sanzioni

Sanzioni 3.0: capitolo finale?

Le sanzioni occidentali contro i diamanti russi finalmente potrebbero ottenere un effetto combinato.

Ma non contro la Federazione Russa, bensì contro chi le ha imposte.

Potrebbero affossare l’industria dei diamanti in occidente causando, in contemporanea, un consistente aumento dei prezzi.

Dopo una prima fase poco più che simbolica si è passati  a sanzioni draconiane (per le pietre oltre il carato).

Montagne di documentazione, dubbi sul tipo di controlli richiesti e scarica barile tramite autocertificazioni hanno creato non pochi ingorghi sul mercato.

Le novità

In sintesi, dal primo gennaio 2024 è richiesta la prova fisica che i diamanti venduti non siano di provenienza russa. Tuttavia non è stato specificato in modo univoco come provarne l’origine.

Nel tempo necessario per capirlo si sono intasati i laboratori, è rallentata moltissimo la filiera e sono state firmate montagne di documenti per attestare, sotto la propria responsabilità penale, che i diamanti non fossero russi.

Tuttavia i profitti di Alrosa (l’azienda che produce i diamanti russi) nel 2023 sono addirittura cresciuti!

Questo non solo perché, grazie alla triangolazione su Dubai, i diamanti arrivano ancora in occidente ma soprattutto perché il G7 rappresenta meno del 10% della popolazione mondiale.

Cina e india, da sole, ne rappresentano oltre il 35% e questo la dice lunga sul peso che abbiamo sullo scacchiere mondiale.

Dal primo settembre, le sanzioni si applicheranno a tutte le pietre oltre il mezzo carato.

Questo sarà un evento molto importante perché riguarderà praticamente la totalità del mercato finale.

Le conseguenze

Verranno al pettine i problemi riguardo le analisi fisiche per garantire la provenienza e la quantità di carta da produrre crescerà ulteriormente.

Temo che la carta servirà solo per scaricare le responsabilità lungo la catena di approvvigionamento.

Naturalmente i costi saranno rilevanti e i prezzi ne rifletteranno gli aumenti.

Tutti, dagli analisti agli addetti ai lavori e al mercato stesso, se li aspettano in consistente crescita.

Questo potrebbe essere il detonatore che spaccherà il mercato: uno, di fascia alta, che si rivolgerà solo alle pietre naturali e uno di fascia bassa, che ripiegherà sulle pietre sintetiche.

Photo courtesy: Christie’s – The art of De Grisogono

I gioielli sono prodotti di lusso e i clienti che li vogliono pretendono sostenibilità, trasparenza ed etica: questo sarà un rischio ma anche un’opportunità.

Inutile nascondersi dietro ad un dito, siamo alla vigilia di un cambiamento radicale che aumenterà ancora la differenza tra le classi sociali.

I costi cresceranno e l’aumento sarà scaricato sui prezzi poiché negli ultimi due anni l’industria ha già assorbito molti rincari e oggi i margini di manovra si sono esauriti.

Questo purtroppo renderà i diamanti naturali meno accessibili per molti.

Ci saranno diamanti controllatissimi, praticamente con il pedigree, ma riservati ha chi potrà pagarne il prezzo e diamanti sintetici che, pur non avendo valore intrinseco, daranno l’illusione di avere un gioiello unico.

Alternative e soluzioni

Personalmente mi baso sulla ciclicità del mercato.

Se da un lato mi fa sorridere che ci siano voluti due anni e mezzo per imporre sanzioni che danneggiano più il mercato che l’economia russa, dall’altro so che esistono meravigliose pietre, diverse e anche più emozionanti dei diamanti, che non sono coinvolte in tutte queste vicende.

Ne ho parlato qualche tempo fa, se volete rifarvi gli occhi con le meravigliose alternative disponibili seguite i link:

Tanzanite
Tanzanite: il colore del sogno
Tsavorite garnet
Tsavorite: il tesoro perfetto di un romanzo di avventura
Padparadscha 28.04 Christies's 11_2017
Zaffiro Padparadscha

Smeraldo Maximilian
Verde smeraldo

Se invece siete innamorati esclusivamente dei diamanti non resta che acquistarli prima di settembre oppure accettare i nuovi prezzi.

Anche se costosa resta poi valida la scelta di puntare sui diamanti colorati.

In ogni caso ricordiamoci che anche se la guerra in Ucraina prima o poi finirà (e speriamo per il “prima”) ben difficilmente i prezzi faranno marcia indietro.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Valore

Il valore di un oggetto prezioso: come saperlo?

Molti possono essere i motivi che ci portano a voler sapere il valore di un oggetto prezioso:

  • Il desiderio di assicurarlo.
  • Una ripartizione tra eredi o tra i figli.
  • La volontà di venderlo.
  • Un rimborso dopo un furto in banca.

Cosa si intende per valore

Valore
Braccialetto Tennis con diamanti naturali

Lo scoglio più grande è capire cosa si intende per “valore”.

Per il cliente spesso comprende anche il valore affettivo, certamente rilevante e degno di rispetto ma, purtroppo, esclusivamente personale.

Poi c’è la tipica valutazione basata sul “quanto l’ho pagato” e anche questa può essere fuorviante.

Ne parlavo già nel 2017 nell’articolo “Il valore del cliente perfetto” dove affrontavo lo stesso argomento da un diverso punto di vista.

Per capire meglio la differenza tra prezzo e valore basta pensare al prezzo di vendita di un qualunque capo griffato se confrontato con il suo costo di produzione.

Pur considerando una lauta e legittima remunerazione per la filiera spesso il prezzo è molte volte superiore al costo (occasionalmente anche decine di volte).

Il valore del marketing

È successo anche nel mio settore: alcuni anni fa delle procaci ballerine, rese famose da una nota trasmissione satirica di Canale 5, hanno fatto da testimonial ad una nota casa di gioielli in acciaio.

Tutto perfettamente legittimo e molti hanno acquistato questi oggetti pubblicizzati come gioielli.

Anni dopo alcuni si sono rivolti a me per venderli e la delusione è stata grande: a fronte di un prezzo pagato di molte centinaia di euro la perizia spesso non raggiungeva i 50 euro.

Perizia e valutazione sono termini spesso usati in modo improprio da chi vuole sapere il valore dei preziosi.

Facciamo chiarezza

Diamo qualche noiosa definizione tecnica:

  • La perizia è un processo, dettagliato e complesso, che analizza tutte le componenti di un oggetto prezioso per determinarne, secondo criteri oggettivi, un valore di mercato.
  • La valutazione invece serve per determinare un prezzo massimo, minimo o anche solo sperato, al quale vendere un oggetto.

Un semplice esempio: un diamante può avere un valore di stima di 10.000 €.

Ma può essere valutato anche 15/20.000 € se si pensa ad un’asta o se lo si vuole comprare in un negozio.

Può anche arrivare a 100.000 € se, per esempio, è un oggetto da collezione appartenuto ad un personaggio famoso!

Perché tutta questa differenza?

È la somma di servizi, utile e tasse, tranne che per gli oggetti da collezione dove vigono regole e follie diverse.

Facciamo un calcolo a ritroso: abbiamo comprato il diamante dei nostri sogni in un negozio a 20.000 € ma, dopo l’acquisto decidiamo di sottoporlo a perizia e scopriamo che il valore è la metà.

Tolta l’iva il prezzo scende a poco meno di 16.400 €, tolte le tasse sull’utile (per comodità sogniamole solo al 50%) restano 13.200 €: 10.000 per il fornitore (e ricomincia il calcolo a ritroso) e 3.200 di utile per l’ultimo venditore.

Cosa ne pensate?

È tanto, poco, giusto?

  • Per il fisco vuol dire che il venditore ha evaso il 6.800 €: non ridete, dopo esserci passato posso garantirvi che è così e che c’è solo da piangere.
  • Per il cliente dell’esempio è da ladri: “Io, con i Btp, guadagno il 3-4% lordo in un anno e tu, in 10 minuti, oltre il 30%? Sì, mi è stato detto anche questo.
  • Sempre per il cliente, ma da venditore dell’oggetto, magari ereditato: “allora se la stima è 10 e in gioielleria si vende a 20 “noi vendiamolo a 19 e siamo a posto”.

In quest’ultimo caso nascono le situazioni più interessanti: Ma “Noi” i “19” come ce li spartiamo?

Li vuoi tu o è previsto anche qualcosa per me che ho “solo” la struttura, l’esperienza e il cliente?

Cito una risposta che mi è stata data: “ma sì dai, facciamo 20 così un millino esce anche per te! E non mi dire che farai veramente la fattura”!

Inutile dire che non ho trattato la vendita, salvo poi rivedere tempo dopo lo stesso oggetto in mano al nuovo proprietario che lo aveva acquistato per 9.500 €.

Soluzione

Prima si deve decidere cosa si vuole fare e poi si può scegliere tra perizia e valutazione.

Per esperienza nel 99% dei casi la perizia è l’unico valore corretto da considerare:

  • È l’unico accettato dalle assicurazioni, sia in stipula che in rimborso e spesso vale più della fattura di acquisto.
  • È il valore più sensato per non farsi illusioni sul quanto si può realizzare.
  • È il giusto valore anche tra eredi e, se usato insieme alla sacra regola che “uno fa le parti e l’altro sceglie”, evita qualunque discussione.
  • Permette di ripartire equamente i beni tra i figli.

Nel rimanente 1% dei casi aggiungo alla perizia una mia valutazione sull’eventuale surplus realizzabile e in quali condizioni.

Sembra scontato dirlo ma è importante che le perizie siano effettuate prima dell’evento che le richiede!

Perché fare perizie su oggetti che non si hanno fisicamente in mano è difficile, a volte impossibile.

Quindi, anche se ha un costo, è indispensabile far periziare gli oggetti prima dell’eventuale furto per il quale si richiede il rimborso, magari ad una banca che farà di tutto per limitare le perdite.

Sono a vostra disposizione sia per perizie che per valutazioni, e grazie alla rete di collaborazioni costruita negli anni posso curare per voi anche le perizie presso i laboratori più quotati al mondo.

Tutto il percorso inizia sempre nello stesso modo: una vostra telefonata per fissare un appuntamento, magari con un caffè, per parlare della strada migliore per ottimizzare costi e benefici in base alle vostre esigenze.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Opportunità

Cicli di mercato, bolle e opportunità

Che i mercati si muovano secondo cicli è cosa ampiamente nota. Le bolle speculative invece, così come le opportunità, a volte si riconoscono solo a posteriori.

Neppure il settore dei preziosi si sottrae a questa regola non scritta.

Circa 15 anni fa il mercato ha spostato i suoi riflettori dalle pietre colorate ai diamanti, prima su quelli bianchi, poi su quelli colorati.

Opportunità
Foto: Sotheby’s – ct. 102.39 D/Fl

In effetti è stata colta una grossa opportunità visto che il colore aveva fatto molta strada e i diamanti promettevano performance notevoli.

Il tempo ha dato quasi interamente ragione a questa visione ma la pandemia ha creato una situazione particolare.

I diamanti bianchi hanno fatto un percorso da manuale. Dopo i record di prezzo post covid hanno stornato parte della crescita fatta e sembrano ora pronti a ripartire.

Rubini, zaffiri e, parzialmente, gli smeraldi invece, dopo aver condotto un’esistenza lineare dal 2007 al 2020, improvvisamente hanno deciso di prendere un razzo ed entrare in orbita.

Opportunità
6.29 ct Zaffiro di Ceylon con 2.27 ct. diamanti. By Gabriel Angulo

Opportunità o bolla?

Molti fattori concomitanti hanno portato a queste performance, facendo raddoppiare in due anni i prezzi per i rubini di qualità e triplicare quelli degli zaffiri più pregiati.

Pochi hanno fiutato l’opportunità e ancor meno sanno se questa sarà una bolla o il preludio di nuove incredibili performance.

Prima di loro già tutte le altre pietre di colore, dalle acquemarine ai topazi, dalle tormaline agli opali, avevano imboccato un percorso di crescita che negli anni le aveva proiettate a livelli di prezzo mai visti.

L’unica costante che ho trovato è la ricerca della qualità assoluta che è diventata più che maniacale.

Le leggi di mercato, tra speculazioni, oscillazioni di domanda e offerta e “problemi” geopolitici, basterebbero a spiegare il perché di tanto interesse.

Tuttavia la vera differenza è nata dalla richiesta di pietre perfette e non trattate, che sono rarissime.

Smeraldo Maximilian

Le cause

Facciamo un passo indietro: anche se la natura fa meraviglie siamo convinti di saper fare di meglio e quindi abbiamo inventato molti processi per “migliorare” quello che troviamo sulla terra.

Per le gemme, quando non ne troviamo di abbastanza belle, abbiamo imparato a trattarle per renderle più colorate, trasparenti o pure.

Rubini e zaffiri vengono ormai tutti trattati termicamente per saturarne il colore (e questo è l’unico trattamento accettato dal mercato) o migliorarne la purezza.

Alcuni vengono invece scaldati insieme a materiale vetroso colorato che, fondendosi, riempie le fratture, ma qui entriamo in un altro mondo e, a mio parere, si rovinano le gemme anziché migliorarle.

Il processo termico esiste in natura. Si misura in tempi geologici e non industriali, ma lascia tracce ben diverse nelle gemme, creando le meraviglie che collezionisti e investitori oggi cercano.

Credo che questo interesse per la qualità sia un effetto collaterale della bolla dei diamanti sintetici.

Invece di scoraggiare i clienti ha portato una sensibilità maggiore verso le cose più belle, perfette e naturali.

Opportunità

Gli effetti

Se da un lato non ci sono problemi di approvvigionamento o di prezzo per le pietre trattate termicamente (e considerate normali sul mercato) dall’altro sono sparite le pietre non trattate.

I maggiori grossisti mondiali prima ne vedevano 7 / 8 alla settimana, adesso sono contenti quando ne vedono una al mese!

Naturale che con queste premesse i prezzi siano esplosi. Credo tuttavia che questa sia un’opportunità e non solo una bolla.

Certamente un acquisto fatto oggi esige cautela ma la ricerca della qualità assoluta è ormai una tendenza consolidata da anni.

A quanto pare i tentativi di imitazione e di miglioramento delle gemme hanno avuto un triplice effetto.

Se da un lato hanno permesso a un segmento del mercato di comprare pietre esteticamente belle a prezzi contenuti, facendo anche abbassare anche i prezzi delle pietre naturali omologhe, dall’altro hanno spinto il segmento più attento verso la qualità senza compromessi.

Opportunità

Sembra che gli acquirenti che considerano le gemme non solo un magnifico oggetto ma anche un investimento invece di farsi spaventare da trattamenti e pietre sintetiche si affrettino ad accaparrarsi le migliori pietre naturali disponibili.

In finanza questo si chiama fly to quality e indica un comportamento valido anche in economia: in momenti di incertezza e turbolenza ci si rifugia nella qualità.

È un comportamento che paga sempre perché ci permette di guardare alle mode e alle operazioni commerciali con la consapevolezza che loro “passeranno”, la qualità invece sarà sempre desiderata.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Perfezione

La perfezione esiste?

Si dice sempre che la perfezione non esista ma, a volte, sembra che qualche tagliatore ispirato dal fuoco della passione, la raggiunga.

Perfezione

L’AGTA (American Gem Trade Association) è una delle migliori istituzioni al mondo che valuta la bellezza delle gemme colorate e delle perle. Ogni anno seleziona i migliori disegnatori, orafi e tagliatori in diverse categorie.

Vincere uno dei suoi premi è considerato uno dei più grandi traguardi che un professionista del settore possa raggiungere.

Vincere però non è solo un episodio fortunato ma il culmine di una ricerca e di un impegno che si ritrovano in tutta la produzione per molti anni.

Ho avuto l’immensa fortuna di conoscere, a Tucson, molti colleghi che hanno vinto negli anni questo ambito premio, simbolo della perfezione raggiunta.

Tutti, senza eccezioni, si sono poi confermati come pionieri dei tagli e dei gioielli più belli che hanno determinato le mode del futuro.

Certo, queste sono gemme particolari, tagliate appositamente per la competizione ma la stessa cura maniacale è stata applicata a tutta la produzione, anche per le gemme più piccole ed economiche.

Ci sarebbe da chiedersi perché spendere tanto tempo per curare i dettagli di tutta la linea di prodotti anziché godersi il blasone del premio vendendo comunque gemme belle ma non perfette come quelle premiate.

Semplice: perché la qualità paga, perché l’unico modo per competere con aziende che sfornano 10.000 pietre quando tu ne tagli una è che la tua sia semplicemente perfetta. E, a quanto pare, i clienti lo apprezzano.

Ci sarà sempre spazio sul mercato per gemme tagliate in serie, autentiche, di pregio, ma tutte uguali.

Fortunatamente c’è anche sempre più domanda per gemme uniche, che sin dal primo sguardo comunicano una sola cosa: la bellezza della perfezione.

Le gemme che ammirate in questo articolo sono state tagliate da Ben Kho e, in ordine, sono:

  • Kunzite, ct. 32.50, sunburst cut
  • Apatite, ct. 14.70, diamond shape cut
  • Kunzite, ct. 38.98, fancy trillion cut
  • Tormalina rosa, ct. 28.61, mixed cut

Sarà una coincidenza che l’ultima sia anche “Color of the year” Pantone 2023?

Negli anni ho acquistato alcune gemme tagliate dai vincitori dell’ambito Agta Spectrum Awards, gemme perfette per un gioiello su misura, unico, luminoso ed elegante, che vi lascerà senza fiato.

Perché anche se sappiamo che la perfezione non esiste quando la sfioriamo ce ne innamoriamo perdutamente.

Alla prossima,

Paolo Genta

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Accorciare la filiera: “dalla miniera al dito”

La filiera, di qualunque bene, è da molti anni al centro dell’attenzione di tutti gli operatori.

Alcuni la vogliono accorciare, altri la tracciano, tutti vogliono controllarla.

Nel vasto mondo delle gemme la filiera è importante per la capire la qualità e valutare i prezzi.

Spesso basta il nome di una regione per evocare gemme magnifiche, come è successo per le tormaline Paraiba, i rubini Burma o la Tsavorite.

Il diamante

È l’unica gemma che fa eccezione. Per lui è in corso una battaglia senza esclusione di colpi per controllarne la filiera.

Nulla di nuovo a ben vedere, tranne il fatto che periodicamente l’idea di accorciare la filiera dei diamanti viene riproposta… Ovviamente sempre nell’interesse esclusivo del consumatore finale!

Tempo fa avevo scritto sulla tracciabilità e sul percorso dalla “miniera al dito” di queste bellissime gemme.

Da allora quasi tutti hanno provato a vendere, come un vantaggio per il cliente, la storia della pietra ma tutti hanno fallito.

L’ idea

Hanno fallito perché, in realtà, si trattava solo di modi per aumentare il prezzo delle gemme.

Solo la storia sull’origine naturale dei diamanti ha funzionato: perché serve davvero ai clienti per distinguere i diamanti naturali dai sintetici.

Questa volta ci provano Lucara, gigante canadese dell’estrazione di diamanti molto attivo in Botswana e HB, taglieria di Anversa con l’ambizione di snellire la catena di approvvigionamento in nome di trasparenza, sostenibilità ed etica.

In realtà, in base alle notizie filtrate finora, si tratterebbe di un accordo commerciale tra il governo del Botswana, noto produttore di diamanti di grandi dimensioni e ottima qualità, la compagnia mineraria, che possiede diverse miniere in quella regione e la taglieria per scegliere le pietre migliori e indirizzarle verso il gigante francese del lusso LVMH.

La sostanza

Come questo sia nell’interesse del consumatore finale, dell’ambiente o dell’etica mi sfugge.

Mi sembra un’operazione commerciale, lecita, ma finalizzata a ottenere maggiori profitti grazie all’esclusività dei marchi LVMH.

Lo scopo finale è sottrarre il lucroso mercato dei diamanti di grosse dimensioni agli attuali operatori.

In sostanza questo, come tutti i precedenti accordi, mirano a spostare la ripartizione del profitto a monte.

Purtroppo il consumatore finale al meglio continuerà a pagare gli stessi prezzi, più spesso invece li vedrà crescere per i presunti servizi aggiuntivi.

I vantaggi

L’unico vantaggio, giusto e apprezzabile, sarà per il Botswana che potrà vendere meglio i suoi diamanti con positive ricadute su tutta la popolazione.

Per chi vorrà comprare un diamante “normale” non credo che cambierà molto.

I fortunati che guardano solo le pietre di grandi dimensioni invece dovranno valutare la soddisfazione di acquistare un diamante eccezionale in una location esclusiva magari sorseggiando champagne rispetto al prezzo pagato.

Personalmente sorrido perché da decenni le pietre più esclusive si scambiano in questo modo.

Non conosco un solo professionista del settore che non offra generosi servizi accessori agli acquirenti di pietre particolari.

Vedremo se questa volta ci saranno novità interessanti o se sarà il solito tentativo di scalare il mercato dietro la bandiera dell’etica e dell’ecolgia.

Se volete capire meglio i dettagli del mercato delle pietre preziose iscrivetevi alla mia newsletter.

Garantisco informazioni verificate e offerte riservate, molto interessanti.

Alla prossima,

Paolo Genta

perfezione

Le nuove frontiere della perfezione

La perfezione è forse la chimera più classica della nostra società. Cercata e ambita, in realtà sconosciuta, viene rincorsa con un impiego di energie a volte incomprensibile.

Senza cadere nella filosofia dobbiamo fermarci e pensare a cosa sia davvero la perfezione.

Anche nelle pietre preziose la perfezione assoluta è relativa.

Relativa ai gusti del cliente (e qui già ci si potrebbe fermare), relativa al costo che si è disposti a pagare per averla, relativa ai confronti disponibili.

Ma se diventa un indice per valutare e scegliere allora assume un nuovo significato.

La pietra perfetta

Nel mio settore una pietra è perfetta quando rispetta un insieme di parametri che ne esaltino la bellezza per quanto natura, tecnica e portafoglio permettano.

Spesso è semplicemente impossibile avere una gemma perfetta da un determinato minerale perché sarebbe impossibile indossarla: magari brilla benissimo ma, per farlo è spessa 2 centimetri.

Altre il costo economico per la perfezione è tale da rendere invendibile la pietra: una fluorite, meravigliosa per colore e purezza per essere lucidata a specchio veniva passata infinite volte su una tavoletta di legno e il costo della manodopera diventava stratosferico.

La perfezione tuttavia ci affascina e non siamo disposti a rinunciarvi.

Ecco perché è giusto trovare un equilibrio che ci permetta di ottenere il massimo senza doverci sciroppare ricerche interminabili.

Ogni minerale, per diventare una gemma, deve rispettate alcuni parametri. Anche i diamanti non fanno eccezione.

La perfezione nei diamanti

In molti conoscono le “4C”, Color, Cut, Clarity, Carat (Colore, Taglio inteso come forma, Purezza e Peso), che vengono usate per valutare i diamanti, ma sono solo l’inizio!

Come ben sanno i miei clienti (lo confesso, sono piuttosto insistente su questo) occorre valutare la fluorescenza della pietra e altri 3 parametri qualitativi: taglio, finitura e simmetria.

La fluorescenza è una caratteristica comune a moltissime pietre, nel diamante meno ce n’è meglio è.

Gli altri tre parametri possono essere Excellent, Very Good, Good, Fair, and Poor (Eccellente, molto buono, buono, discreto e scarso). Quando tutti e tre sono al massimo si ottiene l’ambita 3x” o “Triple Excellent”.

Il fatto è che i tagliatori sono anche dei virtuosi e amano eccellere quindi sul mercato si trovano, relativamente, sempre più pietre “3x” e questo pare le renda meno esclusive!

Un’azienda di New York ha introdotto un certificato dove la perfezione richiede addirittura 8 excellent.

Ha diviso i parametri in tre categorie: Fisica (finitura, simmetria esterna, proporzioni), Resa luminosa (brillantezza, fuoco, scintillio) e Ottica (simmetria ottica, “Hearts & Arrow”).

Sono sicuramente parametri importanti che, nel loro massimo grado, descrivono una gemma stupenda ma ne vale la pena?

La mia opinione

Dipenderà dal surplus di prezzo che sarà richiesto per questo certificato.

Ogni volta che scelgo una gemma per voi valuto moltissime caratteristiche, fa parte del mio servizio.

Trovare tutte queste informazioni in un certificato potrebbe essere utile ma forse è molto più di quanto un cliente si aspetti e gradisca.

Non sono così sicuro che, mentre acquistate un’auto, abbiate voglia di sorbirvi un corso di ingegneria meccanica!

L’auto deve piacervi, essere affidabile e, possibilmente, non costare una fucilata. Il resto lo date giustamente per scontato e forse vi piace anche farvelo dire dal venditore.

Quante volte avete guardato le schede tecniche nel manuale d’uso?

Lo stesso vale per una gemma: deve piacervi, deve essere autentica e rientrare nel vostro budget. Tutto il resto, certamente molto importante, rientra tra le informazioni che un venditore professionista saprà darvi.

Ovviamente se lo vorrete ma comunque le avrà già selezionate per offrirvi il meglio.

Non dimentichiamoci poi che molte gemme sono meravigliose proprio per i difetti” che le rendono uniche.

Anche perché la perfezione ha un grave difetto: ha la tendenza ad essere noiosa.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Tanzanite

Tanzanite, il colore del sogno

Finalmente riesco a mantenere la promessa e tornare a scrivere di gemme, colore, passione ed emozioni.

Lo faccio grazie alla tanzanite, una gemma meravigliosa, scoperta nel 1967 in Tanzania da Ndugu Jumanne Ngoma che solo nel 1984 riuscì a farsi riconoscere la paternità della scoperta prima attribuita a Manuel D’Souza.

La tanzanite è una gemma meravigliosa, con una caratteristica ottica particolare che la rende ancora più rara. Il suo colore cambia in base all’angolo di osservazione.

Tecnicamente si chiama pleocroismo e, visto che i colori visibili sono tre (blu, viola, rosso), la tanzanite è tricroica.

In realtà i colori principali sono il blu e il viola, il terzo colore può essere anche rosa, grigio o giallo in base ai diversi contenuti di elementi secondari. È pratica comune il trattamento termico di questa gemma per eliminare questo terzo colore.

Tanzanite grezza

È un trattamento lecito perché non influenza i colori principali, elimina solo quello secondari.

Le origini della Tanzanite

Fu la Maison Tiffany a coniare il nome anche perché la sua definizione gemmologica, zoisite, in inglese suona molto simile a “suicidio”. Davvero poco appetibile per una gemma!

Non fu facile identificare questo minerale, nel luglio del ’67 un articolo di giornale citava “Tanzanite: qualcosa di nuovo dall’Africa… Ma nessuno sapeva cosa fosse!”.

Prima fu scambiata per un peridoto e poi per una dumortierite. Entrambe classificazioni errate.

Fu un geologo del governo, Ian McCloud, a identificarla come zoisite come poi confermato da due università, Harvard e Heidelberg.

Esiste un unico giacimento sulla terra che ci dona queste meraviglie: un fazzoletto di terra al confine tra Tanzania e Kenya.

La zoisite è presente anche in altre aree, dall’africa alla Norvegia, ma i colori sono diversi e poco appetibili.

Questa varietà unica è diventata famosa grazie al suo blu che, quando la pietra è tagliata correttamente, è più intenso e luminoso di quello dello zaffiro!

Tanzanite marquise

La fama

Spesso il grezzo era spedito in India per la lavorazione ma nel 2003 il governo della Tanzaniane ha vietato l’esportazione per stimolarne la valorizzazione sul proprio territorio.

Negli anni ci sono stati ritrovamenti, rari ed eccezionali, di cristalli del peso di qualche kilogrammo ma, in media, le gemme sono notevolmente più piccole.

Questa splendida gemma è protagonista a livello mondiale non solo come sostituta dello zaffiro ma per le sue caratteristiche uniche. In lingua Swahili è nata la parola “Skaiblu”, dall’inglese “sky blue” proprio per definire il suo colore migliore.

La fama ha portato purtroppo conseguenze meno piacevoli per i clienti: essendo una pietra rara e molto richiesta sempre più spesso si trovano in vendita tanzanti dal colore pallido o violaceo, spacciate come varietà rare della massima qualità.

Tanzanite chiara

La gemma che ammirate in questa foto è splendida, tagliata molto bene ma… Semplicemente non è del colore più pregiato e quindi non può costare come una gemma blu intenso.

Anche sul tipo di blu esistono i tranelli: in commercio si trovano sempre più tanzaniti blu-porpora e meno blu-viola.

La ragione è semplice, tagliare una gemma che sia blu con riflessi viola costringe il tagliatore a sacrificare una grossa quantità del cristallo di partenza mentre accontentandosi della sfumatura porpora si ottengono pietre più grosse.

Sinceramente le trovo tutte belle e mi affascina la varietà di colori che la natura offre ma, da professionista, devo dirvi che il colore più pregiato, raro e ambito, per il quale è giusto pagare un prezzo superiore è solo il blu con minimi riflessi viola.

Incidentalmente la tanzanite è anche la pietra del mese di dicembre quindi sarebbe perfetta per un regalo di Natale!

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Alla prossima,

Paolo Genta

Scelte consapevoli

Scelte consapevoli

Le scelte possono essere difficili, la recriminazione è sempre in agguato, se poi le vogliamo anche consapevoli si apre il dilemma sulle conseguenze.

Le mie scelte

Il 3 settembre a Torino è scoppiato un incendio in un palazzo del centro. Quando ho visto le prime immagini mi è corso un brivido gelido lungo la schiena: l’edificio in questione era quello dove, 22 anni or sono, avevo aperto Coronado, la mia azienda.

Per prima cosa ho pensato alle persone che ancora conosco e che continuano a vivere e lavorare lì poi il brivido è diventato un immenso sollievo quando ho pensato alla scelta fatta, molti anni fa, di vendere la splendida sede per trasferirmi in Lungo Po.

Mi è costato vendere quell’immobile, lo avevo scelto con cura, ristrutturato integralmente per renderlo un ambiente accogliente, sicuro ed elegante dove incontrare i clienti, in altre parole me ne ero innamorato.

Purtroppo tra difficoltà di parcheggio per i clienti, zone a traffico limitato in espansione e imminente crisi immobiliare decisi di vendere e di ridimensionare la mia sede per limitare i costi.

Dopo l’incendio mi sono trovato a pensare di aver appena evitato un proiettile: cosa sarebbe successo se fossi rimasto in quell’edificio?

Dopo la crisi finanziaria del 2008, la conseguente crisi economica e la pandemia trovarsi bloccati, magari per mesi, prima del Natale poteva essere letale.

Quando cercavo la nuova sede avevo trovato uno stabile molto interessante ai piedi della collina di Torino, in piena ristrutturazione, perfetto per le mie esigenze.

Durante la trattativa il venditore ha commesso, a mio parere, il peggior errore possibile con un potenziale acquirente.

Serafico e un po’ supponente aveva affermato che il prezzo era quello, tanto lui lo avrebbe potuto vendere quando voleva.

Per un insieme di indizi e anche per questo commento sopra le righe, scelsi di rinunciare.

Ogni mattina passo davanti a quell’edificio, fermo da un decennio allo stesso punto dei lavori, disabitato e usato come magazzino edile dal venditore dell’epoca.

Rimpianti? No, grazie!

Cosa sarebbe successo se lo avessi acquistato e oggi mi trovassi con un ufficio in un cantiere perenne e disabitato?

Molte volte ho ripensato a queste scelte, senza mai rimpiangerle. Non che non avessi dubbi o che fossero scelte semplici ma avevo deciso al meglio delle mie capacità in base a tutte le informazioni che avevo raccolto.

Trovare tutte le informazioni rilevanti, decidere secondo logica e con attenzione non garantisce l’assenza di recriminazioni future ma aiuta molto!

Aiutare a scegliere

A volte i clienti sono in dubbio tra due o tre gemme e mi chiedono un parere. Dopo aver descritto pregi e difetti di ognuna la mia domanda finale è sempre la stessa: “Quale pietra l’ha colpita di più appena vista?”.

In questo caso è l’istinto a dover lavorare quindi se lo si lascia libero di solito si fa la scelta giusta.

Mi sono trovato anche sul fronte opposto, a dover “frenare” l’entusiasmo del cliente per un acquisto di diamanti.

Per quanto meravigliosi, preziosi e magici si parlava di un investimento e non di un regalo emozionale. Obbiettivi diversi esigono parametri di scelta diversi.

Nel mio lavoro la consulenza ha una grandissima rilevanza.

Anche se rischio di annoiare il cliente (e quindi di perderlo) per me è importantissimo capire esattamente i suoi obbiettivi, lo trovo addirittura più importante della vendita in se.

Spendo quindi molto del mio tempo per aiutare il cliente a fare la scelta migliore per ottenere cosa desidera.

Non posso garantire che il regalo sarà gradito o l’investimento un successo ma di certo, aiutandolo a effettuare scelte consapevoli, sposto molto l’ago della bilancia verso il successo.

Non ho un libro magico con tutte le soluzioni pronte e, per natura, diffido da chi si presenta come la miracolosa soluzione a tutti i miei problemi.

Credo invece nel dialogo, nel confronto e nella professionalità, valori spesso più preziosi delle gemme che vendo.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Normalità

Normalità – Atto IV

La normalità è una condizione ambita ma non sempre facile da ottenere.

Molti la cercano, chi nella vita quotidiana, chi nel lavoro, tutti la desideriamo come simbolo della fine di questo difficile periodo.

La normalità è percepita come consuetudine, regolarità, ordine.

Naturale quindi cercarla dopo un periodo che di normale ha avuto ben poco.

Per me la normalità, sul lavoro, sarà tornare a parlare di gemme e gioielli più che di finanza ed economia.

Non posso esimermi da valutazioni economico finanziarie, specialmente se si parla di investire in diamanti, ma ho voglia di tornare a quello che mi ha fatto scegliere questo lavoro: la passione per il colore e il design.

Prima però devo ancora soffermarmi sulle dirette conseguenze della pandemia sul mercato dei preziosi perché porteranno molte novità, alcune utili altre meno.

Normalità e innovazione

Nello scorso articolo vi ho parlato di transizione e di come influenzerà il mercato.

Se da un lato è giusto ridurre al minimo l’impatto ambientale delle estrazioni minerarie, dall’altro si cerca di sfruttare il sentimentogreen” per proporre modelli di consumo a volte pericolosi.

L’industria mineraria è molto sensibile all’argomento, anche per i notevoli ritorni d’immagine, e collabora con i governi per risolvere il problema.

Trovo quest’attenzione doverosa e responsabile e potrà portare solo miglioramenti al mercato.

Credo invece che altre scelte ecologiste siano solo uno specchietto per le allodole.

L’esempio perfetto sono i diamanti “lab-grown”, nome orecchiabile per descrivere le pietre sintetiche fatte dall’uomo in laboratorio.

Non ho nulla contro i diamanti “lab-grown”, a patto che siano venduti come tali. Sono invece meno convinto che siano più ecologici dei diamanti naturali.

A parte l’altissimo costo energetico necessario per produrre i diamanti in laboratorio le materie prime necessarie per realizzarli provengono da miniere, esattamente come i diamanti naturali.

Non esiste un solo studio serio e completo in grado di quantificare e confrontare il reale impatto complessivo di questi due prodotti.

La cosa che trovo subdola è far leva sul giusto sentimento ecologista per vendere un oggetto artificiale in base ad una sostenibilità ambientale tutta da dimostrare.

Se cercate dei diamanti “lab-grown” sarò felice di fornirveli ma non come sostituti di quelli naturali.

Sono semplicemente un altro prodotto.

Il nuovo marketing

Per porre l’accento su questa diversità la Diamond Producers Association (DPA) si è trasformata in Natural Diamond Council (NDC), scegliendo David Kellie come amministratore delegato.

Kellie è un mago del marketing, come ha ampiamente dimostrato negli anni creando brand mondiali di successo, particolarmente per gli orologi di lusso, trasformandoli da costosi accessori in oggetti iconici da collezione.

Adesso la sua attenzione è sul diamante naturale per separarne definitivamente l’immagine da quella dei diamanti “lab-grown”.

Contemporaneamente De Beers ha introdotto il “codice di origine” come parte di una completa ristrutturazione volta a raccontare cosa l’azienda sta facendo realmente per l’ambiente.

L’idea è di associare il marchio De Beers, che sarà presente sulle sue pietre, ai concreti interventi fatti dall’azienda sia in campo ecologico che sociale.

È sicuramente un’operazione di marketing ma con risvolti concreti che sembrano reali e meritevoli.

La mia normalità

Questa nuova normalità sarà per me una sfida che richiederà altro studio e molta attenzione.

Dovrò selezionare la parte sana di tutte queste novità per offrirvi un prodotto all’altezza dei nuovi standard senza cadere nei tranelli del marketing.

Anche se vendo lusso, credo che la sostanza debba sempre esserci, così come l’attenzione per il cliente.

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Alla prossima,

Paolo Genta

Transizione

Transizione – Atto III

La transizione, oltre a essere l’argomento caldo del momento, è anche la più grande incognita per il futuro.

Può essere ecologica, digitale o sociale ma avrà comunque un forte impatto sulle basi stesse del commercio, anche nel mio settore.

È inutile nascondersi dietro un dito: la transizione, per quanto necessaria, ha dei costi che nessuno vorrebbe pagare.

Non vogliono pagarli gli stati perché sanno benissimo che la regolamentazione delle responsabilità spesso scoraggia lo sviluppo, aumenta i costi produttivi e non genera profitti.

Le imprese non vogliono ulteriori costi perché sanno quanto sarà difficile recuperarli e temono la concorrenza sleale.

I clienti, anche se favorevoli a prodotti socialmente e ecologicamente sostenibili, spesso non sono disposti a pagarne il maggior costo.

Transizione ecologica e responsabilità sociale

La transizione ecologica, a mio parere, è solo un aspetto della più complessa e ampia “responsabilità sociale”.

Tutto si giocherà sulla definizione di “buon prodotto”.

Un imprenditore attento ai clienti cerca sempre di offrire un buon prodotto ad un prezzo competitivo ma queste nuove esigenze cambieranno proprio il significato dell’aggettivo “buon”, ridefinendo il prodotto.

Aumentare la qualità di un prodotto significa aumentarne il costo e quindi il prezzo.

Alcuni clienti, per ottenere prodotti più sostenibili, accetteranno l’aumento, altri no.

Ecco perché nell’industria dei gioielli e particolarmente nell’estrazione dei diamanti la transizione passerà prima di tutto dalla razionalizzazione produttiva.

Si programma una minore offerta che sarà focalizzata sui clienti che accetteranno il prezzo più alto.

Alla fine i consumatori otterranno il livello di responsabilità sociale che saranno disposti a pagare.

Il commercio può certamente guidare la domanda verso prodotti migliori ma la decisione finale sarà sempre e solo dei consumatori.

Rispettare le regole o barare?

La transizione sarà molto complessa perché di fianco alle aziende che svilupperanno i buoni prodotti ce ne saranno altre che preferiranno i “cattiviprodotti, per lucrare sui minori costi.

Questo, alterando la concorrenza, creerà un effetto domino e spingerà altre aziende lontano dalla strada più virtuosa.

Il mondo dei gioielli sta lentamente costruendo catene di approvvigionamento “buone” e certificate che partano dalla miniera per arrivare al consumatore finale.

L’obbiettivo è riuscire a comunicare correttamente al cliente quali e quanti sono stati i miglioramenti del prodotto per essere così ripagati per aver seguito la strada virtuosa.

Premiare il buon comportamento

Questa è la base per un valore aggiunto socialmente responsabile.

È giusto poter dire al cliente che la pietra che desidera è stata scavata rispettando le leggi, che la taglieria dove è diventata una gemma non sfrutta i lavoratori, che il gioiello sul quale è montata è stato creato veramente da un artigiano italiano e non fatto in serie all’estero.

Tutti questi passaggi pur essendo giusti e doverosi hanno un costo. Se il cliente non accetterà di pagarlo l’azienda non potrà fare altro che abbandonare questa politica.

Transizione digitale

Nel mio settore, dal lato della produzione, è una realtà consolidata, ma è giusto estenderla anche alla vendita al consumatore finale?

Io non vendo solo un oggetto, fornisco anche le competenze necessarie per fugare i vostri dubbi.

Tramite un canale digitale posso incuriosirvi, spingervi all’acquisto ma sarà sempre il contatto diretto a fare la differenza per conquistare la vostra fiducia.

Questo perché sono una piccola realtà commerciale e, pur curando brand e marketing, mi concentro sulla sostanza del servizio ai clienti.

Per lo stesso motivo non vendo tramite Amazon: non ho la forza commerciale per negoziare commissioni che non siano un capestro (se siete curiosi qui le trovate tutte).

Il fatto che molti, dopo aver comprato sul web oggetti preziosi, si rivolgano a me e ad altri colleghi, per essere rassicurati sull’acquisto indica che in certi settori la transizione digitale non è un vantaggio per i clienti ma solo per alcuni venditori.

La transizione sarà buona o cattiva?

Come sempre non esiste una risposta univoca. Di sicuro sarà un’opportunità. Le aziende dovranno effettuarla, cercando di ottimizzare i costi senza scaricarli integralmente sui consumatori.

Per contro i consumatori dovranno scegliere se premiare le aziende virtuose o continuare a scegliere il prezzo più basso.

Un anno fa ho scritto un articolo sulla guerra degli sconti che, a mio parere, è valido anche per questa fase di mercato.

Nel prossimo articolo vi parlerò di quella che, secondo me, sarà la nuova normalità con i suoi pro e gli immancabili contro.

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Alla prossima,

Paolo Genta