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De Beers

De Beers in vendita: vero, falso, ma soprattutto perché?

Questa volta i protagonisti sono De Beers e la sua parent company Anglo American.

Negli anni molte volte si è parlato di una possibile vendita di De Beer, da parte di Anglo American.

Le motivazioni sono state le più disparate:

  • per far cassa
  • per ristrutturare un settore non più strategico
  • per non affrontare le cicliche crisi di domanda e offerta del settore dei diamanti
  • per scappare da un settore definitivamente compromesso dai diamanti sintetici

A rendere ancora più nebulosa la situazione Anglo American ha ricevuto, pochi giorni fa, una curiosa offerta di acquisto: ben 36 miliardi di euro da parte di BHP, un colosso minerario a livello planetario.

L’offerta è stata rifiutata sdegnosamente dichiarando che sottovalutava pesantemente il reale valore di Anglo American.

Questo anche se rappresentava un premio del 31% rispetto all’ultima chiusura di borsa e del 78% rispetto al valore medio degli ultimi 90 giorni.

Che però l’offerta fosse bassa lo si poteva intuire dal balzo del 13% che BHP ha fatto in borsa dopo l’annuncio dell’offerta!

Un balzo che, in termini di capitalizzazione, vale ben 30 miliardi di sterline!

Perché se ne riparla

Le voci per la vendita di De Beer sono tornate recentemente alla ribalta.

Molti si chiedono se il calo dei prezzi del 2023 sia stato solo l’ennesimo ciclo, già visto più volte, oppure se sia il primo segnale di un futuro crollo dovuto all’avvento del sintetico.

Dubbi legittimi, specialmente se si ricorda che a febbraio Anglo American ha svalutato di 1,56 miliardi di dollari il valore contabile di De Beers.

De Beers
De Beers Exceptional Blue Collection

Questa visione stride con il calibro dei potenziali acquirenti: fondi sovrani e grandi case del lusso.

Mi sembra che queste entità economiche non siano proprio facili da raggirare e che investano solo in settori ampiamente remunerativi.

Basta guardare le performance stellari del gruppo LVMH, giusto per citare il più famoso. Ogni acquisto che ha effettuato si è trasformato in un grande successo.

La mia opinione

A mio modestissimo parere sembra che Anglo American voglia togliersi dai piedi tutti i conflitti aziendali che hanno afflitto De Beers in questi anni. Anche a costo di rinunciare (in cambio di una montagna di soldi) a corposi utili.

Perché in effetti De Beers sta litigando un po’ con tutti.

Litiga con il Botswana per gli accordi minerari, con i Sightholders che lavorano in perdita e con giganti come HB (forse il maggiore grossista di diamanti di Anversa).

Per la cronaca: De Beers è controllata al:

  • 45% da Anglo American
  • 40% da Central Holdings (controllata a sua volta dalla famiglia Oppenheimer, fondatrice nel 1917 di Anglo American)
  • 15% dalla Repubblica del Botswana.

De Beers e il mercato

Comunque, pur in mezzo a tutte queste incognite, De Beers continua a restare fedele alla sua tradizione di regolatore del mercato.

Dopo aver analizzato le condizioni economiche mondiali la sua risposta a guerre, tassi, borse da record e agli elevati stock dei grossisti è stata di ridurre la produzione di 3.000.000 di ct.

Questo vuol dire che nel 2024 estrarrà “solo” tra 26 e 29.000.000 di carati invece dei previsti 29/32.000.000. Si tratterà comunque di un ribasso attorno 10%!

Questa operazione servirà non tanto a evitare cali di prezzo piuttosto permetterà al mercato di riassorbire il surplus generato nei mesi passati.

Pink Jubilee

Scenari futuri: De Beers e non solo

Come sempre non ho la sfera di cristallo. Posso solo basarmi sui segnali di mercato e sulle informazioni disponibili.

Sembra che il mondo del diamante sia sotto attacco su più fronti. Molti pensano addirittura che i topi stiano abbandonando la nave prima del proverbiale naufragio.

Tuttavia mi sembra assurdo dare per spacciato un settore nel quale sono stati investiti decine di miliardi di dollari e che ne vale circa 100 (solo per la parte lusso)!

Le ristrutturazioni aziendali sono sempre esistite, e a volte anche delle grandi aziende muoiono ma quasi mai è il settore a sparire.

Cosa dire, per esempio, del fatto che mentre l’oro è ai suoi massimi storici molte miniere siano in vendita? Chi mai venderebbe una miniera quando il metallo costa oltre 70 €/g? L’oro sta forse per non valere più nulla?

Anche se De Beers dovesse sparire non è affato detto che spariscano i diamanti: le miniere continuano ad esistere e le gemme continuano ad essere desiderate.

Certamente si dovranno valutare le conseguenze sui prezzi ma credo che l’eventuale assenza di un gigante come De Beers porterà a un sano riaggiustamento del mercato, a vantaggio della merce di qualità.

Sarà un caso che da tempo indirizzi i miei clienti verso i diamanti colorati oppure su pietre bianche con sconti importanti?

Mentre i diamanti colorati sono immuni a queste vicende quelli bianchi, se comprati bene, vi permetteranno di attendere l’esito del conflitto senza troppi rischi e senza aver rinunciato ad un’opportunità.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Diamonds & chocolate

Diamanti e cioccolato sono un’accoppiata inconsueta, tranne quando si incontrano all’interno della stessa famiglia.

Se state leggendo questo articolo è abbastanza evidente quale sia il mio lavoro. Quello che non potete sapere è che mia moglie lavora presso un importatore del “cibo degli Dei”, il cioccolato!

I nostri amici hanno sempre scherzato su questa strana coppia di lavori, tanto che, quando ho aperto la mia azienda, uno dei nomi in ballo era proprio “Diamonds & Chocolate”.

Siccome non opero negli States ma in Italia, dove le regole sul commercio dell’alimentare sono molte e complesse, ho preferito non causare dubbi e optare per Coronado, in omaggio al parco naturale a Sud Est di Tucson dove ho deciso di svolgere questo lavoro.

Il cioccolato però è rimasto sempre nell’aria, solitamente come regalo per i miei clienti, a volte come caso di studio.

E proprio come caso di studio lo userò oggi.

Sul mercato dei derivati la materia prima, il cacao, è arrivato a costare quasi 10.000 $ a tonnellata, ben più del rame.

Se consideriamo che lo scorso anno era già cresciuto del 70% e da gennaio ha guadagnato un altro 135% è facile intuire che natura (pessimi raccolti) e speculazione (che tanto ha fatto lo scorso anno) non sono i soli responsabili.

La cosa incredibile è che questo rialzo sembra auto alimentarsi senza alcuna ragione apparente.

Le vere ragioni di questo rialzo forse sono nascoste nella miscela esplosiva di:

  • condizioni climatiche (pessime)
  • funghi e parassiti (in abbondanza e assai dannosi)
  • speculazione (tanta)
  • maldestri tentativi di molti operatori di lucrare sulla situazione (avidità)
  • domanda finale (rinuncereste mai all’uovo a Pasqua?).

Proprio come nella “tempesta perfetta” a volte molte cause si incontrano, nella giusta sequenza e intensità per generare un disastro.

La reazione di una parte del mercato è di rivolgersi ai surrogati per risparmiare sul cacao, un po’ come ha fatto Pietro Ferrero nel 1946 inventando la Nutella: il cacao scarseggiava ed era caro quindi vai di nocciole! Il resto è storia.

Temo che oggi si andrà su ben altri surrogati e che il gusto al quale sono affezionato diventerà, purtroppo, sempre più raro.

Ma cosa centra l’amato cioccolato con i diamanti? Più di quanto ci si possa aspettare, se non altro per le dinamiche.

Se da un lato è vero che i diamanti non si coltivano (almeno quelli naturali) dall’altro tra l’embargo alla Russia (primo produttore mondiale), l’ammodernamento degli impianti estrattivi e l’esaurimento di molte miniere l’offerta si è contratta ai livelli del 2009, con un calo di oltre il 30% rispetto al picco del 2017.

È anche vero che dopo gli aumenti record del biennio 2021/2022 i prezzi hanno ripiegato ma principalmente per i diamanti bianchi.

Cioccolato e diamanti

I diamanti rosa, per esempio, dal 2000 hanno visto crescere le loro quotazioni del 500%.

Cioccolato e diamanti
Courtesy of Sothebys
Ct.133.03, Fancy Vivid, Vs2

I diamanti gialli, ormai dati per giunti al capolinea della loro corsa, sono di nuovo sotto i riflettori.

Cioccolato e diamanti
The Cullinan Blue – Ct. 15.10

Dei diamanti blu meglio non parlare: sono saliti su un razzo molti anni fa e sono inavvicinabili, a meno di avere un budget decisamente molto elevato (si parla di centinaia di migliaia di euro, come minimo, per una pietra appena valida).

Nel mercato dei diamanti sembra quindi che le tensioni si esprimano più con una rotazione tra i diversi settori piuttosto che con una fiammata dei prezzi.

Come per il cioccolato anche qui speculazione e scelte sbagliate hanno lasciato il segno: abbagliate dalla fiammata post covid molte aziende sono cresciute troppo, spesso contraendo debiti con le banche.

L’incertezza economica derivata dal costo dell’energia e dai tassi (per tacere del resto) è stata la classica ciliegina: improvvisamente il giocattolo si è rotto e la giostra si è fermata.

O forse no?

La domanda per la gioielleria classica si è ridotta molto mentre quella per le pietre particolari è addirittura cresciuta.

Si parla di una nuova attenzione dei clienti che, pur cercando pietre che possano diventare gioielli gradevoli, sono molto sensibili all’aspetto investimento.

Gli operatori aspettano che l’onda passi ma quelli più attenti individuano le occasioni da cogliere oggi.

Le fasi di mercato non sono una novità, per moltissime ragioni sono connaturate con il comportamento umano. L’importante è non fissarsi ma perseguire i propri obbiettivi con la giusta flessibilità.

Non esistono solo i diamanti bianchi, tagliati a brillante: esistono altri colori e altri tagli, tutti bellissimi.

Un ulteriore vantaggio dei tagli diversi dal rotondo è che hanno un listino a parte, inferiore anche del 40% rispetto a quello per i tagli brillante.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Diamanti sintetici

Diamanti sintetici: bufala o rivoluzione?

Non ho mai creduto che i diamanti sintetici potessero spodestare le pietre naturali dal podio delle gemme più ambite.

Questo non vuol dire che non possano essere pericolose per il mercato.

A guardare i numeri c’è di che avere paura: De Beers nell’ultimo bilancio ha perso 1.9 miliardi di dollari di fatturato. Un calo del 29% da 6,6 a 4,7 miliardi.

Questo calo è dovuto sia alla prepotente crescita del sintetico ma anche all’avidità di molti intermediari.

Confidando nella costante crescita dei prezzi nel post covid, hanno comprato senza valutazioni strategiche per trovarsi poi pieni di invenduto a causa dalla crisi inflattiva e dei tassi.

Nel B2B si assiste ad un marcato calo di ordini e prezzi per la produzione non di marca, dove l’uso dei diamanti sintetici permette utili elevatissimi.

Tuttavia i prezzi di produzione del sintetico crollano giornalmente.

Ormai ci stiamo avvicinando alle due cifre al carato.

Calano anche i prezzi al dettaglio: nessuno compra sintetici per il magazzino ma solo sul venduto.

Se da un lato la clientela più giovane, americana in particolare, non ha mai pensato ai diamanti in termini di investimento ma solo di apparenza dall’altro molti hanno acquistato sintetici, perché più economici, senza realizzare che il loro valore sarebbe affondato come il Titanic.

Cosa penseranno i clienti che hanno pagato un solitario sintetico 9.000 $ (contro i 12/15.000 dell’omologo naturale), che oggi lo vedono a 2.500 $ e che presto ne costerà 200?

Reciteranno un mea culpa perché hanno creduto ad una bufala, saranno soddisfatti di aver speso meno o se la prenderanno con il mercato?

I numeri del mercato

Dal crollo del Lockdown (20 marzo 2020) al massimo del 4 marzo 2022 i diamanti naturali hanno guadagnato, in media, oltre il 20% per poi perdere quasi il 13% dal picco a oggi.

Tuttavia la media del periodo resta positiva per circa il 7.87%. Ulteriori cali sono possibili ma credo che presto la situazione si stabilizzerà per riprendere il sentiero di crescita.

I diamanti sintetici sono usati in massa per gli accessori nell’abbigliamento, come lo sono stati gli Swarovsky anni fa.

Vengono comprati da clienti che, non potendo o volendo affrontare la spesa di una pietra naturale, anche di bassa qualità, preferiscono il più appariscente sintetico.

Infatti le pietre naturali di bassa qualità sono le più colpite in termini di prezzo.

La solidità dei diamanti naturali

Christies Cullinan Dream

Ho recentemente avuto la prova sia della solidità del mercato naturale che del caro prezzo che si paga se ci si affida a intermediari non professionali:

  • Una pietra, comprata nel lontano 1976 in Israele, certificata Top Wesselton / Vvs2 (F/G – Vvs2 secondo lo standard attuale), è risultata addirittura una E/Vvs2 ed è stata venduta in meno di due settimane con soddisfazione di tutte le parti.
  • Di tre pietre, comprate in banca, per circa 12.000 € due sono state vendute per 1.800 € e la terza non supererà i 2000 €. L’unico prezzo valido è quello di mercato.

Diamanti sintetici: quale futuro?

Personalmente non credo che i diamanti sintetici siano una bufala e neppure una rivoluzione.

Semplicemente sono un altro prodotto, che segue il suo ciclo di vita.

Ma su questo prodotto si sta speculando tantissimo in nome di un grande profitto a breve senza curarsi dei danni al mercato del naturale.

Non sembra neppure un cambiamento nelle abitudini di spesa, se non per la fascia di clientela che preferisce comprare una pietra (artificiale) più grande invece che naturale di qualità (e dimensione) inferiore.

In mezzo a questa lotta i diamanti rosa (e i fancy in generale) sembrano insensibili e proseguono sulla loro strada.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Diamanti russi

Diamanti russi 2.0

Lo scorso maggio avevo scritto un articolo sulla spinosa questione dei diamanti russi.

Dopo 4 mesi il mercato è cambiato molto ma non la situazione delle gemme russe.

Al solito l’occidente, bravissimo a strepitare, lo è meno ad agire, almeno fino a quando non viene toccato nel portafoglio.

Diamanti russi
La corona imperiale russa (Smolensk Diamonds company – photo by Shakko)

La situazione attuale

In teoria i diamanti russi sarebbero merce proibita ma, in realtà e con gli Stati uniti in testa, sono regolarmente venduti poiché gli Usa, anche se primi promotori delle sanzioni, non hanno mai chiarito le norme sanzionatorie.

Dopo aver inserito i diamanti russi nella “Specially Designated Nationals List” dell’OFAC (l’agenzia governativa Usa che si occupa di far rispettare le sanzioni contro quelli che ritiene i suoi “nemici”), poco o nulla si è mosso.

In Europa li abbiamo vietati, ma solo quelli tagliati sul nostro territorio.

Limitazione ridicola, visto che oltre il 90% dei diamanti mondiali è tagliato a Surat, in India, che delle sanzioni se ne interessa poco.

Le conseguenze sul mercato

Scarse, ma solo perché definirle nulle mi pareva brutto.

Cosa sono delle sanzioni che dovrebbero limitare il commercio di un bene se quel bene continua a essere commerciato senza problemi? Inutili? Ridicole?

Se vogliamo fare scelte morali allora dobbiamo accettare che queste avranno dei costi, e quei costi andranno pagati.

Un po’ come la telenovela dell’elettrificazione dei trasporti e dello stop ai motori a combustione interna dal 2035.

Giusto? Certamente ! Praticabile? Solo nel mondo dei sogni.

Intanto abbiamo consegnato il nostro futuro energetico in mano alla Cina (batterie, pannelli solari) e ci stiamo dando la zappa sui piedi con assurde limitazioni unilaterali ininfluenti in termini planetari.

Cosa accadrà

Fortunatamente i diamanti non provengono solo dalla Russia e, con un minimo di attenzione, se vogliamo li possiamo evitare.

In realtà non ho mai utilizzato merce russa, semplicemente perché o non corrispondeva al target della mia clientela o aveva un peggior rapporto qualità/prezzo rispetto ad altre fonti.

Dal 1 gennaio 2024 il Belgio vuole (o meglio, vorrebbe) introdurre un certificato di origine e un’analisi strumentale per escludere dal mercato i diamanti russi.

Tuttavia questa limitazione si applicherebbe solo alle pietre oltre il carato.

Ironico notare che la merce russa è mediamente inferiore al carato.

Il problema nascerà nei lotti: i pacchetti che, preparati per l’industria, sono composti da centinaia o migliaia di pietre che semplicemente non possono essere esaminate una per una.

Diamanti russi

Lo stesso problema era già sorto nel controllo dei diamanti sintetici nei lotti di diamanti naturali: una vera spina nel fianco!

Discutere di queste regole al G7, in un mercato già provato dalla crisi inflattiva, dalla crescita dei tassi e dalla concorrenza del sintetico (questo sarà l’argomento del prossimo articolo) porterà altra incertezza, non necessaria, e rischierà di affossare il mercato.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Inflazione

Tassi, inflazione e aspettative

Nel celebre film “Il diavolo veste Prada” una glaciale Meryl Streep, parlando di un servizio di moda, liquidava una collaboratrice con un lapidario “Floreale? Per la primavera? Avanguardia pura!”.

Negli anni è diventata una delle mie battute preferite per sottolineare cose ovvie o banali elevate al rango di idee innovative.

Proviamo ad analizzare una cosa ovvia e vediamo se nasconde informazioni importanti.

Inflazione e tassi oggi

La situazione dei tassi di interesse è sotto gli occhi di tutti (questo è stato il nono rialzo consecutivo) e chi paga un mutuo sa molto bene cosa questo significhi.

Anche se l’inflazione sta rallentando, pochi credono che i prezzi scenderanno grazie alla maggior propensione al risparmio prodotta dai tassi elevati a discapito dei consumi.

Molti in realtà credono che i prezzi resteranno alti.

Se andrà bene smetteranno di crescere o ripiegheranno leggermente ma non torneranno ai livelli precedenti.

Si consumerà certamente meno, semplicemente perché non si hanno risorse infinite e, ad un certo punto, si dice basta e si seleziona.

La reale fonte dell’inflazione

In pochi tuttavia si accorgono che la maggior componente dell’inflazione arriva dal lato dei servizi e non dei prodotti.

Le vacanze hanno dato l’ultima botta ai prezzi, in attesa del classico “autunno rovente”.

In questo contesto apparentemente ovvio ci vengono suggerite molte aspettative, dalle più rosee alle più cupe.

Chi suggerisce improbabili tetti ai prezzi (ovviamente partendo da ottobre, ad aumenti già ben consolidati).

Altri propongono la redistribuzione degli extra profitti (ma non hanno fatto nulla per bloccare gli aumenti insensati e ingiustificati che abbiamo subito da quasi due anni (tre se si considera solo l’energia).

Alcuni infine vedono una forte crescita dell’economia che ci permetterà di affrontare il maggior costo della vita.

La mia interpretazione

Quando non riesco ad individuare il futuro più probabile mi rivolgo al passato, in questo caso ai dati Istat sull’inflazione media negli ultimi 70 anni.

inflazione

Alla fine degli anni ’60 l’inflazione è passata da un 1.4% – 2.6% a circa un 5% dei primi anni ’70 per poi esplodere al 19.1% nel 1974 e toccare il 21.2% nel 1980.

Fortunatamente oggi la situazione è molto diversa.

Non si parla più di Italia e di Lira ma di Europa e di Euro, tuttavia mi ricordo gli effetti sui beni di investimento (case, oro, diamanti) e sulla borsa di un’inflazione così elevata.

Le case hanno triplicato i prezzi, idem hanno fatto i diamanti, l’oro è addirittura cresciuto di 17 volte, anche se all’epoca si potevano solo comprare monete d’oro e non lingotti.

Questa volta le cose andranno in modo diverso ma non vedere l’opportunità sarebbe un peccato.

Un possibile futuro

Le case hanno un carico fiscale ben diverso da quello degli anni ’80, gli investimenti in oro sono tassati (al 26% sia sul fisico che sul cartaceo), i diamanti continuano a essere esenti ma risentono maggiormente degli umori del mercato.

Ai clienti che vogliono investire nel mio settore suggerisco di acquistare o diamanti bianchi con particolari sconti oppure diamanti colorati, rosa soprattutto.

Comprare bene serve per ammortizzare eventuali cali nelle quotazioni massimizzando le possibilità di rivendita.

Acquistare un diamante colorato significa salire su un treno che, pur avendo quintuplicato i prezzi negli ultimi 15 anni, sembra avere ancora molta voglia di correre.

In questo caso il mio compito professionale è di razionalizzare l’acquisto eliminando la maggior parte possibile dei costi, accorciare la filiera e minimizzare il rapporto rischio-rendimento.

Come in tutti i settori il risultato lo potrà stabilire solo il mercato ma affrontarlo preparati e con le migliori armi è più “saggio”.

Nuovi servizi

Per eliminare un punto debole dell’investimento in diamanti sto trattando con un broker assicurativo per potervi offrire una polizza contro il furto, a prezzi competitivi, per i preziosi custoditi in cassaforte o in cassetta di sicurezza.

Al momento si parla di un capitale assicurabile tra i 5.000 e i 50.000 € ma sto lavorando per offrirvi polizze ad hoc per importi maggiori o per coprire i rischi fuori dalla cassaforte.

Alla classica domanda “Ma adesso dove li tengo?” rispondo sempre “in cassaforte o banca” e, fino ad ora, non potevo suggerire altre soluzioni.

Con la newsletter di agosto spero di darvi maggiori dettagli e costi precisi.

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Alla prossima,

Paolo Genta

diamanti sintetici

Nel torbido si pesca meglio

Questa splendida foto di Jens Cullmann, vincitrice nel 2022 del World Nature Photography Awards, sintetizza perfettamente cosa sta facendo De Beers oggi parlando di diamanti sintetici.

Lo scorso 23 giugno Il Sole 24ore ha pubblicato un articolo di Sissi Bellomo che titolava “I diamanti naturali deludono e De Beers ora promuove il solitario sintetico”.

È un titolo altisonante, solo parzialmente vero, che tuttavia non svela fatti ben più complessi.

Si inizia con l’affermazione che, a causa di crisi e inflazione, i diamanti sono in crisi, come dimostrato dal calo di circa il 20% dai massimi di febbraio 2022.

Peccato che il dato non sia esatto.

Come sono cambiate le quotazioni

La tabella che segue indica la variazione percentuale assoluta, divisa per classi di peso, tra l’11 febbraio 2022 e il 16 giugno 2023.

Nella colonna “Best” è indicata la variazione per le pietre di migliore qualità (colore da D a E e purezza da IF a VS2) mentre nella colonna “Tot” è indicata la variazione media dell’intera classe (colore da D a M e purezza da IF a I3).

CtBestTot
0,30 – 0,39-5,84%-9,98%
0,40 – 0,49-0,76%-7,27%
0,50 – 0,69-11,16%-13,80%
0,70 – 0,89-2,93%-6,99%
0,90 – 0,99-8,15%-7,46%
1,00 – 1,49-8,06%-9,46%
1,50 – 1,99-8,00%-7,03%
2,00 – 2,99-6,69%-6,26%
3,00 – 3,990,91%0,83%
4,00 – 4,992,96%4,40%
5,00 – 5,991,79%3,90%
10,00 – 10,992,12%3,08%

Come si nota si passa dal dato negativo peggiore (-13.80% per le pietre da mezzo carato) a diversi valori positivi con un +4.40% per le pietre da 4 carati.

Se però confrontiamo i prezzi con inizio 2020, ultimo dato significativo, ante covid, inflazione, crisi e guerra, le cose cambiano.

CtBestTot
0,30 – 0,39-3,73%-11,20%
0,40 – 0,491,71%-8,83%
0,50 – 0,69-4,05%-11,91%
0,70 – 0,890,69%-7,43%
0,90 – 0,993,39%-3,87%
1,00 – 1,495,05%-5,54%
1,50 – 1,9910,63%10,73%
2,00 – 2,998,97%13,41%
3,00 – 3,9910,39%17,09%
4,00 – 4,998,31%16,38%
5,00 – 5,997,26%18,32%
10,00 – 10,997,67%14,58%

Anche se le pietre da 30 e 50 punti hanno perso l’11-12% non si può ignorare la nutrita serie di performance positive, anche rilevanti.

Interessante poi notare come le pietre più piccole, inferiori al carato e mezzo, ma della selezione “Best”, si siano comportate meglio rispetto alle “colleghe” della stessa classe ma di qualità inferiore, da sempre considerate più facili e competitive.

Come manipolare i dati…

L’articolo prosegue cercando di dare l’idea che i diamanti creati in laboratorio stiano soppiantando quelli naturali, citando improbabili statistiche secondo le quali, numericamente, la metà circa dei diamanti venduti sono artificiali…

È vero che i diamanti sintetici si stanno diffondendo molto, specialmente nelle carature piccole usate per la gioielleria di largo consumo o per la bigiotteria di lusso e posso affermare che, numericamente, rappresentano oltre il 99% del mercato.

Basta considerare la vendita di 1 carato di pietre sintetiche da 1 punto (0,01 ct. l’una quindi 100 pietre) e di una pietra naturale da 1 carato: il sintetico rappresenterà oltre il 99% del mercato (100 pietre sintetiche su 101 totali) oppure il 50% se guardo il peso…

…e come interpretarli correttamente

Gli studi seri però valutano le vendite in base al valore.

Le 100 pietre sintetiche valgono meno di 400 $ complessivi mentre la pietra naturale da un carato ne vale 22.000 e, questa volta, il naturale rappresenta oltre il 98% del mercato!

Un’altra fonte citata afferma che in un anno le pietre da 1 ct. di qualità superiore alla media sono calate di quasi il 21%, passando da 6.700$ a 5.300$.

I diamanti che un anno fa costavano 6.700 $ sono gli I/SI1, quindi il minimo della fascia commerciale, non certo delle eccellenze!

I diamanti superiori alla media sono i G/VVS2 che nello stesso periodo sono calati di circa l’11%, passando da 11.700$ a 10.400$.

Confrontando questi valori con quelli di inizio 2020 si scopre che la pietra mediocre” costava 6.200$ mentre quella veramente superiore alla media quotava 9.500$.

Questo vuol dire che la mediocrità ha perso quasi il 15% mentre la qualità ha guadagnato oltre il 9%.

Citare numeri è facile come lo è creare false idee di un mercato quando non lo si conosce a fondo.

La vera questione, che l’articolo sfiora e poi trascura, è la posizione di De Beers su questo mercato.

Il reale interesse di De Beers per i diamanti sintetici

Con l’apertura del sito Lightbox, De Beers ha iniziato a proporre diamanti sintetici non solo come bigiotteria di lusso ma anche per gli anelli di fidanzamento fino a 2 ct.

Gli operatori percepiscono il cambiamento di rotta come un vero tradimento poiché dopo aver sempre negato la validità di questi prodotti adesso si è accorto che la torta è golosa e cerca di marginare il più possibile.

Purtroppo anche se i diamanti sintetici costano meno non costano poco: spendere 3-4-5000$ per una pietra artificiale da 2 ct. (anche se l’omologo naturale costa 5 o 10 volte tanto) non mi sembra un grande affare visto che il costo di produzione è in costante calo (dallo scorso anno si è più che dimezzato) ma non lo è il prezzo, tralasciando poi che nessuno mai me lo ricomprerà.

De Beers sta conducendo una geniale campagna di marketing partita con la garanzia di prezzi inferiori a 1000 $ per una gioielleria “facile”, senza certificazioni di sorta, per approdare ad un mercato completamente privo di sostanza ma ricco di fascino.

Oggi De Beers propone sintetici da migliaia di dollari, sia nella qualità “standard” che “finest”, tutti rigorosamente certificati e venduti come rare meraviglie anziché per quello che sono realmente: prodotti industriali, replicabili all’infinito, fino a saturazione del mercato.

Il vero volto dei diamanti sintetici

È il trionfo dell’apparire sulla sostanza. Non affermerò mai che ci si può fidanzare solo con un diamante naturale ma non accetterò che se si sceglie un simbolo per celebrare un’occasione allora sia legittimo usare una replica artificiale per spendere meno magari spacciandola pure per autentica.

Compleanni, anniversari, lauree, nascite, fidanzamenti, matrimoni sono solo alcuni dei momenti di una vita che posso decidere di celebrare e sono ovviamente libero di celebrarli come meglio credo.

Tuttavia se attribuisco un valore ad un simbolo, che sia un fiore, un diamante, un panino o uno sgabello allora quel simbolo deve essere autentico, il migliore possibile in base alle mie scelte e possibilità, non certo una copia dozzinale.

De Beers si sta comportando come il coccodrillo della foto, si è appostato in mezzo al fango che lui stesso ha creato in attesa di ghermire la preda.

Purtroppo la preda siamo noi: attirati dal risparmio non ci accorgiamo che paghiamo un falso 10 o 20 volte il suo costo.

I diamanti sintetici sono un ottimo prodotto ma non a questi prezzi e, soprattutto, non sono dei sostituti dei diamanti naturali, non sono eticamente superiori e neppure ecologici.

Queste affermazioni sono solo luoghi comuni usati per intorbidire l’acqua e prendervi all’amo.

Alla prossima,

Paolo Genta

Etica

Diamanti ed etica

L’etica, associata ai diamanti, è un argomento spinoso. Dibattuto da anni è diventato una specie di mantra fortemente distorto da posizioni partigiane.

Voglio essere molto chiaro, anche se rischio di essere brutale: i diamanti insanguinati” o “di guerra” esistono?

Sì, esistono.

Esattamente come esite il petrolio sotto embargo che consumiamo regolarmente grazie alla triangolazione di paesi compiacenti.

Come esiste il traffico di rifiuti che dalla raccolta finisce all’altro capo del mondo ad avvelenare intere popolazioni.

E come esistono mille altre attività illecite, fatte sulla pelle di innocenti, sulle quali sorvoliamo più o meno coscientemente.

Quindi? Al diavolo l’etica e facciamo finta di niente? Continuiamo a comprare diamanti per la loro bellezza e valore senza altre valutazioni?

No, assolutamente no!

I fatti dell’etica

Forse è ora di guardare alla realtà dell’industria dei diamanti.

Per vedere cosa è diventata grazie alle regole introdotte negli ultimi trent’anni e a cosa potrà diventare.

Molti colleghi parlano di “diamanti etici” solo per poterli vendere ad un prezzo maggiore, sorvolando sul fatto che i diamanti in commercio sono etici, per oltre il 97%.

Il rimanente 3% è, per la quasi totalità, rappresentato da diamanti di origine incerta, spesso perché venduti da produttori legittimi che però non aderiscono ai cartelli o alle associazioni internazionali.

Il Natural Diamond Council (NDC), precedentemente noto come World Diamond Council (WDC), è l’autorità che controlla globalmente la legalità del commercio, dalla miniera fino al mercato.

Attualmente sta negoziando un accordo con le otto maggiori aziende che tagliano e commercializzano diamanti per sopperire al bando del produttore russo Alrosa dal mercato e quindi per coprire il suo mancato apporto finanziario all’organizzazione.

Le azioni

Ma cosa fa realmente l’NDC?

Oltre a curare la correttezza della filiera si occupa di sfatare i miti e le fake news sui diamanti. Si occupa anche di promuovere una corretta redistribuzione degli utili di questa industria.

L’industria dei diamanti contribuisce attivamente al benessere di milioni di persone.

In India e Africa principalmente, tramite accordi che permettano uno sviluppo delle popolazioni che estraggono e lavorano i diamanti.

Il Lesotho, grazie alla partnership con il famoso gioielliere Graff, ha potuto realizzare opere (scuole, strade, ospedali, infrastrutture base) impensabili senza gli utili dei diamanti.

Surat, in India, è una piccola Svizzera rispetto al resto del paese, grazie all’industria del taglio di diamanti che lavora oltre il 90% delle pietre mondiali.

Il Botswana, che rappresenta il 25% della produzione mondiale. È passato da una quota le 15% nella società con De Beers nel 1969, al 50% nel 1974. Dal 1991 ha il quartier generale della società nella sua capitale

Oggi ha deciso di vendere il 90% dei propri diamanti direttamente. Lo ha potuto fare solo grazie ai frutti prodotti dai diamanti e agli accordi etici stipulati.

Il futuro

No, non è un’industria perfetta o meritevole del Nobel per la pace ma credo abbia fatto molto più per i paesi produttori di quanto abbiano fatto tante altre aziende delle quali non ci sogniamo di criticare i prodotti.

Certamente si può fare sempre meglio e da anni questa è la strada intrapresa.

Sarebbe bello riuscire a far vedere ai consumatori la parte etica di questa industria evitando che un vecchio luogo comune prosciughi una preziosa fonte di risorse per le popolazioni che si pensa di proteggere non acquistando diamanti.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Mistero

E a volte ritornano!

Svelato il mistero dello splendido diamante rosa da 13.15 ct, Fancy Vivid Pink, purezza Vvs1 che era sparito.

Stimato tra i 25 e i 35 milioni di dollari doveva essere il pezzo forte, lo scorso 6 dicembre, dell’asta di Christie’s a New York ma era stato ritirato dalla vendita senza spiegazioni.

Ne avevo parlato nel mio penultimo articolo, analizzando le diverse voci che circolavano su questa strana sparizione.

Come sempre la realtà supera la fantasia. Questa volta però si sono raggiunti livelli davvero incredibili.

Il mistero svelato

Si è appurato che questo splendido diamante faceva parte di una truffa da 90 milioni di dollari ai danni di un ricco cittadino del Qatar.

Mistero

Il magnate arabo aveva affidato ad un suo dipendente questo magnifico anello oltre a due diamanti gialli, un diamante bianco da 42 ct, una collana con circa 150 diamanti e altri pezzi minori.

Come da istruzioni il dipendente aveva poi consegnato il tesoro ad un consulente statunitense.

La barzelletta

Fin qui nulla di strano se non fosse che il professionista in questione si proponeva come “consulente psichico”.

La sua attività professionale era “purificare i gioielli dagli spiriti maligni”.

Il colpo di…fortuna

Incredibilmente pare che il consulente si sia appropriato del diamante rosa, cercando di venderlo all’asta tramite Christie’s, fornendo alla celebre azienda la documentazione che ne attestava il legittimo possesso.

Per fortuna il socio del proprietario arabo ha riconosciuto l’anello, avvisandolo prontamente. Lui, sorpreso dalla situazione, ha immediatamente denunciato i fatti all’Homeland Security americana.

Dopo una rapida indagine gli agenti hanno sequestrato la pietra direttamente presso la casa d’aste.

L’importanza della professionalità

Al momento sembra che Christie’s sia del tutto estranea alla truffa.

Anzi, proprio l’ampia pubblicità fatta all’anello ha reso possibile il suo riconoscimento e recupero prima della vendita.

Il mistero quindi non riguardava un lungimirante cliente che aveva fatto il colpaccio prima dell’asta e neppure riguardava il timore di un invenduto vista la frenetica corsa dei prezzi.

In realtà si trattava di una tentata truffa ai danni di un ricco magnate un po’ troppo superstizioso e decisamente poco cauto.

Se vi piacciono questi contenuti iscrivetevi alla mia newsletter, saprete così alcuni trucchi del mestiere per risolvere degli apparenti misteri di questo affascinante mondo.

Alla prossima,

Paolo Genta

Guerra e Pace

Guerra e diamanti

La questione dei diamanti di guerra non è mai stata più attuale.

Nei decenni passati si è lavorato molto per debellare questa piaga dal mercato delle gemme.

Grazie al Kimberley Process, l’accordo internazionale che blocca il commercio dei diamanti che arrivano dalle zone di guerra, il 99,8% dei diamanti in commercio è etico.

Il problema però, proprio come il diavolo, si nasconde nei dettagli.

Cosa fare se i diamanti non arrivano da una zona di guerra ma uno dei belligeranti ne è un grosso produttore?

Come comportarsi quando la situazione è più intricata del proverbiale “nodo di Gordio”?

A mio parere basta seguire lo spirito dell’accordo

e non barricarsi dietro la lettera delle disposizioni.

L’idea che ha ispirato questo accordo è semplice. I soldi spesi per un bene non devono alimentare guerre, sfruttamenti o sofferenze nei paesi dai quali questi beni provengono o sono lavorati.

Per quanto possa sembrare utopistica questa è un’idea che dovrebbe essere applicata in tutti i campi dell’economia e della finanza.

Questo però ci porterebbe a riconoscere una triste realtà: il benessere del quale godiamo è in parte fondato sulla sofferenza di qualcun altro.

Se applicassimo coerentemente i principi morali dovremmo smettere di acquistare gas, petrolio, legname e diamanti dalla Russia, importare materie prime dall’Africa, rinunciare a produrre in Cina e in estremo oriente.

La cosa sarebbe semplicemente impossibile. Quindi, prima di giudicare, dovremmo analizzare le nostre reali possibilità di azione. Qual è il prezzo che siamo veramente disposti a pagare in nome dei principi che vogliamo difendere?

I diamanti di guerra sono stati una grossa minaccia per il mercato, sia sul fronte etico che commerciale.

Scoperti dal pubblico solo nel 2006 grazie al film di Edward Zwick con Leonardo DiCaprio erano già nel mirino delle autorità e delle industrie da molti anni.

I primi accordi risalgono al 2000 e sono diventati operativi nel 2002.

Oggi il conflitto tra Russia e Ucraina ci pone di fronte a nuove scelte.

La lettera delle disposizioni internazionali vieta la commercializzazione delle pietre scavate e tagliate in Russia, mentre nulla dice delle gemme scavate in Russia ma lavorate altrove.

Personalmente trovo ridicola questa normativa, specialmente se penso che l’80 90% di tutti i diamanti estratti è tagliato in India, nel distretto di Surat!

Come in molti altri settori le sanzioni contro la Russia hanno lasciato spiragli per aggirarle grandi come portoni.

Fortunatamente il commercio dei diamanti pare stia

seguendo più lo spirito che la lettera delle disposizioni.

Praticamente tutti i marchi famosi hanno interrotto sia le vendite in Russia sia gli acquisti delle loro gemme, indipendentemente da dove sono state tagliate.

I grossisti che trattavano pietre russe sono stati isolati e potranno rivolgersi al solo mercato interno.

Non che questo faccia una sostanziale differenza nel conflitto o eserciti chissà quale pressione ma, almeno questa volta, il comportamento dell’economia mi sembra coerente con i principi e non succube del solo interesse economico.

Un altro aspetto molto interessante è l’andamento dei prezzi dei diamanti.

Nello scorso articolo vi dicevo che gli ultimi aumenti non erano correlati con la guerra, dopo oltre un mese di conflitto posso confermare questa notizia.

Gli aumenti ci sono stati, ma sin dallo scorso anno e sono stati causati dall’aumento della domanda, non dalla speculazione.

Nelle ultime tre settimane non solo i prezzi di listino sono rimasti stabili ma a il prezzo del grezzo è leggermente calato.

Calo fisiologico dovuto alla riduzione della domanda dopo i consistenti acquisti dei mesi passati per aumentare le scorte.

Come ho affermato più volte un bene è considerabile un rifugio di valore solo se non ha quotazioni troppo ballerine e se il suo trend non replica le fibrillazioni del mercato.

A quanto pare i diamanti stanno rispettando queste regole, confermandosi tra i migliori beni rifugio.

Se volete capire meglio i dettagli del mercato delle pietre preziose iscrivetevi alla mia newsletter.

Garantisco informazioni verificate e offerte riservate, molto interessanti.

Alla prossima,

Paolo Genta

Economia di guerra

Economia di guerra

L’economia di guerra era un argomento che mi andava benissimo relegato nei libri che ho letto.

Non che nel corso della mia vita siano mancate le opportunità di vederla dal vivo, anche molto più vicina a noi di quanto non sembri quella Ucraina (ricordate la Jugoslavia?) ma sinceramente mi illudevo che la specie umana avesse imparato qualcosina in più.

Provando a fare l’impossibile, cioè non considerare per un attimo la tragedia umana che si sta consumando, svariate sono le considerazioni da fare sul nostro comportamento.

Nei mesi passati avevo scritto molto sul ritorno dell’inflazione anche se certo non pensavo che una delle cause sarebbe stata una guerra. Tuttavia adesso è qui e dobbiamo farci i conti.

La situazione geopolitica è stata solo il detonatore, i segnali erano già presenti ben prima del precipitare degli eventi.

La ripartenza ha aumentato la domanda di prodotti e servizi, le norme sanitarie hanno ostacolato le forniture di alcuni beni e la follia di questo conflitto poi è stata la proverbiale goccia ma siamo noi i veri maestri nel crearci situazioni impossibili.

I folli rincari di molti beni hanno pochi fondamenti nella realtà e moltissimi nella speculazione.

Economia e finanza

Se da un lato i mercati finanziari sono vitali per il nostro mondo in alcuni casi diventano letali.

Se in borsa si scambiano prodotti per decine o centinaia di volte il reale fabbisogno della merce che rappresentano allora qualcosa non torna.

Come per l’oro: se la quotazione dovesse rispecchiare il valore degli strumenti finanziari che lo rappresentano, sarebbe di 65.000 €/gr e non 60!

Se valutiamo quindi gli aumenti di petrolio, gas e energia in base ai movimenti finanziari la questione inizia ad assumere nuovi contorni.

La finanza è una formidabile alleata dell’economia reale, sono sinergiche e inseparabili ma, quando va fuori controllo, rischia di annientarla.

Purtroppo siamo bravissimi a lamentarci degli aumenti ma non altrettanto a cercare alternative o a ostacolarli.

Non sempre è possibile evitarli, ma spesso li accettiamo per lamentarci solo dopo.

Speculazione

Ricordiamoci anche che la finanza non è l’unica responsabile dell’esplosione dei prezzi in realtà siamo noi a voler speculare.

Mi è successo giusto pochi giorni fa: per un lavoro a casa ho chiesto a un rivenditore il preventivo per due bancali di materiale.

Fatte le opportune verifiche e preparato il lavoro in fase d’ordine, una settimana dopo, mi è stato chiesto il 22% in più, con la motivazione che tutto cresce, che con il 110% non si trova nulla e che la guerra fa crescere i prezzi.

Dopo un attimo di sorpresa ho chiesto se fosse uno scherzo e dopo poche battute ho chiuso la telefonata.

Ho rinunciato al lavoro? No, ho acquistato lo stesso materiale dal produttore per il 4% in meno del primo preventivo senza alcun problema.

Certo è stato più scomodo andarlo a ritirare ma non si può sempre accettare ogni vessazione.

Perché più che in economia di guerra dovremmo renderci conto che viviamo da anni in regime di guerra economica.

Soluzioni

Non si può sempre delegare tutto, produrre dove costa meno, vendere con margini folli e poi stupirci quando il giocattolo si rompe e restiamo a bocca asciutta.

Non sono per l’autarchia, vivo e lavoro collaborando con moltissime persone ma non perseguo esclusivamente il massimo guadagno, il mio obbiettivo come azienda è la massima resilienza.

Trovare validi partner nel mio settore è molto difficile, dopo vent’anni di attività si contano sulle dita di una mano ma non sono unici, mai.

Deve sempre esistere un piano B e, possibilmente, anche un piano C.

Solo così si ha una buona possibilità (non la certezza) di sopravvivere alle crisi di mercato e crescere.

Come mi diceva un serio professionista della consulenza finanziaria indipendente se si opera senza la giusta disciplina si è sempre rischiato di farsi male, oggi si rischia il tracollo.

Non si corre dietro al mercato, nel mare in tempesta si tiene la barra ben salda perché i movimenti inconsulti solitamente portano al naufragio.

Potrei sintetizzare tutte queste considerazioni, applicandole al mio lavoro, dicendo:

“Non comprate diamanti perché c’è la guerra,

comprateli perché sono un ottimo investimento”.

In tempi non sospetti vi parlavo dell’aumento delle quotazioni dei diamanti, la piacevole sorpresa è stata verificare che gli aumenti sono scarsamente correlati con la situazione geopolitica.

I prezzi salgono perché sale la domanda, non perché sono impazziti gli strumenti finanziari sui diamanti (strumenti che ,fortunatamente, non esistono…).  

Specialmente nei momenti di crisi si deve mantenere la lucidità, solo così si può tracciare e mantenere la rotta che ci permette di superare la tempesta.

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Alla prossima,

Paolo Genta