Diamanti ed etica
L’etica, associata ai diamanti, è un argomento spinoso. Dibattuto da anni è diventato una specie di mantra fortemente distorto da posizioni partigiane.
Voglio essere molto chiaro, anche se rischio di essere brutale: i diamanti “insanguinati” o “di guerra” esistono?
Sì, esistono.
Esattamente come esite il petrolio sotto embargo che consumiamo regolarmente grazie alla triangolazione di paesi compiacenti.
Come esiste il traffico di rifiuti che dalla raccolta finisce all’altro capo del mondo ad avvelenare intere popolazioni.
E come esistono mille altre attività illecite, fatte sulla pelle di innocenti, sulle quali sorvoliamo più o meno coscientemente.
Quindi? Al diavolo l’etica e facciamo finta di niente? Continuiamo a comprare diamanti per la loro bellezza e valore senza altre valutazioni?
No, assolutamente no!
I fatti dell’etica
Forse è ora di guardare alla realtà dell’industria dei diamanti.
Per vedere cosa è diventata grazie alle regole introdotte negli ultimi trent’anni e a cosa potrà diventare.
Molti colleghi parlano di “diamanti etici” solo per poterli vendere ad un prezzo maggiore, sorvolando sul fatto che i diamanti in commercio sono etici, per oltre il 97%.
Il rimanente 3% è, per la quasi totalità, rappresentato da diamanti di origine incerta, spesso perché venduti da produttori legittimi che però non aderiscono ai cartelli o alle associazioni internazionali.
Il Natural Diamond Council (NDC), precedentemente noto come World Diamond Council (WDC), è l’autorità che controlla globalmente la legalità del commercio, dalla miniera fino al mercato.
Attualmente sta negoziando un accordo con le otto maggiori aziende che tagliano e commercializzano diamanti per sopperire al bando del produttore russo Alrosa dal mercato e quindi per coprire il suo mancato apporto finanziario all’organizzazione.
Le azioni
Ma cosa fa realmente l’NDC?
Oltre a curare la correttezza della filiera si occupa di sfatare i miti e le fake news sui diamanti. Si occupa anche di promuovere una corretta redistribuzione degli utili di questa industria.
L’industria dei diamanti contribuisce attivamente al benessere di milioni di persone.
In India e Africa principalmente, tramite accordi che permettano uno sviluppo delle popolazioni che estraggono e lavorano i diamanti.
Il Lesotho, grazie alla partnership con il famoso gioielliere Graff, ha potuto realizzare opere (scuole, strade, ospedali, infrastrutture base) impensabili senza gli utili dei diamanti.
Surat, in India, è una piccola Svizzera rispetto al resto del paese, grazie all’industria del taglio di diamanti che lavora oltre il 90% delle pietre mondiali.
Il Botswana, che rappresenta il 25% della produzione mondiale. È passato da una quota le 15% nella società con De Beers nel 1969, al 50% nel 1974. Dal 1991 ha il quartier generale della società nella sua capitale
Oggi ha deciso di vendere il 90% dei propri diamanti direttamente. Lo ha potuto fare solo grazie ai frutti prodotti dai diamanti e agli accordi etici stipulati.
Il futuro
No, non è un’industria perfetta o meritevole del Nobel per la pace ma credo abbia fatto molto più per i paesi produttori di quanto abbiano fatto tante altre aziende delle quali non ci sogniamo di criticare i prodotti.
Certamente si può fare sempre meglio e da anni questa è la strada intrapresa.
Sarebbe bello riuscire a far vedere ai consumatori la parte etica di questa industria evitando che un vecchio luogo comune prosciughi una preziosa fonte di risorse per le popolazioni che si pensa di proteggere non acquistando diamanti.
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Alla prossima,
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