Diamanti sintetici per il fidanzamento: no grazie!
Sono passati appena tre giorni da quando ho scritto l’articolo sui diamanti sintetici (e neppure uno dalla sua pubblicazione) ed ecco la notizia che tanto aspettavo.
De Beers ha comunicato di aver “cancellato il test di mercato per gli anelli di fidanzamento con diamante cresciuto in laboratorio”
“La proposta commerciale per (…) anelli di fidanzamento è probabilmente insostenibile”.
Qui potete leggere, in inglese, la notizia appena uscita.
Riassunto delle puntate precedenti
Nel maggio 2018 De Beers ha creato Lightbox, un nuovo marchio di gioielleria dedicato ai diamanti sintetici.
Alcuni operatori si sono scandalizzati per il “cambiamento di rotta”, i più invece hanno subodorato il ghiotto affare e si sono messi al vento.
Già a ottobre 2017 scrivevo dei miei dubbi su questo prodotto, sviluppando poi il discorso a febbraio 2018.
In sintesi pur riconoscendo uno spazio di mercato ai sintetici non li consideravo utilizzabili per rimpiazzare il naturale in tutte le situazioni.
A giugno 2023 Lightbox, smentendo le precedenti affermazioni, ha introdotto una piccola linea di anelli di fidanzamento per testare il mercato.
La reazione del mercato
Rabbia e, a volte, mancanza di sorpresa. Rabbia per il tradimento di quanto De Beers ha affermato per decenni, mancanza di sorpresa perché la retromarcia in nome del fatturato era nell’aria.
In pratica il test di mercato ha rivelato che non ci sono prospettive commerciali profittevoli.
Leggendo più a fondo si capiscono un paio di fatti:
- Per avere un profitto si dovrebbero raddoppiare ogni due anni i carati di diamanti sintetici venduti, cosa impossibile, specialmente in questo mercato
- I consumatori compravano solo per il prezzo ma, a quanto pare, chi riceveva l’anello con il sintetico “non gradiva”.
Molto diplomaticamente la compagnia afferma che “continuerà a concentrarsi su dove vede le opportunità future più promettenti nel settore”.
In altre parole continuerà a vendere sintetici dove potrà, almeno fino a che avrà un margine.
Legittimo ma non proprio strategico.
E adesso?
Sembra che De Beers si sia dimenticata la base del suo successo: i diamanti naturali sono rari, quelli sintetici no.
La produzione di sintetico ha, come unico limite, la convenienza economica, non certo la scarsità di materie prime.
Era ovvio che il prezzo di questi ultimi prima e i margini poi sarebbero crollati.
Se nei secoli il diamante naturale ha conquistato un valore simbolico ben preciso è per lo meno incauto proporre una pietra artificiale come “conveniente sostituto”.
Ognuno sceglie i simboli che preferisce e mai mi permetterò di giudicare il budget di spesa di una persona ma è altrettanto certo che mai gli dirò di acquistare un sintetico per spendere meno, tanto nessuno noterà la differenza.
Le pietre sintetiche esistono da oltre un secolo: rubini, zaffiri, smeraldi e, più recentemente, anche quarzi, topazi e molte altre.
Sono sempre state usate come copie per realizzare oggetti anche molto belli ma mai come sostituti economici delle pietre naturali.
Anche se chimicamente identiche alle naturali i clienti non attribuivano loro lo stesso valore.
Apprezzo le riproduzioni d’arte e le foto di un capolavoro, ma non li spaccerei mai come originali, e di certo non ne comprerei una che costasse migliaia di euro, anche se l’originale ne valesse decine di migliaia.
A mio parere l’errore di De Beers è stato proprio proporre e assecondare l’idea della sostituibilità: diamanti naturali e sintetici non sono la stessa cosa.
Sono prodotti diversi con mercati e usi diversi, ciascuno valido nel suo settore.
Una lezione molto dura che, insieme ad altri fattori è costata a De Beers 1,9 miliardi di $ di fatturato (-29%).
Se vi piacciono gli argomenti che tratto iscrivetevi alla mia newsletter: avere le giuste informazioni potrebbe esservi molto utile.
Alla prossima,