Articoli

De Beers

De Beers in vendita: vero, falso, ma soprattutto perché?

Questa volta i protagonisti sono De Beers e la sua parent company Anglo American.

Negli anni molte volte si è parlato di una possibile vendita di De Beer, da parte di Anglo American.

Le motivazioni sono state le più disparate:

  • per far cassa
  • per ristrutturare un settore non più strategico
  • per non affrontare le cicliche crisi di domanda e offerta del settore dei diamanti
  • per scappare da un settore definitivamente compromesso dai diamanti sintetici

A rendere ancora più nebulosa la situazione Anglo American ha ricevuto, pochi giorni fa, una curiosa offerta di acquisto: ben 36 miliardi di euro da parte di BHP, un colosso minerario a livello planetario.

L’offerta è stata rifiutata sdegnosamente dichiarando che sottovalutava pesantemente il reale valore di Anglo American.

Questo anche se rappresentava un premio del 31% rispetto all’ultima chiusura di borsa e del 78% rispetto al valore medio degli ultimi 90 giorni.

Che però l’offerta fosse bassa lo si poteva intuire dal balzo del 13% che BHP ha fatto in borsa dopo l’annuncio dell’offerta!

Un balzo che, in termini di capitalizzazione, vale ben 30 miliardi di sterline!

Perché se ne riparla

Le voci per la vendita di De Beer sono tornate recentemente alla ribalta.

Molti si chiedono se il calo dei prezzi del 2023 sia stato solo l’ennesimo ciclo, già visto più volte, oppure se sia il primo segnale di un futuro crollo dovuto all’avvento del sintetico.

Dubbi legittimi, specialmente se si ricorda che a febbraio Anglo American ha svalutato di 1,56 miliardi di dollari il valore contabile di De Beers.

De Beers
De Beers Exceptional Blue Collection

Questa visione stride con il calibro dei potenziali acquirenti: fondi sovrani e grandi case del lusso.

Mi sembra che queste entità economiche non siano proprio facili da raggirare e che investano solo in settori ampiamente remunerativi.

Basta guardare le performance stellari del gruppo LVMH, giusto per citare il più famoso. Ogni acquisto che ha effettuato si è trasformato in un grande successo.

La mia opinione

A mio modestissimo parere sembra che Anglo American voglia togliersi dai piedi tutti i conflitti aziendali che hanno afflitto De Beers in questi anni. Anche a costo di rinunciare (in cambio di una montagna di soldi) a corposi utili.

Perché in effetti De Beers sta litigando un po’ con tutti.

Litiga con il Botswana per gli accordi minerari, con i Sightholders che lavorano in perdita e con giganti come HB (forse il maggiore grossista di diamanti di Anversa).

Per la cronaca: De Beers è controllata al:

  • 45% da Anglo American
  • 40% da Central Holdings (controllata a sua volta dalla famiglia Oppenheimer, fondatrice nel 1917 di Anglo American)
  • 15% dalla Repubblica del Botswana.

De Beers e il mercato

Comunque, pur in mezzo a tutte queste incognite, De Beers continua a restare fedele alla sua tradizione di regolatore del mercato.

Dopo aver analizzato le condizioni economiche mondiali la sua risposta a guerre, tassi, borse da record e agli elevati stock dei grossisti è stata di ridurre la produzione di 3.000.000 di ct.

Questo vuol dire che nel 2024 estrarrà “solo” tra 26 e 29.000.000 di carati invece dei previsti 29/32.000.000. Si tratterà comunque di un ribasso attorno 10%!

Questa operazione servirà non tanto a evitare cali di prezzo piuttosto permetterà al mercato di riassorbire il surplus generato nei mesi passati.

Pink Jubilee

Scenari futuri: De Beers e non solo

Come sempre non ho la sfera di cristallo. Posso solo basarmi sui segnali di mercato e sulle informazioni disponibili.

Sembra che il mondo del diamante sia sotto attacco su più fronti. Molti pensano addirittura che i topi stiano abbandonando la nave prima del proverbiale naufragio.

Tuttavia mi sembra assurdo dare per spacciato un settore nel quale sono stati investiti decine di miliardi di dollari e che ne vale circa 100 (solo per la parte lusso)!

Le ristrutturazioni aziendali sono sempre esistite, e a volte anche delle grandi aziende muoiono ma quasi mai è il settore a sparire.

Cosa dire, per esempio, del fatto che mentre l’oro è ai suoi massimi storici molte miniere siano in vendita? Chi mai venderebbe una miniera quando il metallo costa oltre 70 €/g? L’oro sta forse per non valere più nulla?

Anche se De Beers dovesse sparire non è affato detto che spariscano i diamanti: le miniere continuano ad esistere e le gemme continuano ad essere desiderate.

Certamente si dovranno valutare le conseguenze sui prezzi ma credo che l’eventuale assenza di un gigante come De Beers porterà a un sano riaggiustamento del mercato, a vantaggio della merce di qualità.

Sarà un caso che da tempo indirizzi i miei clienti verso i diamanti colorati oppure su pietre bianche con sconti importanti?

Mentre i diamanti colorati sono immuni a queste vicende quelli bianchi, se comprati bene, vi permetteranno di attendere l’esito del conflitto senza troppi rischi e senza aver rinunciato ad un’opportunità.

Se vi piacciono gli argomenti che tratto iscrivetevi alla mia newsletter: avere le giuste informazioni potrebbe esservi molto utile.

Alla prossima,

Paolo Genta

Diamanti sintetici

Diamanti sintetici: bufala o rivoluzione?

Non ho mai creduto che i diamanti sintetici potessero spodestare le pietre naturali dal podio delle gemme più ambite.

Questo non vuol dire che non possano essere pericolose per il mercato.

A guardare i numeri c’è di che avere paura: De Beers nell’ultimo bilancio ha perso 1.9 miliardi di dollari di fatturato. Un calo del 29% da 6,6 a 4,7 miliardi.

Questo calo è dovuto sia alla prepotente crescita del sintetico ma anche all’avidità di molti intermediari.

Confidando nella costante crescita dei prezzi nel post covid, hanno comprato senza valutazioni strategiche per trovarsi poi pieni di invenduto a causa dalla crisi inflattiva e dei tassi.

Nel B2B si assiste ad un marcato calo di ordini e prezzi per la produzione non di marca, dove l’uso dei diamanti sintetici permette utili elevatissimi.

Tuttavia i prezzi di produzione del sintetico crollano giornalmente.

Ormai ci stiamo avvicinando alle due cifre al carato.

Calano anche i prezzi al dettaglio: nessuno compra sintetici per il magazzino ma solo sul venduto.

Se da un lato la clientela più giovane, americana in particolare, non ha mai pensato ai diamanti in termini di investimento ma solo di apparenza dall’altro molti hanno acquistato sintetici, perché più economici, senza realizzare che il loro valore sarebbe affondato come il Titanic.

Cosa penseranno i clienti che hanno pagato un solitario sintetico 9.000 $ (contro i 12/15.000 dell’omologo naturale), che oggi lo vedono a 2.500 $ e che presto ne costerà 200?

Reciteranno un mea culpa perché hanno creduto ad una bufala, saranno soddisfatti di aver speso meno o se la prenderanno con il mercato?

I numeri del mercato

Dal crollo del Lockdown (20 marzo 2020) al massimo del 4 marzo 2022 i diamanti naturali hanno guadagnato, in media, oltre il 20% per poi perdere quasi il 13% dal picco a oggi.

Tuttavia la media del periodo resta positiva per circa il 7.87%. Ulteriori cali sono possibili ma credo che presto la situazione si stabilizzerà per riprendere il sentiero di crescita.

I diamanti sintetici sono usati in massa per gli accessori nell’abbigliamento, come lo sono stati gli Swarovsky anni fa.

Vengono comprati da clienti che, non potendo o volendo affrontare la spesa di una pietra naturale, anche di bassa qualità, preferiscono il più appariscente sintetico.

Infatti le pietre naturali di bassa qualità sono le più colpite in termini di prezzo.

La solidità dei diamanti naturali

Christies Cullinan Dream

Ho recentemente avuto la prova sia della solidità del mercato naturale che del caro prezzo che si paga se ci si affida a intermediari non professionali:

  • Una pietra, comprata nel lontano 1976 in Israele, certificata Top Wesselton / Vvs2 (F/G – Vvs2 secondo lo standard attuale), è risultata addirittura una E/Vvs2 ed è stata venduta in meno di due settimane con soddisfazione di tutte le parti.
  • Di tre pietre, comprate in banca, per circa 12.000 € due sono state vendute per 1.800 € e la terza non supererà i 2000 €. L’unico prezzo valido è quello di mercato.

Diamanti sintetici: quale futuro?

Personalmente non credo che i diamanti sintetici siano una bufala e neppure una rivoluzione.

Semplicemente sono un altro prodotto, che segue il suo ciclo di vita.

Ma su questo prodotto si sta speculando tantissimo in nome di un grande profitto a breve senza curarsi dei danni al mercato del naturale.

Non sembra neppure un cambiamento nelle abitudini di spesa, se non per la fascia di clientela che preferisce comprare una pietra (artificiale) più grande invece che naturale di qualità (e dimensione) inferiore.

In mezzo a questa lotta i diamanti rosa (e i fancy in generale) sembrano insensibili e proseguono sulla loro strada.

Se vi piacciono gli argomenti che tratto iscrivetevi alla mia newsletter: avere le giuste informazioni potrebbe esservi molto utile.

Alla prossima,

Paolo Genta

Etica

Diamanti ed etica

L’etica, associata ai diamanti, è un argomento spinoso. Dibattuto da anni è diventato una specie di mantra fortemente distorto da posizioni partigiane.

Voglio essere molto chiaro, anche se rischio di essere brutale: i diamanti insanguinati” o “di guerra” esistono?

Sì, esistono.

Esattamente come esite il petrolio sotto embargo che consumiamo regolarmente grazie alla triangolazione di paesi compiacenti.

Come esiste il traffico di rifiuti che dalla raccolta finisce all’altro capo del mondo ad avvelenare intere popolazioni.

E come esistono mille altre attività illecite, fatte sulla pelle di innocenti, sulle quali sorvoliamo più o meno coscientemente.

Quindi? Al diavolo l’etica e facciamo finta di niente? Continuiamo a comprare diamanti per la loro bellezza e valore senza altre valutazioni?

No, assolutamente no!

I fatti dell’etica

Forse è ora di guardare alla realtà dell’industria dei diamanti.

Per vedere cosa è diventata grazie alle regole introdotte negli ultimi trent’anni e a cosa potrà diventare.

Molti colleghi parlano di “diamanti etici” solo per poterli vendere ad un prezzo maggiore, sorvolando sul fatto che i diamanti in commercio sono etici, per oltre il 97%.

Il rimanente 3% è, per la quasi totalità, rappresentato da diamanti di origine incerta, spesso perché venduti da produttori legittimi che però non aderiscono ai cartelli o alle associazioni internazionali.

Il Natural Diamond Council (NDC), precedentemente noto come World Diamond Council (WDC), è l’autorità che controlla globalmente la legalità del commercio, dalla miniera fino al mercato.

Attualmente sta negoziando un accordo con le otto maggiori aziende che tagliano e commercializzano diamanti per sopperire al bando del produttore russo Alrosa dal mercato e quindi per coprire il suo mancato apporto finanziario all’organizzazione.

Le azioni

Ma cosa fa realmente l’NDC?

Oltre a curare la correttezza della filiera si occupa di sfatare i miti e le fake news sui diamanti. Si occupa anche di promuovere una corretta redistribuzione degli utili di questa industria.

L’industria dei diamanti contribuisce attivamente al benessere di milioni di persone.

In India e Africa principalmente, tramite accordi che permettano uno sviluppo delle popolazioni che estraggono e lavorano i diamanti.

Il Lesotho, grazie alla partnership con il famoso gioielliere Graff, ha potuto realizzare opere (scuole, strade, ospedali, infrastrutture base) impensabili senza gli utili dei diamanti.

Surat, in India, è una piccola Svizzera rispetto al resto del paese, grazie all’industria del taglio di diamanti che lavora oltre il 90% delle pietre mondiali.

Il Botswana, che rappresenta il 25% della produzione mondiale. È passato da una quota le 15% nella società con De Beers nel 1969, al 50% nel 1974. Dal 1991 ha il quartier generale della società nella sua capitale

Oggi ha deciso di vendere il 90% dei propri diamanti direttamente. Lo ha potuto fare solo grazie ai frutti prodotti dai diamanti e agli accordi etici stipulati.

Il futuro

No, non è un’industria perfetta o meritevole del Nobel per la pace ma credo abbia fatto molto più per i paesi produttori di quanto abbiano fatto tante altre aziende delle quali non ci sogniamo di criticare i prodotti.

Certamente si può fare sempre meglio e da anni questa è la strada intrapresa.

Sarebbe bello riuscire a far vedere ai consumatori la parte etica di questa industria evitando che un vecchio luogo comune prosciughi una preziosa fonte di risorse per le popolazioni che si pensa di proteggere non acquistando diamanti.

Se vi piacciono gli argomenti che tratto iscrivetevi alla mia newsletter: avere le giuste informazioni potrebbe esservi molto utile.

Alla prossima,

Paolo Genta

Speculazione

La vera faccia della speculazione

Da molti mesi si parla di speculazione come della causa dei prezzi che ci sono piombati addosso e adesso cerchiamo di correre ai ripari.

In realtà sono due anni e mezzo che questa situazione girava nell’aria, ma era talmente diversa dalle nostre abitudini che nessuno ci voleva credere.

A marzo e giugno del 2020 scrissi due articoli su come immaginavo il futuro economico e il post pandemia.

Questi sono i link per chi vorrà verificare se ci ho azzeccato:

In sintesi mi immaginavo le conseguenze della valanga di denaro introdotta nell’economia planetaria e dell’inflazione che ne sarebbe seguita.

Che poi la speculazione si manifestasse era inevitabile, ma non credo che tutto quello che stiamo vivendo dipenda solo da lei.

Cosa dovrebbe essere la speculazione

La speculazione in sé non solo non è cattiva ma è sempre stata il simbolo della lungimiranza e della capacità umana.

L’origine della parola arriva dal latino specchio” ed è sempre stata usata per indicare la capacità di vedere.

Di vedere lontano e prima degli altri i cambiamenti o le opportunità.

Speculare in borsa vuol dire (o voleva dire) saper leggere e interpretare report, bilanci e voci su una determinata società, saperne stimare gli effetti sulle quotazioni ed agire di conseguenza per ottenerne un profitto.

Nell’industria o nel commercio si speculava quando si vedeva un’opportunità, spesso lontana nel futuro, e ci si puntava sopra cercando di coglierla.

Lo ha fatto chi ha puntato sulle auto quando c’erano le carrozze, chi ha scommesso su internet quando era solo un sistema di comunicazione militare o, al più, una cosa da nerd.

Cos’è davvero

Poi purtroppo il mezzo, il denaro, è diventato il fine e la speculazione è diventato sinonimo di illecito profitto, di abuso delle situazioni di mercato.

Speculazione

Inutile recriminare, quello che è successo non lo si può cambiare, si può invece fare molto per affrontare quello che succederà.

La speculazione è presente anche nel mercato dei diamanti ma in un modo meno evidente e, a mio parere, molto più subdolo.

Non ha colpito i prezzi con aumenti folli ma ha introdotto beni che solo apparentemente erano un’opportunità: i famosi (o famigerati) diamanti sintetici.

Uno stimato professionista del mio settore, Martin Rapaport, ha scritto molto sull’argomento.

Padre dell’omonimo listino, gestisce un network che quota oltre 900.000 diamanti per un valore oltre 6 miliardi di dollari oltre ad essere molto attivo sul fronte etico dell’industria dei diamanti.

Per me è sempre stato una preziosa fonte di informazioni.

Depurando i suoi articoli dalla legittima componente commerciale mi ha fatto notare molti cambiamenti prima che piombassero sul mercato.

La bussola nella tempesta

L’ultima sorpresa è arrivata con gli auguri di Natale dove, senza allarmismi o accondiscendenza, parlava delle sfide che l’industria dei diamanti dovrà affrontare.

Il punto basilare e solo apparentemente ovvio è esercitare la propria attività solo su ciò che è certo e sostenibile.

Per i diamanti questo vuol dire basarsi sul desiderio di sicurezza emotiva e finanziaria delle persone.

Sicurezza e impegno sono componenti fondamentali della natura umana, legate ad essa in modo darwiniano.

Non importa chi sei, dove o quando sei, se vuoi avere figli o no: comunque hai bisogno di sicurezza emotiva e finanziaria.

Superata la soglia dell’economia di sussistenza si attivano meccanismi che ci fanno cercare la sicurezza.

Il ruolo di chi fa il mio lavoro è mantenere la relazione simbolica tra i diamanti e il dono di queste sicurezze.

Guerre, pandemie, dati demografici impatteranno sempre sui mercati finanziari e dei diamanti, creando infinite possibilità per fare (o perdere) montagne di soldi.

Tuttavia il futuro del mio settore non si basa sul breve termine.

I diamanti sono una riserva di valore di lungo termine utilizzata come simbolo di impegno.

Le scelte strategiche

Ed è qui che entra in scena la speculazione, sotto forma del mio peggior nemico: l’avidità.

Il marketing, la promozione e la vendita di diamanti sintetici come sostituti dei diamanti naturali sta distruggendo il valore di queste magnifiche gemme in nome di un fugace (ed enorme) profitto di breve termine.

I diamanti sintetici sono i “Bitcoindel mercato dei diamanti.

Anzi ne sono la parte peggiore perché mancano di qualunque elemento di scarsità che ne giustifichi il valore.

Chi li vende paragonandoli alle pietre naturali non rivela mai la loro incapacità assoluta di mantenere il valore.

Ed infatti il loro prezzo è in costante calo.Alla fine il loro commercio crollerà, come stanno facendo i prezzi dei materiali sintetici, come già è successo per rubini, smeraldi e zaffiri sintetici.

Chi ha pagato 5.000 € un diamante sintetico anziché i 10/15.000 € per il suo omologo naturale quando scoprirà che adesso vale solo centinaia o decine di Euro si ricorderà molto bene il nome di chi glielo ha venduto.

Un diamante non è bigiotteria e la reputazione a lungo termine vale più del profitto a breve: su queste idee ho cercato di basare la mia azienda.

Se vi piacciono gli argomenti che tratto iscrivetevi alla mia newsletter: avere le giuste informazioni potrebbe esservi molto utile.

Alla prossima,

Paolo Genta

Mistero

A volte spariscono!

Questo splendido diamante rosa da 13.15 ct, con una purezza elevatissima (Vvs1) e, a mio parere, il miglior colore possibile (Fancy Vivid Pink) è sparito.

Stimato tra i 25 e i 35 milioni di dollari doveva essere il pezzo forte dell’asta di Christie’s a New York il prossimo 6 dicembre.

Anche se la sparizione è stata volontaria e non in seguito ad un furto, ha comunque sorpreso tutti gli addetti ai lavori, specialmente perché la celebre casa d’aste non ha fornito alcuna spiegazione.

Non è il primo pezzo da sogno sparito negli anni dalle aste, solitamente in seguito a trattative private.

Dopo qualche anno solitamente rispuntano in celebri collezioni.

Questa volta potrebbe essere lo stesso copione ma, siccome il dubbio crea la notizia e la notizia diventa pubblicità, alcuni si chiedono se invece il ritiro non sia legato al timore di un invenduto.

Tre settimane fa, a Ginevra, il Fortune Pink (taglio a goccia, ct. 18.18, Fancy Vivid Pink), stimato tra i 25 e i 35 milioni di dollari ha fruttato al venditore per poco meno di 29 milioni.

Subito dopo un diamante blu di 5.53 ct, della celeberrima collezione De Beers Exceptional Blue, è rimasto invenduto.

Quindi il mistero sulla “sparizione” permane.

Qualche lungimirante e facoltoso cliente avrà fatto il colpaccio o, dopo una lunga e frenetica corsa, finalmente il mercato ha deciso di prendersi una sana e necessaria pausa?

Volete sapere quale è stato il diamante rosa più costoso fino a oggi? Leggete qui e lo scoprirete!

Sono argomenti che approfondirò nella mia newsletter, se vi interessa saperne di più iscrivetevi, avere le giuste informazioni potrebbe esservi molto utile.

Alla prossima,

Paolo Genta

Prezzo

Rientro bollente

Negli anni ci siamo abituati ai classici “ritocchi di prezzo autunnali” dei listini che, insieme a quelli di gennaio, rendono molto più sgradevole il rientro dalle vacanze.

Oggi mi sembra che la musica sia cambiata, profondamente.

A parte il fatto che il prezzo dell’energia elettrica è iniziato a crescere in modo abnorme già un anno fa, quindi ben lontano dai venti di guerra, e che l’aumento del prezzo dei carburanti è solo parzialmente giustificato dalla rivalutazione del dollaro, cosa sta succedendo?

A metà luglio, nella mia newsletter, descrivevo la situazione come una tempesta perfetta, con una crisi di governo come ciliegina finale.

Era un’analisi limitata al mercato italiano che ora si deve estendere a tutto il mondo.

Perché se ragioniamo in termini strettamente locali rischiamo di avere una visione molto distorta dei fatti e del futuro.

Gli ingredienti del caos

La pandemia ha mostrato i piedi di argilla di alcuni giganti. A mio parere ha mostrato anche la vulnerabilità del sistema economico che abbiamo costruito.

Sono decenni che nazioni, decisamente benestanti, quando vogliono una risorsa si limitano a strapagarla per sottrarla al resto del mondo (Usa) oppure si comprano la nazione che la produce (Cina).

Con la ripresa produttiva dopo la fase più acuta dell’emergenza pandemica questo comportamento è diventato la norma.

Ci si è accorti che la corsa alla massima convenienza economica ha reso fragile la catena dei rifornimenti. Questo ha portato alla più semplice delle conseguenze: ci sono pochi prodotti, se li vuoi li paghi.

Che poi la scarsità di prodotti sia reale o meno è secondario, l’importante è cavalcare l’informazione più utile ai nostri scopi.

In un mondo dove se non trovi le ciliegie a Natale esci di testa questo è sufficiente per creare il caos.

Il discorso è molto complesso ed è differente per le varie nazioni ma, in estrema sintesi, il succo è quello.

A poco vale la considerazione che solo una piccola percentuale della popolazione ragioni così, lo vediamo tutti i giorni: l’informazione non è solo il petrolio del XXI secolo, ne è anche l’acqua e l’aria.

Se sai gestire le informazioni controlli tutto. Ecco perché è tanto facile manipolarci.

Soluzioni? Poche, ma ci sono.

Prima fra tutte riprendere la sana abitudine di agire solo dopo un’attenta valutazione: è certamente faticoso ma se accettiamo sempre tutte le novità senza reagire poi non possiamo lamentarci perché ci ritroviamo nei guai.

Non possiamo certo proclamare l’autarchia e isolarci dal mondo ma tra questo e subire passivamente tutto credo esista una sana via di mezzo.

Ma veniamo al mio settore: come ci si attendeva arrivano le prime conferme del rapporto Anglo American che vedeva in calo il prezzo di quasi tutte le materie prime ad esclusione del mercato dei diamanti visto in crescita.

Il primo pensiero che mi è venuto è stato: “bravi voi, estraete diamanti!

Poi mi sono ricordato che estraggono anche oro, platino, carbone, metalli, producono asfalto, cemento e fertilizzanti.

Quindi si può dire che abbiano un’ottima percezione del mercato.

L’impatto di questo calo dei prezzi sarà molto diverso nel mondo, esattamente come lo è l’impatto dell’inflazione, esattamente come lo sarà la dinamica futura dei tassi di interesse.

Sono argomenti che approfondirò nella mia newsletter, se vi interessa saperne di più iscrivetevi, avere le giuste informazioni potrebbe esservi molto utile.

Alla prossima,

Paolo Genta

Sanzioni

Sanzioni: quanto ci costano davvero?

Le sanzioni sono un argomento scottante. Sono diventate la bandiera per schierarsi in questa tragica situazione.

Alcuni le reputano totalmente inutili contro un gigante come la Federazione Russa, altri le vorrebbero totali per stroncare le fonti di finanziamento della guerra, infine ci sono persone che vedono nelle sanzioni una pericolosa provocazione verso una nazione assai aggressiva.

Messe da parte le mie opinioni sull’efficacia finora dimostrata dalle sanzioni ho potuto studiare meglio le conseguenze per noi sui mercati di oro e diamanti.

L’oro

L’argomento più recente riguarda l’oro: come sappiamo le borse si muovono sulle notizie quindi anche se manca ancora l’ufficialità su tempi e metodi per l’embargo dell’oro russo il mercato ha già usato le parole di Erich Maria Remarque per dare il suo parere: “Niente di nuovo sul fronte occidentale”.

A parte un’oscillazione in apertura, inferiore all’1%, l’oro prosegue il suo cammino apparentemente insensibile alle sanzioni.

Nelle prime due settimane del conflitto l’oro ha ripetuto i massimi del luglio 2020 per poi ripiegare di oltre il 10% arrivando a testare il supporto del luglio 2011: quei 59 $/g che hanno segnato la fine della prima corsa all’oro iniziata nel 2003.

Come si può vedere dal grafico sembra che le conseguenze delle sanzioni sull’oro russo, almeno per chi le ha imposte, siano nulle.

sanzioni oro

Non dimentichiamoci poi che i media amano cavalcare l’onda delle notizie ma spesso arrivano fuori tempo.

Le autorità sono attive sin da marzo per bloccare i capitali russi in fuga. La Svizzera, per esempio, vieta la commercializzazione del metallo russo dal 7 marzo 2022 e a maggio ha sequestrato tre tonnellate del prezioso metallo triangolate dal Regno Unito ma di provenienza russa.

Divieti simili sono stati posti mesi fa anche dal London Bullion Market ma, al solito, “fatta la legge trovato l’inganno”: adesso pare che sia Dubai la piazza di transito per aggirare i divieti.

I diamanti

Per il mondo dei diamanti invece pare che il problema sia quantificabile in 31,5 milioni di dollari.

Questo è quanto Alrosa, gigante minerario russo, non pagherà l’anno prossimo al Natural Diamond Council (NDC) come conseguenza diretta delle sanzioni sui diamanti.

L’NDC è un ente, finanziato da De Beers, Lucara Diamond Corp., Arctic Canadian Diamond Company, Petra Diamonds, Rio Tinto e altri che ha il compito di promuovere i diamanti naturali sul mercato tramite mirate campagne di marketing.

A quanto pare l’unico problema sarà coprire il budget, per il 2023, per la promozione dei diamanti naturali presso il pubblico.

Certamente è un problema da risolvere ma non mi sembra così grave da affossare il mercato.

Il mercato

Come scrivevo a marzo la domanda di diamanti ha raggiunto e superato i livelli del 2019 ma i prezzi rimangono stabili, almeno in dollari, mentre per noi europei sono saliti a causa della rivalutazione del dollaro.

Al momento il mercato riesce a gestire la forte domanda ma la situazione non sarà sostenibile a lungo.

Anche perché i prezzi di tutti i materiali sembrano impazziti e, siamo sinceri, non certo a causa della guerra o delle sanzioni.

La speculazione

Basta analizzare il “sangue” della nostra economia: il petrolio.

Nella prima metà del 2008 costava circa 114 € al barile (180 $ al cambio di 1.57) mentre oggi costa 104 € al barile (110 $ al cambio di 1.05).

In compenso il gasolio che nel 2008 costava 1.3 €/l, oggi costa 2,04 €/l (2.54 se includiamo lo sconto sulle accise).

Davvero è una conseguenza della guerra?

A fronte di un calo del petrolio del 5.5% come fa il gasolio ad essere aumentato del 57% (del 95% senza lo sconto)?

Non sono mai stato un complottista ma, rileggendo l’articolo di due anni fa, è difficile non notare un collegamento.

Poche settimane fa guardavo sui social commenti inviperiti di clienti che maledicevano i produttori di pasta.

Pastai che prima dichiaravano di usare solo grano duro italiano si lamentavano della scarsità di materie prime a causa del blocco del grano ucraino.

Non uno si è posto il problema che l’Ucraina pesa, sull’export mondiale di grano duro, poco più del 2% (idem la Russia).

L’Italia dipende per il 46% dal Canada, l’8% dalla Grecia, il 7% da Francia e Usa, il 3% dal Kazakistan.

Il prezzo del grano è esploso a causa dei problemi delle coltivazioni in Canada e dell’aumento dei costi di trasporto.

Di nuovo guerra e sanzioni non c’entrano nel discorso.

Come difendersi

Come notate è importante saper distinguere la realtà da come ci viene presentata, saper riconoscere l’inizio di un trend da una bieca manovra speculativa, scegliere le soluzioni che meglio si adegueranno alle nostre esigenze future.

È bastato il semplice annuncio (nessuna decisione, solo un annuncio) da parte russa della possibilità per l’Ucraina di esportare grano dai porti occupati per far tornare i prezzi indietro di due mesi.

In un contesto così turbolento sono felice che i diamanti seguano l’unica legge di mercato che trovo corretta: i prezzi devono basarsi su domanda e offerta, non su paura e speculazione.

Se volete maggiori informazioni sul mercato delle pietre preziose iscrivetevi alla mia newsletter.

Garantisco informazioni verificate e offerte riservate, molto interessanti.

Alla prossima,

Paolo Genta

Guerra e Pace

Guerra e diamanti

La questione dei diamanti di guerra non è mai stata più attuale.

Nei decenni passati si è lavorato molto per debellare questa piaga dal mercato delle gemme.

Grazie al Kimberley Process, l’accordo internazionale che blocca il commercio dei diamanti che arrivano dalle zone di guerra, il 99,8% dei diamanti in commercio è etico.

Il problema però, proprio come il diavolo, si nasconde nei dettagli.

Cosa fare se i diamanti non arrivano da una zona di guerra ma uno dei belligeranti ne è un grosso produttore?

Come comportarsi quando la situazione è più intricata del proverbiale “nodo di Gordio”?

A mio parere basta seguire lo spirito dell’accordo

e non barricarsi dietro la lettera delle disposizioni.

L’idea che ha ispirato questo accordo è semplice. I soldi spesi per un bene non devono alimentare guerre, sfruttamenti o sofferenze nei paesi dai quali questi beni provengono o sono lavorati.

Per quanto possa sembrare utopistica questa è un’idea che dovrebbe essere applicata in tutti i campi dell’economia e della finanza.

Questo però ci porterebbe a riconoscere una triste realtà: il benessere del quale godiamo è in parte fondato sulla sofferenza di qualcun altro.

Se applicassimo coerentemente i principi morali dovremmo smettere di acquistare gas, petrolio, legname e diamanti dalla Russia, importare materie prime dall’Africa, rinunciare a produrre in Cina e in estremo oriente.

La cosa sarebbe semplicemente impossibile. Quindi, prima di giudicare, dovremmo analizzare le nostre reali possibilità di azione. Qual è il prezzo che siamo veramente disposti a pagare in nome dei principi che vogliamo difendere?

I diamanti di guerra sono stati una grossa minaccia per il mercato, sia sul fronte etico che commerciale.

Scoperti dal pubblico solo nel 2006 grazie al film di Edward Zwick con Leonardo DiCaprio erano già nel mirino delle autorità e delle industrie da molti anni.

I primi accordi risalgono al 2000 e sono diventati operativi nel 2002.

Oggi il conflitto tra Russia e Ucraina ci pone di fronte a nuove scelte.

La lettera delle disposizioni internazionali vieta la commercializzazione delle pietre scavate e tagliate in Russia, mentre nulla dice delle gemme scavate in Russia ma lavorate altrove.

Personalmente trovo ridicola questa normativa, specialmente se penso che l’80 90% di tutti i diamanti estratti è tagliato in India, nel distretto di Surat!

Come in molti altri settori le sanzioni contro la Russia hanno lasciato spiragli per aggirarle grandi come portoni.

Fortunatamente il commercio dei diamanti pare stia

seguendo più lo spirito che la lettera delle disposizioni.

Praticamente tutti i marchi famosi hanno interrotto sia le vendite in Russia sia gli acquisti delle loro gemme, indipendentemente da dove sono state tagliate.

I grossisti che trattavano pietre russe sono stati isolati e potranno rivolgersi al solo mercato interno.

Non che questo faccia una sostanziale differenza nel conflitto o eserciti chissà quale pressione ma, almeno questa volta, il comportamento dell’economia mi sembra coerente con i principi e non succube del solo interesse economico.

Un altro aspetto molto interessante è l’andamento dei prezzi dei diamanti.

Nello scorso articolo vi dicevo che gli ultimi aumenti non erano correlati con la guerra, dopo oltre un mese di conflitto posso confermare questa notizia.

Gli aumenti ci sono stati, ma sin dallo scorso anno e sono stati causati dall’aumento della domanda, non dalla speculazione.

Nelle ultime tre settimane non solo i prezzi di listino sono rimasti stabili ma a il prezzo del grezzo è leggermente calato.

Calo fisiologico dovuto alla riduzione della domanda dopo i consistenti acquisti dei mesi passati per aumentare le scorte.

Come ho affermato più volte un bene è considerabile un rifugio di valore solo se non ha quotazioni troppo ballerine e se il suo trend non replica le fibrillazioni del mercato.

A quanto pare i diamanti stanno rispettando queste regole, confermandosi tra i migliori beni rifugio.

Se volete capire meglio i dettagli del mercato delle pietre preziose iscrivetevi alla mia newsletter.

Garantisco informazioni verificate e offerte riservate, molto interessanti.

Alla prossima,

Paolo Genta

perfezione

Le nuove frontiere della perfezione

La perfezione è forse la chimera più classica della nostra società. Cercata e ambita, in realtà sconosciuta, viene rincorsa con un impiego di energie a volte incomprensibile.

Senza cadere nella filosofia dobbiamo fermarci e pensare a cosa sia davvero la perfezione.

Anche nelle pietre preziose la perfezione assoluta è relativa.

Relativa ai gusti del cliente (e qui già ci si potrebbe fermare), relativa al costo che si è disposti a pagare per averla, relativa ai confronti disponibili.

Ma se diventa un indice per valutare e scegliere allora assume un nuovo significato.

La pietra perfetta

Nel mio settore una pietra è perfetta quando rispetta un insieme di parametri che ne esaltino la bellezza per quanto natura, tecnica e portafoglio permettano.

Spesso è semplicemente impossibile avere una gemma perfetta da un determinato minerale perché sarebbe impossibile indossarla: magari brilla benissimo ma, per farlo è spessa 2 centimetri.

Altre il costo economico per la perfezione è tale da rendere invendibile la pietra: una fluorite, meravigliosa per colore e purezza per essere lucidata a specchio veniva passata infinite volte su una tavoletta di legno e il costo della manodopera diventava stratosferico.

La perfezione tuttavia ci affascina e non siamo disposti a rinunciarvi.

Ecco perché è giusto trovare un equilibrio che ci permetta di ottenere il massimo senza doverci sciroppare ricerche interminabili.

Ogni minerale, per diventare una gemma, deve rispettate alcuni parametri. Anche i diamanti non fanno eccezione.

La perfezione nei diamanti

In molti conoscono le “4C”, Color, Cut, Clarity, Carat (Colore, Taglio inteso come forma, Purezza e Peso), che vengono usate per valutare i diamanti, ma sono solo l’inizio!

Come ben sanno i miei clienti (lo confesso, sono piuttosto insistente su questo) occorre valutare la fluorescenza della pietra e altri 3 parametri qualitativi: taglio, finitura e simmetria.

La fluorescenza è una caratteristica comune a moltissime pietre, nel diamante meno ce n’è meglio è.

Gli altri tre parametri possono essere Excellent, Very Good, Good, Fair, and Poor (Eccellente, molto buono, buono, discreto e scarso). Quando tutti e tre sono al massimo si ottiene l’ambita 3x” o “Triple Excellent”.

Il fatto è che i tagliatori sono anche dei virtuosi e amano eccellere quindi sul mercato si trovano, relativamente, sempre più pietre “3x” e questo pare le renda meno esclusive!

Un’azienda di New York ha introdotto un certificato dove la perfezione richiede addirittura 8 excellent.

Ha diviso i parametri in tre categorie: Fisica (finitura, simmetria esterna, proporzioni), Resa luminosa (brillantezza, fuoco, scintillio) e Ottica (simmetria ottica, “Hearts & Arrow”).

Sono sicuramente parametri importanti che, nel loro massimo grado, descrivono una gemma stupenda ma ne vale la pena?

La mia opinione

Dipenderà dal surplus di prezzo che sarà richiesto per questo certificato.

Ogni volta che scelgo una gemma per voi valuto moltissime caratteristiche, fa parte del mio servizio.

Trovare tutte queste informazioni in un certificato potrebbe essere utile ma forse è molto più di quanto un cliente si aspetti e gradisca.

Non sono così sicuro che, mentre acquistate un’auto, abbiate voglia di sorbirvi un corso di ingegneria meccanica!

L’auto deve piacervi, essere affidabile e, possibilmente, non costare una fucilata. Il resto lo date giustamente per scontato e forse vi piace anche farvelo dire dal venditore.

Quante volte avete guardato le schede tecniche nel manuale d’uso?

Lo stesso vale per una gemma: deve piacervi, deve essere autentica e rientrare nel vostro budget. Tutto il resto, certamente molto importante, rientra tra le informazioni che un venditore professionista saprà darvi.

Ovviamente se lo vorrete ma comunque le avrà già selezionate per offrirvi il meglio.

Non dimentichiamoci poi che molte gemme sono meravigliose proprio per i difetti” che le rendono uniche.

Anche perché la perfezione ha un grave difetto: ha la tendenza ad essere noiosa.

Se trovate interessanti queste notizie iscrivetevi alla mia newsletter, otterrete anche offerte riservate.

Alla prossima,

Paolo Genta

I prezzi dei diamanti salgono, ecco perché.

I prezzi salgono”, “tutto costa di più”. Questi sono i nuovi mantra dei discorsi che sento sempre più spesso.

Già a giugno 2020  vi avevo parlato dei miei timori su prezzi e inflazione e lo scorso luglio avevo fatto un primo punto sulla situazione.

Alcuni lettori non concordavano con le mie aspettative. Ipotizzavano uno scenario deflattivo con un eccesso di offerta sistematico, crollo dei prezzi e carenza drammatica di clienti.

Quando operavo in borsa una regola ferrea che dovevo ricordare era che i prezzi non venivano determinati dalle mie aspettative ma dal mercato.

Quindi se le cose non andavano secondo le ipotesi non era il mercato che sbagliava ma io.

Indipendentemente dalle nostre opinioni l’unica cosa saggia da fare oggi è prendere atto della situazione e agire di conseguenza.

Non voglio parlare degli stessi argomenti che sentiamo tutti i giorni, in mille modi diversi, su tutti i media esistenti. Vorrei invece condividere con voi un “dietro le quinte” per capire cosa sta succedendo nel mondo dei preziosi e dei diamanti in particolare.

Si fa in fretta a dire “i prezzi salgono” per capire il motivo della salita, se è semplice speculazione o l’inizio di un trend duraturo, bisogna capirne le cause.

Il lato della domanda

La pandemia ha avuto (e avrà) conseguenze rilevanti. In occidente, causa lockdown e timori vari, si sono ridotte drasticamente le spese, i contributi dei governi hanno generato, almeno per una parte delle persone, un ulteriore surplus di denaro.

Le ricorrenze e i matrimoni, rinviati a periodi più “semplici”, sono state l’innesco dell’esplosione della domanda.

Appena possibile molti si sono buttati a capofitto sul mercato per recuperare il tempo perso.

Anche se parliamo di diamanti non dobbiamo dimenticarci che il mercato è composto da persone di ogni estrazione sociale, ciascuna con il proprio budget.

Questo ha causato un aumento della domanda su tutti i tipi di diamante, non solo i classici tagli rotondi “a brillante” ma anche i tagli smeraldo, ovale, princess, radiant e tanti altri.

Ma la domanda è selettiva: non si accettano più tagli fuori moda o mediocri, si esigono tagli di altissima qualità.

Oltre a essere cambiato anche l’approccio alla purezza delle gemme, ci si è finalmente accorti che non si può più transigere sulle qualità del taglio.

Pur di trovare la pietra perfetta per le proprie esigenze si cercano anche le purezze inferiori.

Il lato dell’offerta

Tutto questo ha rapidamente esaurito le scorte dei venditori finali.

Purtroppo l’offerta è rigida, perché la produzione si adegui serve tempo e non sempre è possibile farlo.

Negli scorsi anni i tagliatori si sono via via spostati verso pietre più grandi che garantivano loro un maggior reddito a parità di lavoro, perdendo purtroppo la manualità per tagliare le pietre più piccole.

Gli acquisti per ripristinare le scorte hanno gettato ulteriore benzina sul fuoco che scalda i prezzi ma questo indica anche un marcato ottimismo per il futuro.

Se fosse un fuoco di paglia i commercianti sarebbero felici di aver vuotato il magazzino e certo non avrebbero fretta di acquistare nuova merce!

Il mercato

Mentre il mercato americano cerca pietre di qualità medio bassa, almeno fino ai 2 ct, la Cina impazzisce per le pietre “triplo excellent”, ovvero quelle tagliate meglio.

L’unica azienda che è riuscita ad adeguare rapidamente la produzione è quella dei diamanti sintetici, con rialzi a 2 cifre ma prezzi in forte calo, come era prevedibile per qualsiasi bene industriale offerto a cascata sul mercato. Ne avevo già parlato a maggio e novembre del 2019.

Il mercato, come il covid, procede a ondate: il calo dei prezzi di marzo 2020 ha innescato acquisti speculativi, ma è la domanda a dare il reale impulso ai prezzi.

Che siano pietre piccole o grandi, perfette o di bassa qualità la domanda è esplosa in tutti i settori. Le fabbriche e miniere tuttavia non possono fisicamente farvi fronte nel breve periodo e molte neppure sembrano intenzionate a farlo nel medio.

Pensate al look Hip-Hop che spopola in America. Si vendono catene d’oro con incastonati da 20 a 50 ct. di diamanti a prezzi che variano da 3.000 a 20.000 $: ovviamente la qualità non può che essere molto bassa.

Ma i lotti che DeBeers vende, a prezzi sempre maggiori, contengono anche pietre di maggior qualità che fanno aumentare il prezzo medio che però i grandi marchi non vorrebbero pagare.

Ciliegina finale la chiusura della mitica miniera di Argyle che, oltre ai favolosi diamanti rosa, produceva anche 10.000.000 di ct. all’anno. Erano di bassa qualità ma ora sono richiestissimi e sono spariti dal mercato mentre nessuno può rimpiazzare l’offerta.

Il prezzi nel lungo termine

Questo è il vero punto della questione: il lungo termine. La storia dei diamanti è avventurosa, spesso travagliata ma i numeri non mentono.

Questo semplice grafico racchiude 37 anni di quotazioni Rapaport: indica l’aumento di valore per tre pietre “simbolo” da 1 carato.

La perfezione (D/IF, linea blu), l’alta qualità (F/Vvs2, linea rossa) e una buona qualità commerciale (H/Vs2, linea verde).

Prezzi dal 1985 al 2022

Mentre la perfezione è cresciuta solo del 66%, l’alta qualità ha capitalizzato un aumento del 170% mentre la qualità commerciale ha raggiunto un incredibile +210%.

Mentre state già pensando ai futuri utili che guadagnerete investendo in diamanti voglio farvi notare anche il periodo 2011 – 2019.

Le vicende economiche sono note e anche i diamanti ne hanno pagato lo scotto. A fronte di una sostanziale stabilità per le pietre commerciali quelle eccelse hanno patito un forte calo, non ancora recuperato.

Per questo vi parlo sempre di lungo periodo e di consulenza professionale: non esistono investimenti sicuri, esistono opportunità che, per diventare successi, necessitano della competenza di chi le propone e di orecchie ben aperte di chi le cerca.

Se trovate interessanti queste notizie iscrivetevi alla mia newsletter, otterrete anche offerte riservate.

Alla prossima,

Paolo Genta