, oltre a crollare in borsa, licenzia) o alza i prezzi generando un’inflazione folle che richiederà tassi più alti (non certo più bassi) rendendo il debito pubblico ancora più pesante.

Ed Apple è solo una delle aziende colpite, varrà anche per le altre.

Il sistema economico che abbiamo creato è fortemente interconnesso, quasi nessuno può proclamare l’autarchia senza pesanti ripercussioni.

Gli americani sono drogati di acquisti: appena hanno un dollaro in tasca lo spendono, se non ne hanno finanziano gli acquisti con le carte di credito, per garantirle accendono una seconda ipoteca sulla casa (o una terza!).

Il loro deficit commerciale con il resto del mondo non deriva dai dazi ma è il risultato della bilancia commerciale di un bulimico.

Non credo che dei contro dazi speculari siano la giusta soluzione, finiremmo per darci la zappa sui piedi, esattamente come stanno facendo gli americani adesso.

Se fossimo davvero uniti la risposta sarebbe relativamente semplice: o togli questi dazi assurdi o iniziamo a tassare le tue aziende (Meta, Amazon, Google) esattamente come le altre, senza accordi privilegiati.

Purtroppo ci sono nazioni come Irlanda, Paesi Bassi (ed altre) che prosperano su regimi fiscali estremamente accomodanti e sono sempre pronte a “remare contro”.

L’impatto sui preziosi

Ma veniamo al mio settore: si credeva che i dazi avrebbero riguardato solo” gli scambi tra India e Stati Uniti ma poi sono stati proclamati i dazi universali!

Quindi anche le esportazioni di diamanti, gioielli e pietre preziose sono state colpite, ovviamente con aliquote diverse per ogni paese in base all’estro di Trump.

L’india, maggior produttore mondiale di diamanti tagliati, ha spostato presso le sue filiali americane circa il 10% delle scorte.

GIA ha bloccato la certificazione delle pietre estere presso i suoi laboratori sul suolo americano, reindirizzandole presso i suoi numerosi laboratori sparsi nel mondo, visto che i clienti si sono rifiutati di pagare un dazio sul valore della pietra per una semplice certificazione.

Rapaport ha invitato i suoi iscritti a trasferire quanti più preziosi possibile negli States perché “in America varranno di più”.

A inizio giugno ci sarà il JCK a Las Vegas, un evento molto importante per il settore.

Sarà interessante vedere quanti decideranno di portarvi le loro gemme e quanti vorranno comprarle viste le condizioni tariffarie tutt’altro che chiare.

Risultato? Il mercato si è inchiodato come al lockdown del 2020. E così resterà fino a che non si farà chiarezza.

Se volete un’indicazione di cosa succederà all’inflazione americana eccola: in una settimana i prezzi dei diamanti, presenti sul suolo americano, è salito del 2,5%.

Tutti gli operatori, non avendo margini di manovra sugli utili, scaricheranno gli aumenti sui consumatori finali.

E noi? Cosa facciamo?

Questo per gli Stati Uniti. E per il resto del mondo? Le cose sono decisamente più tranquille.

Da un lato si aspetta per vedere che strada prenderanno i dazi e le gemme non vendute in America, dall’altro le relazioni commerciali sono solide e non è più necessario recarsi in America per fare acquisti.

I prezzi sono stabili e si cerca di trasformare questa follia in una nuova opportunità.

Non credo che i dazi possano durare a lungo, certo non in questa forma, ma dureranno a lungo le conseguenze della sfiducia creata.

Non dimentichiamoci che, in teoria, Usa e occidente erano amici e alleati: io non mi comporterei mai così con un amico o con un partner commerciale.

Esistono svariati modi migliori per risolvere eventuali problemi o per trattare nuove condizioni, se li conosco io mi aspetto che un Capo di Stato li conosca molto meglio e che non si comporti come un bullo in una rissa da bar.

Alla prossima,

Paolo Genta

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