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Sanzioni 3.0: capitolo finale?

Le sanzioni occidentali contro i diamanti russi finalmente potrebbero ottenere un effetto combinato.

Ma non contro la Federazione Russa, bensì contro chi le ha imposte.

Potrebbero affossare l’industria dei diamanti in occidente causando, in contemporanea, un consistente aumento dei prezzi.

Dopo una prima fase poco più che simbolica si è passati  a sanzioni draconiane (per le pietre oltre il carato).

Montagne di documentazione, dubbi sul tipo di controlli richiesti e scarica barile tramite autocertificazioni hanno creato non pochi ingorghi sul mercato.

Le novità

In sintesi, dal primo gennaio 2024 è richiesta la prova fisica che i diamanti venduti non siano di provenienza russa. Tuttavia non è stato specificato in modo univoco come provarne l’origine.

Nel tempo necessario per capirlo si sono intasati i laboratori, è rallentata moltissimo la filiera e sono state firmate montagne di documenti per attestare, sotto la propria responsabilità penale, che i diamanti non fossero russi.

Tuttavia i profitti di Alrosa (l’azienda che produce i diamanti russi) nel 2023 sono addirittura cresciuti!

Questo non solo perché, grazie alla triangolazione su Dubai, i diamanti arrivano ancora in occidente ma soprattutto perché il G7 rappresenta meno del 10% della popolazione mondiale.

Cina e india, da sole, ne rappresentano oltre il 35% e questo la dice lunga sul peso che abbiamo sullo scacchiere mondiale.

Dal primo settembre, le sanzioni si applicheranno a tutte le pietre oltre il mezzo carato.

Questo sarà un evento molto importante perché riguarderà praticamente la totalità del mercato finale.

Le conseguenze

Verranno al pettine i problemi riguardo le analisi fisiche per garantire la provenienza e la quantità di carta da produrre crescerà ulteriormente.

Temo che la carta servirà solo per scaricare le responsabilità lungo la catena di approvvigionamento.

Naturalmente i costi saranno rilevanti e i prezzi ne rifletteranno gli aumenti.

Tutti, dagli analisti agli addetti ai lavori e al mercato stesso, se li aspettano in consistente crescita.

Questo potrebbe essere il detonatore che spaccherà il mercato: uno, di fascia alta, che si rivolgerà solo alle pietre naturali e uno di fascia bassa, che ripiegherà sulle pietre sintetiche.

Photo courtesy: Christie’s – The art of De Grisogono

I gioielli sono prodotti di lusso e i clienti che li vogliono pretendono sostenibilità, trasparenza ed etica: questo sarà un rischio ma anche un’opportunità.

Inutile nascondersi dietro ad un dito, siamo alla vigilia di un cambiamento radicale che aumenterà ancora la differenza tra le classi sociali.

I costi cresceranno e l’aumento sarà scaricato sui prezzi poiché negli ultimi due anni l’industria ha già assorbito molti rincari e oggi i margini di manovra si sono esauriti.

Questo purtroppo renderà i diamanti naturali meno accessibili per molti.

Ci saranno diamanti controllatissimi, praticamente con il pedigree, ma riservati ha chi potrà pagarne il prezzo e diamanti sintetici che, pur non avendo valore intrinseco, daranno l’illusione di avere un gioiello unico.

Alternative e soluzioni

Personalmente mi baso sulla ciclicità del mercato.

Se da un lato mi fa sorridere che ci siano voluti due anni e mezzo per imporre sanzioni che danneggiano più il mercato che l’economia russa, dall’altro so che esistono meravigliose pietre, diverse e anche più emozionanti dei diamanti, che non sono coinvolte in tutte queste vicende.

Ne ho parlato qualche tempo fa, se volete rifarvi gli occhi con le meravigliose alternative disponibili seguite i link:

Tanzanite
Tanzanite: il colore del sogno
Tsavorite garnet
Tsavorite: il tesoro perfetto di un romanzo di avventura
Padparadscha 28.04 Christies's 11_2017
Zaffiro Padparadscha

Smeraldo Maximilian
Verde smeraldo

Se invece siete innamorati esclusivamente dei diamanti non resta che acquistarli prima di settembre oppure accettare i nuovi prezzi.

Anche se costosa resta poi valida la scelta di puntare sui diamanti colorati.

In ogni caso ricordiamoci che anche se la guerra in Ucraina prima o poi finirà (e speriamo per il “prima”) ben difficilmente i prezzi faranno marcia indietro.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Valore

Il valore di un oggetto prezioso: come saperlo?

Molti possono essere i motivi che ci portano a voler sapere il valore di un oggetto prezioso:

  • Il desiderio di assicurarlo.
  • Una ripartizione tra eredi o tra i figli.
  • La volontà di venderlo.
  • Un rimborso dopo un furto in banca.

Cosa si intende per valore

Valore
Braccialetto Tennis con diamanti naturali

Lo scoglio più grande è capire cosa si intende per “valore”.

Per il cliente spesso comprende anche il valore affettivo, certamente rilevante e degno di rispetto ma, purtroppo, esclusivamente personale.

Poi c’è la tipica valutazione basata sul “quanto l’ho pagato” e anche questa può essere fuorviante.

Ne parlavo già nel 2017 nell’articolo “Il valore del cliente perfetto” dove affrontavo lo stesso argomento da un diverso punto di vista.

Per capire meglio la differenza tra prezzo e valore basta pensare al prezzo di vendita di un qualunque capo griffato se confrontato con il suo costo di produzione.

Pur considerando una lauta e legittima remunerazione per la filiera spesso il prezzo è molte volte superiore al costo (occasionalmente anche decine di volte).

Il valore del marketing

È successo anche nel mio settore: alcuni anni fa delle procaci ballerine, rese famose da una nota trasmissione satirica di Canale 5, hanno fatto da testimonial ad una nota casa di gioielli in acciaio.

Tutto perfettamente legittimo e molti hanno acquistato questi oggetti pubblicizzati come gioielli.

Anni dopo alcuni si sono rivolti a me per venderli e la delusione è stata grande: a fronte di un prezzo pagato di molte centinaia di euro la perizia spesso non raggiungeva i 50 euro.

Perizia e valutazione sono termini spesso usati in modo improprio da chi vuole sapere il valore dei preziosi.

Facciamo chiarezza

Diamo qualche noiosa definizione tecnica:

  • La perizia è un processo, dettagliato e complesso, che analizza tutte le componenti di un oggetto prezioso per determinarne, secondo criteri oggettivi, un valore di mercato.
  • La valutazione invece serve per determinare un prezzo massimo, minimo o anche solo sperato, al quale vendere un oggetto.

Un semplice esempio: un diamante può avere un valore di stima di 10.000 €.

Ma può essere valutato anche 15/20.000 € se si pensa ad un’asta o se lo si vuole comprare in un negozio.

Può anche arrivare a 100.000 € se, per esempio, è un oggetto da collezione appartenuto ad un personaggio famoso!

Perché tutta questa differenza?

È la somma di servizi, utile e tasse, tranne che per gli oggetti da collezione dove vigono regole e follie diverse.

Facciamo un calcolo a ritroso: abbiamo comprato il diamante dei nostri sogni in un negozio a 20.000 € ma, dopo l’acquisto decidiamo di sottoporlo a perizia e scopriamo che il valore è la metà.

Tolta l’iva il prezzo scende a poco meno di 16.400 €, tolte le tasse sull’utile (per comodità sogniamole solo al 50%) restano 13.200 €: 10.000 per il fornitore (e ricomincia il calcolo a ritroso) e 3.200 di utile per l’ultimo venditore.

Cosa ne pensate?

È tanto, poco, giusto?

  • Per il fisco vuol dire che il venditore ha evaso il 6.800 €: non ridete, dopo esserci passato posso garantirvi che è così e che c’è solo da piangere.
  • Per il cliente dell’esempio è da ladri: “Io, con i Btp, guadagno il 3-4% lordo in un anno e tu, in 10 minuti, oltre il 30%? Sì, mi è stato detto anche questo.
  • Sempre per il cliente, ma da venditore dell’oggetto, magari ereditato: “allora se la stima è 10 e in gioielleria si vende a 20 “noi vendiamolo a 19 e siamo a posto”.

In quest’ultimo caso nascono le situazioni più interessanti: Ma “Noi” i “19” come ce li spartiamo?

Li vuoi tu o è previsto anche qualcosa per me che ho “solo” la struttura, l’esperienza e il cliente?

Cito una risposta che mi è stata data: “ma sì dai, facciamo 20 così un millino esce anche per te! E non mi dire che farai veramente la fattura”!

Inutile dire che non ho trattato la vendita, salvo poi rivedere tempo dopo lo stesso oggetto in mano al nuovo proprietario che lo aveva acquistato per 9.500 €.

Soluzione

Prima si deve decidere cosa si vuole fare e poi si può scegliere tra perizia e valutazione.

Per esperienza nel 99% dei casi la perizia è l’unico valore corretto da considerare:

  • È l’unico accettato dalle assicurazioni, sia in stipula che in rimborso e spesso vale più della fattura di acquisto.
  • È il valore più sensato per non farsi illusioni sul quanto si può realizzare.
  • È il giusto valore anche tra eredi e, se usato insieme alla sacra regola che “uno fa le parti e l’altro sceglie”, evita qualunque discussione.
  • Permette di ripartire equamente i beni tra i figli.

Nel rimanente 1% dei casi aggiungo alla perizia una mia valutazione sull’eventuale surplus realizzabile e in quali condizioni.

Sembra scontato dirlo ma è importante che le perizie siano effettuate prima dell’evento che le richiede!

Perché fare perizie su oggetti che non si hanno fisicamente in mano è difficile, a volte impossibile.

Quindi, anche se ha un costo, è indispensabile far periziare gli oggetti prima dell’eventuale furto per il quale si richiede il rimborso, magari ad una banca che farà di tutto per limitare le perdite.

Sono a vostra disposizione sia per perizie che per valutazioni, e grazie alla rete di collaborazioni costruita negli anni posso curare per voi anche le perizie presso i laboratori più quotati al mondo.

Tutto il percorso inizia sempre nello stesso modo: una vostra telefonata per fissare un appuntamento, magari con un caffè, per parlare della strada migliore per ottimizzare costi e benefici in base alle vostre esigenze.

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Alla prossima,

Paolo Genta

De Beers

De Beers in vendita: vero, falso, ma soprattutto perché?

Questa volta i protagonisti sono De Beers e la sua parent company Anglo American.

Negli anni molte volte si è parlato di una possibile vendita di De Beer, da parte di Anglo American.

Le motivazioni sono state le più disparate:

  • per far cassa
  • per ristrutturare un settore non più strategico
  • per non affrontare le cicliche crisi di domanda e offerta del settore dei diamanti
  • per scappare da un settore definitivamente compromesso dai diamanti sintetici

A rendere ancora più nebulosa la situazione Anglo American ha ricevuto, pochi giorni fa, una curiosa offerta di acquisto: ben 36 miliardi di euro da parte di BHP, un colosso minerario a livello planetario.

L’offerta è stata rifiutata sdegnosamente dichiarando che sottovalutava pesantemente il reale valore di Anglo American.

Questo anche se rappresentava un premio del 31% rispetto all’ultima chiusura di borsa e del 78% rispetto al valore medio degli ultimi 90 giorni.

Che però l’offerta fosse bassa lo si poteva intuire dal balzo del 13% che BHP ha fatto in borsa dopo l’annuncio dell’offerta!

Un balzo che, in termini di capitalizzazione, vale ben 30 miliardi di sterline!

Perché se ne riparla

Le voci per la vendita di De Beer sono tornate recentemente alla ribalta.

Molti si chiedono se il calo dei prezzi del 2023 sia stato solo l’ennesimo ciclo, già visto più volte, oppure se sia il primo segnale di un futuro crollo dovuto all’avvento del sintetico.

Dubbi legittimi, specialmente se si ricorda che a febbraio Anglo American ha svalutato di 1,56 miliardi di dollari il valore contabile di De Beers.

De Beers
De Beers Exceptional Blue Collection

Questa visione stride con il calibro dei potenziali acquirenti: fondi sovrani e grandi case del lusso.

Mi sembra che queste entità economiche non siano proprio facili da raggirare e che investano solo in settori ampiamente remunerativi.

Basta guardare le performance stellari del gruppo LVMH, giusto per citare il più famoso. Ogni acquisto che ha effettuato si è trasformato in un grande successo.

La mia opinione

A mio modestissimo parere sembra che Anglo American voglia togliersi dai piedi tutti i conflitti aziendali che hanno afflitto De Beers in questi anni. Anche a costo di rinunciare (in cambio di una montagna di soldi) a corposi utili.

Perché in effetti De Beers sta litigando un po’ con tutti.

Litiga con il Botswana per gli accordi minerari, con i Sightholders che lavorano in perdita e con giganti come HB (forse il maggiore grossista di diamanti di Anversa).

Per la cronaca: De Beers è controllata al:

  • 45% da Anglo American
  • 40% da Central Holdings (controllata a sua volta dalla famiglia Oppenheimer, fondatrice nel 1917 di Anglo American)
  • 15% dalla Repubblica del Botswana.

De Beers e il mercato

Comunque, pur in mezzo a tutte queste incognite, De Beers continua a restare fedele alla sua tradizione di regolatore del mercato.

Dopo aver analizzato le condizioni economiche mondiali la sua risposta a guerre, tassi, borse da record e agli elevati stock dei grossisti è stata di ridurre la produzione di 3.000.000 di ct.

Questo vuol dire che nel 2024 estrarrà “solo” tra 26 e 29.000.000 di carati invece dei previsti 29/32.000.000. Si tratterà comunque di un ribasso attorno 10%!

Questa operazione servirà non tanto a evitare cali di prezzo piuttosto permetterà al mercato di riassorbire il surplus generato nei mesi passati.

Pink Jubilee

Scenari futuri: De Beers e non solo

Come sempre non ho la sfera di cristallo. Posso solo basarmi sui segnali di mercato e sulle informazioni disponibili.

Sembra che il mondo del diamante sia sotto attacco su più fronti. Molti pensano addirittura che i topi stiano abbandonando la nave prima del proverbiale naufragio.

Tuttavia mi sembra assurdo dare per spacciato un settore nel quale sono stati investiti decine di miliardi di dollari e che ne vale circa 100 (solo per la parte lusso)!

Le ristrutturazioni aziendali sono sempre esistite, e a volte anche delle grandi aziende muoiono ma quasi mai è il settore a sparire.

Cosa dire, per esempio, del fatto che mentre l’oro è ai suoi massimi storici molte miniere siano in vendita? Chi mai venderebbe una miniera quando il metallo costa oltre 70 €/g? L’oro sta forse per non valere più nulla?

Anche se De Beers dovesse sparire non è affato detto che spariscano i diamanti: le miniere continuano ad esistere e le gemme continuano ad essere desiderate.

Certamente si dovranno valutare le conseguenze sui prezzi ma credo che l’eventuale assenza di un gigante come De Beers porterà a un sano riaggiustamento del mercato, a vantaggio della merce di qualità.

Sarà un caso che da tempo indirizzi i miei clienti verso i diamanti colorati oppure su pietre bianche con sconti importanti?

Mentre i diamanti colorati sono immuni a queste vicende quelli bianchi, se comprati bene, vi permetteranno di attendere l’esito del conflitto senza troppi rischi e senza aver rinunciato ad un’opportunità.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Diamonds & chocolate

Diamanti e cioccolato sono un’accoppiata inconsueta, tranne quando si incontrano all’interno della stessa famiglia.

Se state leggendo questo articolo è abbastanza evidente quale sia il mio lavoro. Quello che non potete sapere è che mia moglie lavora presso un importatore del “cibo degli Dei”, il cioccolato!

I nostri amici hanno sempre scherzato su questa strana coppia di lavori, tanto che, quando ho aperto la mia azienda, uno dei nomi in ballo era proprio “Diamonds & Chocolate”.

Siccome non opero negli States ma in Italia, dove le regole sul commercio dell’alimentare sono molte e complesse, ho preferito non causare dubbi e optare per Coronado, in omaggio al parco naturale a Sud Est di Tucson dove ho deciso di svolgere questo lavoro.

Il cioccolato però è rimasto sempre nell’aria, solitamente come regalo per i miei clienti, a volte come caso di studio.

E proprio come caso di studio lo userò oggi.

Sul mercato dei derivati la materia prima, il cacao, è arrivato a costare quasi 10.000 $ a tonnellata, ben più del rame.

Se consideriamo che lo scorso anno era già cresciuto del 70% e da gennaio ha guadagnato un altro 135% è facile intuire che natura (pessimi raccolti) e speculazione (che tanto ha fatto lo scorso anno) non sono i soli responsabili.

La cosa incredibile è che questo rialzo sembra auto alimentarsi senza alcuna ragione apparente.

Le vere ragioni di questo rialzo forse sono nascoste nella miscela esplosiva di:

  • condizioni climatiche (pessime)
  • funghi e parassiti (in abbondanza e assai dannosi)
  • speculazione (tanta)
  • maldestri tentativi di molti operatori di lucrare sulla situazione (avidità)
  • domanda finale (rinuncereste mai all’uovo a Pasqua?).

Proprio come nella “tempesta perfetta” a volte molte cause si incontrano, nella giusta sequenza e intensità per generare un disastro.

La reazione di una parte del mercato è di rivolgersi ai surrogati per risparmiare sul cacao, un po’ come ha fatto Pietro Ferrero nel 1946 inventando la Nutella: il cacao scarseggiava ed era caro quindi vai di nocciole! Il resto è storia.

Temo che oggi si andrà su ben altri surrogati e che il gusto al quale sono affezionato diventerà, purtroppo, sempre più raro.

Ma cosa centra l’amato cioccolato con i diamanti? Più di quanto ci si possa aspettare, se non altro per le dinamiche.

Se da un lato è vero che i diamanti non si coltivano (almeno quelli naturali) dall’altro tra l’embargo alla Russia (primo produttore mondiale), l’ammodernamento degli impianti estrattivi e l’esaurimento di molte miniere l’offerta si è contratta ai livelli del 2009, con un calo di oltre il 30% rispetto al picco del 2017.

È anche vero che dopo gli aumenti record del biennio 2021/2022 i prezzi hanno ripiegato ma principalmente per i diamanti bianchi.

Cioccolato e diamanti

I diamanti rosa, per esempio, dal 2000 hanno visto crescere le loro quotazioni del 500%.

Cioccolato e diamanti
Courtesy of Sothebys
Ct.133.03, Fancy Vivid, Vs2

I diamanti gialli, ormai dati per giunti al capolinea della loro corsa, sono di nuovo sotto i riflettori.

Cioccolato e diamanti
The Cullinan Blue – Ct. 15.10

Dei diamanti blu meglio non parlare: sono saliti su un razzo molti anni fa e sono inavvicinabili, a meno di avere un budget decisamente molto elevato (si parla di centinaia di migliaia di euro, come minimo, per una pietra appena valida).

Nel mercato dei diamanti sembra quindi che le tensioni si esprimano più con una rotazione tra i diversi settori piuttosto che con una fiammata dei prezzi.

Come per il cioccolato anche qui speculazione e scelte sbagliate hanno lasciato il segno: abbagliate dalla fiammata post covid molte aziende sono cresciute troppo, spesso contraendo debiti con le banche.

L’incertezza economica derivata dal costo dell’energia e dai tassi (per tacere del resto) è stata la classica ciliegina: improvvisamente il giocattolo si è rotto e la giostra si è fermata.

O forse no?

La domanda per la gioielleria classica si è ridotta molto mentre quella per le pietre particolari è addirittura cresciuta.

Si parla di una nuova attenzione dei clienti che, pur cercando pietre che possano diventare gioielli gradevoli, sono molto sensibili all’aspetto investimento.

Gli operatori aspettano che l’onda passi ma quelli più attenti individuano le occasioni da cogliere oggi.

Le fasi di mercato non sono una novità, per moltissime ragioni sono connaturate con il comportamento umano. L’importante è non fissarsi ma perseguire i propri obbiettivi con la giusta flessibilità.

Non esistono solo i diamanti bianchi, tagliati a brillante: esistono altri colori e altri tagli, tutti bellissimi.

Un ulteriore vantaggio dei tagli diversi dal rotondo è che hanno un listino a parte, inferiore anche del 40% rispetto a quello per i tagli brillante.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Opportunità

Cicli di mercato, bolle e opportunità

Che i mercati si muovano secondo cicli è cosa ampiamente nota. Le bolle speculative invece, così come le opportunità, a volte si riconoscono solo a posteriori.

Neppure il settore dei preziosi si sottrae a questa regola non scritta.

Circa 15 anni fa il mercato ha spostato i suoi riflettori dalle pietre colorate ai diamanti, prima su quelli bianchi, poi su quelli colorati.

Opportunità
Foto: Sotheby’s – ct. 102.39 D/Fl

In effetti è stata colta una grossa opportunità visto che il colore aveva fatto molta strada e i diamanti promettevano performance notevoli.

Il tempo ha dato quasi interamente ragione a questa visione ma la pandemia ha creato una situazione particolare.

I diamanti bianchi hanno fatto un percorso da manuale. Dopo i record di prezzo post covid hanno stornato parte della crescita fatta e sembrano ora pronti a ripartire.

Rubini, zaffiri e, parzialmente, gli smeraldi invece, dopo aver condotto un’esistenza lineare dal 2007 al 2020, improvvisamente hanno deciso di prendere un razzo ed entrare in orbita.

Opportunità
6.29 ct Zaffiro di Ceylon con 2.27 ct. diamanti. By Gabriel Angulo

Opportunità o bolla?

Molti fattori concomitanti hanno portato a queste performance, facendo raddoppiare in due anni i prezzi per i rubini di qualità e triplicare quelli degli zaffiri più pregiati.

Pochi hanno fiutato l’opportunità e ancor meno sanno se questa sarà una bolla o il preludio di nuove incredibili performance.

Prima di loro già tutte le altre pietre di colore, dalle acquemarine ai topazi, dalle tormaline agli opali, avevano imboccato un percorso di crescita che negli anni le aveva proiettate a livelli di prezzo mai visti.

L’unica costante che ho trovato è la ricerca della qualità assoluta che è diventata più che maniacale.

Le leggi di mercato, tra speculazioni, oscillazioni di domanda e offerta e “problemi” geopolitici, basterebbero a spiegare il perché di tanto interesse.

Tuttavia la vera differenza è nata dalla richiesta di pietre perfette e non trattate, che sono rarissime.

Smeraldo Maximilian

Le cause

Facciamo un passo indietro: anche se la natura fa meraviglie siamo convinti di saper fare di meglio e quindi abbiamo inventato molti processi per “migliorare” quello che troviamo sulla terra.

Per le gemme, quando non ne troviamo di abbastanza belle, abbiamo imparato a trattarle per renderle più colorate, trasparenti o pure.

Rubini e zaffiri vengono ormai tutti trattati termicamente per saturarne il colore (e questo è l’unico trattamento accettato dal mercato) o migliorarne la purezza.

Alcuni vengono invece scaldati insieme a materiale vetroso colorato che, fondendosi, riempie le fratture, ma qui entriamo in un altro mondo e, a mio parere, si rovinano le gemme anziché migliorarle.

Il processo termico esiste in natura. Si misura in tempi geologici e non industriali, ma lascia tracce ben diverse nelle gemme, creando le meraviglie che collezionisti e investitori oggi cercano.

Credo che questo interesse per la qualità sia un effetto collaterale della bolla dei diamanti sintetici.

Invece di scoraggiare i clienti ha portato una sensibilità maggiore verso le cose più belle, perfette e naturali.

Opportunità

Gli effetti

Se da un lato non ci sono problemi di approvvigionamento o di prezzo per le pietre trattate termicamente (e considerate normali sul mercato) dall’altro sono sparite le pietre non trattate.

I maggiori grossisti mondiali prima ne vedevano 7 / 8 alla settimana, adesso sono contenti quando ne vedono una al mese!

Naturale che con queste premesse i prezzi siano esplosi. Credo tuttavia che questa sia un’opportunità e non solo una bolla.

Certamente un acquisto fatto oggi esige cautela ma la ricerca della qualità assoluta è ormai una tendenza consolidata da anni.

A quanto pare i tentativi di imitazione e di miglioramento delle gemme hanno avuto un triplice effetto.

Se da un lato hanno permesso a un segmento del mercato di comprare pietre esteticamente belle a prezzi contenuti, facendo anche abbassare anche i prezzi delle pietre naturali omologhe, dall’altro hanno spinto il segmento più attento verso la qualità senza compromessi.

Opportunità

Sembra che gli acquirenti che considerano le gemme non solo un magnifico oggetto ma anche un investimento invece di farsi spaventare da trattamenti e pietre sintetiche si affrettino ad accaparrarsi le migliori pietre naturali disponibili.

In finanza questo si chiama fly to quality e indica un comportamento valido anche in economia: in momenti di incertezza e turbolenza ci si rifugia nella qualità.

È un comportamento che paga sempre perché ci permette di guardare alle mode e alle operazioni commerciali con la consapevolezza che loro “passeranno”, la qualità invece sarà sempre desiderata.

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Paolo Genta

diamanti sintetici

Diamanti sintetici: puntata finale

Diamanti coltivati, diamanti sintetici, diamanti artificiali, diamanti cresciuti in laboratorio.

Le operazioni di “marketing semantico” sono servite per creare una lucrosa speculazione per l’ennesimo sostituto delle pietre naturali ma non sono bastate per costruire un mercato stabile.

Ho iniziato 6 anni fa a scrivere su questo argomento e, nel tempo, le previsioni si sono realizzate.

Riassunto delle puntate precedenti

Per trasparenza vi lascio i link ai miei articoli:

Non credo di essere un veggente, semplicemente a furia di vedere bolle e speculazioni ho imparato a riconoscerle da lontano.

A chi tocca il cerino?

Oggi il bubbone è scoppiato ma rischia di far ancora male a qualcuno.

I diamanti sintetici al momento vengono acquistati al 2% del valore dell’omologo naturale.

Si parla di decine di dollari al carato, raramente di centinaia, ben lontani dai prezzi del naturale.

Walmart, la famosa catena americana vende un solitario da 3 ct., colore F/G e purezza Vs1/Vs2 (e già ci sarebbe molto da dire su una classificazione così ampia) per 2.975 $ mentre Blue Nile di Signet vende un 3 ct., G/Vs1 per 8.190$.

Per Blu Nile si parla di circa il 10% del valore del naturale mentre per Walmart si parla del 4%, ovvero da 2 e 5 volte il costo della pietra.

Non male come utile, vero?

Soprattutto se si pensa che si sta comprando un oggetto replicabile all’infinito e quindi privo di un qualunque valore intrinseco.

Epilogo

Il problema è che molti commercianti continuano a quotare i diamanti sintetici in funzione dei diamanti naturali, vendendo al cliente l’idea di concludere un buon affare (cosa vera, ma non per il cliente).

Dopo i primi fallimenti di aziende che vendevano solo sintetici e la chiusura del programma DeBeers per gli anelli di fidanzamento con pietre “cresciute in laboratorio” quale coniglio zoppo uscirà dal cappello per far sopravvivere ancora un po’ questo mercato?

Un cliente non va illuso (e tantomeno raggirato), decide lui quanto vuole spendere.

Esistono diamanti naturali (e molte altre pietre) per tutte le tasche, e sono tutte belle e ottime soluzioni per i vostri desideri.

Comprereste mai una stampa di Marilyn per 3.900.000 $ o di un Magritte per 1.600.000 $ (il 2% del loro ultimo prezzo d’asta)?

Ecco, chi compra diamanti sintetici fa di peggio, solo che non se ne accorge.

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Paolo Genta

Diamanti sintetici per il fidanzamento: no grazie!

Sono passati appena tre giorni da quando ho scritto l’articolo sui diamanti sintetici (e neppure uno dalla sua pubblicazione) ed ecco la notizia che tanto aspettavo.

De Beers ha comunicato di aver “cancellato il test di mercato per gli anelli di fidanzamento con diamante cresciuto in laboratorio”

“La proposta commerciale per (…) anelli di fidanzamento è probabilmente insostenibile”.

Qui potete leggere, in inglese, la notizia appena uscita.

Riassunto delle puntate precedenti

Nel maggio 2018 De Beers ha creato Lightbox, un nuovo marchio di gioielleria dedicato ai diamanti sintetici.

Alcuni operatori si sono scandalizzati per il “cambiamento di rotta”, i più invece hanno subodorato il ghiotto affare e si sono messi al vento.

Già a ottobre 2017 scrivevo dei miei dubbi su questo prodotto, sviluppando poi il discorso a febbraio 2018.

In sintesi pur riconoscendo uno spazio di mercato ai sintetici non li consideravo utilizzabili per rimpiazzare il naturale in tutte le situazioni.

A giugno 2023 Lightbox, smentendo le precedenti affermazioni, ha introdotto una piccola linea di anelli di fidanzamento per testare il mercato.

La reazione del mercato

Rabbia e, a volte, mancanza di sorpresa. Rabbia per il tradimento di quanto De Beers ha affermato per decenni, mancanza di sorpresa perché la retromarcia in nome del fatturato era nell’aria.

In pratica il test di mercato ha rivelato che non ci sono prospettive commerciali profittevoli.

Leggendo più a fondo si capiscono un paio di fatti:

  • Per avere un profitto si dovrebbero raddoppiare ogni due anni i carati di diamanti sintetici venduti, cosa impossibile, specialmente in questo mercato
  • I consumatori compravano solo per il prezzo ma, a quanto pare, chi riceveva l’anello con il sintetico “non gradiva”.

Molto diplomaticamente la compagnia afferma che “continuerà a concentrarsi su dove vede le opportunità future più promettenti nel settore”.

In altre parole continuerà a vendere sintetici dove potrà, almeno fino a che avrà un margine.

Legittimo ma non proprio strategico.

E adesso?

Sembra che De Beers si sia dimenticata la base del suo successo: i diamanti naturali sono rari, quelli sintetici no.

La produzione di sintetico ha, come unico limite, la convenienza economica, non certo la scarsità di materie prime.

Era ovvio che il prezzo di questi ultimi prima e i margini poi sarebbero crollati.

Se nei secoli il diamante naturale ha conquistato un valore simbolico ben preciso è per lo meno incauto proporre una pietra artificiale come “conveniente sostituto”.

Ognuno sceglie i simboli che preferisce e mai mi permetterò di giudicare il budget di spesa di una persona ma è altrettanto certo che mai gli dirò di acquistare un sintetico per spendere meno, tanto nessuno noterà la differenza.

diamanti sintetici

Le pietre sintetiche esistono da oltre un secolo: rubini, zaffiri, smeraldi e, più recentemente, anche quarzi, topazi e molte altre.

Sono sempre state usate come copie per realizzare oggetti anche molto belli ma mai come sostituti economici delle pietre naturali.

Anche se chimicamente identiche alle naturali i clienti non attribuivano loro lo stesso valore.

Apprezzo le riproduzioni d’arte e le foto di un capolavoro, ma non li spaccerei mai come originali, e di certo non ne comprerei una che costasse migliaia di euro, anche se l’originale ne valesse decine di migliaia.

A mio parere l’errore di De Beers è stato proprio proporre e assecondare l’idea della sostituibilità: diamanti naturali e sintetici non sono la stessa cosa.

Sono prodotti diversi con mercati e usi diversi, ciascuno valido nel suo settore.

Una lezione molto dura che, insieme ad altri fattori è costata a De Beers 1,9 miliardi di $ di fatturato (-29%).

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Alla prossima,

Paolo Genta

Diamanti sintetici

Diamanti sintetici: bufala o rivoluzione?

Non ho mai creduto che i diamanti sintetici potessero spodestare le pietre naturali dal podio delle gemme più ambite.

Questo non vuol dire che non possano essere pericolose per il mercato.

A guardare i numeri c’è di che avere paura: De Beers nell’ultimo bilancio ha perso 1.9 miliardi di dollari di fatturato. Un calo del 29% da 6,6 a 4,7 miliardi.

Questo calo è dovuto sia alla prepotente crescita del sintetico ma anche all’avidità di molti intermediari.

Confidando nella costante crescita dei prezzi nel post covid, hanno comprato senza valutazioni strategiche per trovarsi poi pieni di invenduto a causa dalla crisi inflattiva e dei tassi.

Nel B2B si assiste ad un marcato calo di ordini e prezzi per la produzione non di marca, dove l’uso dei diamanti sintetici permette utili elevatissimi.

Tuttavia i prezzi di produzione del sintetico crollano giornalmente.

Ormai ci stiamo avvicinando alle due cifre al carato.

Calano anche i prezzi al dettaglio: nessuno compra sintetici per il magazzino ma solo sul venduto.

Se da un lato la clientela più giovane, americana in particolare, non ha mai pensato ai diamanti in termini di investimento ma solo di apparenza dall’altro molti hanno acquistato sintetici, perché più economici, senza realizzare che il loro valore sarebbe affondato come il Titanic.

Cosa penseranno i clienti che hanno pagato un solitario sintetico 9.000 $ (contro i 12/15.000 dell’omologo naturale), che oggi lo vedono a 2.500 $ e che presto ne costerà 200?

Reciteranno un mea culpa perché hanno creduto ad una bufala, saranno soddisfatti di aver speso meno o se la prenderanno con il mercato?

I numeri del mercato

Dal crollo del Lockdown (20 marzo 2020) al massimo del 4 marzo 2022 i diamanti naturali hanno guadagnato, in media, oltre il 20% per poi perdere quasi il 13% dal picco a oggi.

Tuttavia la media del periodo resta positiva per circa il 7.87%. Ulteriori cali sono possibili ma credo che presto la situazione si stabilizzerà per riprendere il sentiero di crescita.

I diamanti sintetici sono usati in massa per gli accessori nell’abbigliamento, come lo sono stati gli Swarovsky anni fa.

Vengono comprati da clienti che, non potendo o volendo affrontare la spesa di una pietra naturale, anche di bassa qualità, preferiscono il più appariscente sintetico.

Infatti le pietre naturali di bassa qualità sono le più colpite in termini di prezzo.

La solidità dei diamanti naturali

Christies Cullinan Dream

Ho recentemente avuto la prova sia della solidità del mercato naturale che del caro prezzo che si paga se ci si affida a intermediari non professionali:

  • Una pietra, comprata nel lontano 1976 in Israele, certificata Top Wesselton / Vvs2 (F/G – Vvs2 secondo lo standard attuale), è risultata addirittura una E/Vvs2 ed è stata venduta in meno di due settimane con soddisfazione di tutte le parti.
  • Di tre pietre, comprate in banca, per circa 12.000 € due sono state vendute per 1.800 € e la terza non supererà i 2000 €. L’unico prezzo valido è quello di mercato.

Diamanti sintetici: quale futuro?

Personalmente non credo che i diamanti sintetici siano una bufala e neppure una rivoluzione.

Semplicemente sono un altro prodotto, che segue il suo ciclo di vita.

Ma su questo prodotto si sta speculando tantissimo in nome di un grande profitto a breve senza curarsi dei danni al mercato del naturale.

Non sembra neppure un cambiamento nelle abitudini di spesa, se non per la fascia di clientela che preferisce comprare una pietra (artificiale) più grande invece che naturale di qualità (e dimensione) inferiore.

In mezzo a questa lotta i diamanti rosa (e i fancy in generale) sembrano insensibili e proseguono sulla loro strada.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Diamanti russi

Diamanti russi 2.0

Lo scorso maggio avevo scritto un articolo sulla spinosa questione dei diamanti russi.

Dopo 4 mesi il mercato è cambiato molto ma non la situazione delle gemme russe.

Al solito l’occidente, bravissimo a strepitare, lo è meno ad agire, almeno fino a quando non viene toccato nel portafoglio.

Diamanti russi
La corona imperiale russa (Smolensk Diamonds company – photo by Shakko)

La situazione attuale

In teoria i diamanti russi sarebbero merce proibita ma, in realtà e con gli Stati uniti in testa, sono regolarmente venduti poiché gli Usa, anche se primi promotori delle sanzioni, non hanno mai chiarito le norme sanzionatorie.

Dopo aver inserito i diamanti russi nella “Specially Designated Nationals List” dell’OFAC (l’agenzia governativa Usa che si occupa di far rispettare le sanzioni contro quelli che ritiene i suoi “nemici”), poco o nulla si è mosso.

In Europa li abbiamo vietati, ma solo quelli tagliati sul nostro territorio.

Limitazione ridicola, visto che oltre il 90% dei diamanti mondiali è tagliato a Surat, in India, che delle sanzioni se ne interessa poco.

Le conseguenze sul mercato

Scarse, ma solo perché definirle nulle mi pareva brutto.

Cosa sono delle sanzioni che dovrebbero limitare il commercio di un bene se quel bene continua a essere commerciato senza problemi? Inutili? Ridicole?

Se vogliamo fare scelte morali allora dobbiamo accettare che queste avranno dei costi, e quei costi andranno pagati.

Un po’ come la telenovela dell’elettrificazione dei trasporti e dello stop ai motori a combustione interna dal 2035.

Giusto? Certamente ! Praticabile? Solo nel mondo dei sogni.

Intanto abbiamo consegnato il nostro futuro energetico in mano alla Cina (batterie, pannelli solari) e ci stiamo dando la zappa sui piedi con assurde limitazioni unilaterali ininfluenti in termini planetari.

Cosa accadrà

Fortunatamente i diamanti non provengono solo dalla Russia e, con un minimo di attenzione, se vogliamo li possiamo evitare.

In realtà non ho mai utilizzato merce russa, semplicemente perché o non corrispondeva al target della mia clientela o aveva un peggior rapporto qualità/prezzo rispetto ad altre fonti.

Dal 1 gennaio 2024 il Belgio vuole (o meglio, vorrebbe) introdurre un certificato di origine e un’analisi strumentale per escludere dal mercato i diamanti russi.

Tuttavia questa limitazione si applicherebbe solo alle pietre oltre il carato.

Ironico notare che la merce russa è mediamente inferiore al carato.

Il problema nascerà nei lotti: i pacchetti che, preparati per l’industria, sono composti da centinaia o migliaia di pietre che semplicemente non possono essere esaminate una per una.

Diamanti russi

Lo stesso problema era già sorto nel controllo dei diamanti sintetici nei lotti di diamanti naturali: una vera spina nel fianco!

Discutere di queste regole al G7, in un mercato già provato dalla crisi inflattiva, dalla crescita dei tassi e dalla concorrenza del sintetico (questo sarà l’argomento del prossimo articolo) porterà altra incertezza, non necessaria, e rischierà di affossare il mercato.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Inflazione

Tassi, inflazione e aspettative

Nel celebre film “Il diavolo veste Prada” una glaciale Meryl Streep, parlando di un servizio di moda, liquidava una collaboratrice con un lapidario “Floreale? Per la primavera? Avanguardia pura!”.

Negli anni è diventata una delle mie battute preferite per sottolineare cose ovvie o banali elevate al rango di idee innovative.

Proviamo ad analizzare una cosa ovvia e vediamo se nasconde informazioni importanti.

Inflazione e tassi oggi

La situazione dei tassi di interesse è sotto gli occhi di tutti (questo è stato il nono rialzo consecutivo) e chi paga un mutuo sa molto bene cosa questo significhi.

Anche se l’inflazione sta rallentando, pochi credono che i prezzi scenderanno grazie alla maggior propensione al risparmio prodotta dai tassi elevati a discapito dei consumi.

Molti in realtà credono che i prezzi resteranno alti.

Se andrà bene smetteranno di crescere o ripiegheranno leggermente ma non torneranno ai livelli precedenti.

Si consumerà certamente meno, semplicemente perché non si hanno risorse infinite e, ad un certo punto, si dice basta e si seleziona.

La reale fonte dell’inflazione

In pochi tuttavia si accorgono che la maggior componente dell’inflazione arriva dal lato dei servizi e non dei prodotti.

Le vacanze hanno dato l’ultima botta ai prezzi, in attesa del classico “autunno rovente”.

In questo contesto apparentemente ovvio ci vengono suggerite molte aspettative, dalle più rosee alle più cupe.

Chi suggerisce improbabili tetti ai prezzi (ovviamente partendo da ottobre, ad aumenti già ben consolidati).

Altri propongono la redistribuzione degli extra profitti (ma non hanno fatto nulla per bloccare gli aumenti insensati e ingiustificati che abbiamo subito da quasi due anni (tre se si considera solo l’energia).

Alcuni infine vedono una forte crescita dell’economia che ci permetterà di affrontare il maggior costo della vita.

La mia interpretazione

Quando non riesco ad individuare il futuro più probabile mi rivolgo al passato, in questo caso ai dati Istat sull’inflazione media negli ultimi 70 anni.

inflazione

Alla fine degli anni ’60 l’inflazione è passata da un 1.4% – 2.6% a circa un 5% dei primi anni ’70 per poi esplodere al 19.1% nel 1974 e toccare il 21.2% nel 1980.

Fortunatamente oggi la situazione è molto diversa.

Non si parla più di Italia e di Lira ma di Europa e di Euro, tuttavia mi ricordo gli effetti sui beni di investimento (case, oro, diamanti) e sulla borsa di un’inflazione così elevata.

Le case hanno triplicato i prezzi, idem hanno fatto i diamanti, l’oro è addirittura cresciuto di 17 volte, anche se all’epoca si potevano solo comprare monete d’oro e non lingotti.

Questa volta le cose andranno in modo diverso ma non vedere l’opportunità sarebbe un peccato.

Un possibile futuro

Le case hanno un carico fiscale ben diverso da quello degli anni ’80, gli investimenti in oro sono tassati (al 26% sia sul fisico che sul cartaceo), i diamanti continuano a essere esenti ma risentono maggiormente degli umori del mercato.

Ai clienti che vogliono investire nel mio settore suggerisco di acquistare o diamanti bianchi con particolari sconti oppure diamanti colorati, rosa soprattutto.

Comprare bene serve per ammortizzare eventuali cali nelle quotazioni massimizzando le possibilità di rivendita.

Acquistare un diamante colorato significa salire su un treno che, pur avendo quintuplicato i prezzi negli ultimi 15 anni, sembra avere ancora molta voglia di correre.

In questo caso il mio compito professionale è di razionalizzare l’acquisto eliminando la maggior parte possibile dei costi, accorciare la filiera e minimizzare il rapporto rischio-rendimento.

Come in tutti i settori il risultato lo potrà stabilire solo il mercato ma affrontarlo preparati e con le migliori armi è più “saggio”.

Nuovi servizi

Per eliminare un punto debole dell’investimento in diamanti sto trattando con un broker assicurativo per potervi offrire una polizza contro il furto, a prezzi competitivi, per i preziosi custoditi in cassaforte o in cassetta di sicurezza.

Al momento si parla di un capitale assicurabile tra i 5.000 e i 50.000 € ma sto lavorando per offrirvi polizze ad hoc per importi maggiori o per coprire i rischi fuori dalla cassaforte.

Alla classica domanda “Ma adesso dove li tengo?” rispondo sempre “in cassaforte o banca” e, fino ad ora, non potevo suggerire altre soluzioni.

Con la newsletter di agosto spero di darvi maggiori dettagli e costi precisi.

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Alla prossima,

Paolo Genta