Diamanti sintetici dal microonde

Ci risiamo: i diamanti sintetici provano a conquistare il mercato passando per il forno di casa!

Un’azienda francese, la Diam Concept, ha iniziato a produrre diamanti sintetici tramite un sistema a microonde partendo da metano e idrogeno.

Anche loro puntano sui soliti luoghi comuni: etica, ecologia, convenienza economica.

Non ho nulla contro i diamanti sintetici a patto che siano venduti per quello che sono: prodotti industriali di larghissimo consumo senza alcun valore intrinseco oltre al costo industriale.

 

 Dov’è l’inganno

 

A fine maggio vi avevo svelato quale fosse il trucco dietro il presunto boom dei diamanti sintetici, adesso, grazie anche a questa nuova tecnologia, il bidone si ripropone.

La cosa triste è che queste pietre sintetiche pur essendo vitali per la nostra civiltà sono note solo come sostitute dei diamanti naturali.

Semiconduttori, fisica delle alte energie e abrasivi sono solo alcuni dei campi dove regnano sovrane. In gioielleria non sono mai state usate per il semplice motivo che esistono altre pietre, più economiche, alternative al diamante.

Però ci vengono sempre più spesso proposti come alternativa etica ed ecologia ai diamanti naturali. Perché? Semplice: perché vendere un prodotto industriale a 4000 $/ct invece che a 600$/ct. (suo attuale costo all’ingrosso ed in costante calo) è una tentazione irresistibile.

 

Eccolo

 

Se i diamanti sintetici fossero un’alternativa sana ai diamanti naturali il focus del marketing non sarebbe “Sono identici ai naturali” oppure “Sono indistinguibili dai naturali”.

Punterebbe invece sulle caratteristiche originali di queste pietre, sulle loro caratteristiche autentiche, non sul fatto di essere copie perfette.

Quello che in realtà si prova a vendere non è un’alternativa etica ma il solito cliché: apparire quello che non si è ingannando gli altri. Magari dando anche qualche giustificazione morale per invogliare ulteriormente il cliente.

Anche se l’ho già scritto nel precedente articolo non esistono altri modi per dirlo: non sono ecologici, infatti “sporcano” 4 volte di più dei diamanti naturali. Non sono etici, perché per produrli si usano materiali che hanno una filiera molto più immorale oggi di quanto lo sia mai stata quella dei diamanti. E non sono convenienti perché pagare il 40% in meno un oggetto che vale il 90% in meno dell’originale proprio un affare non è.

 

Dimenticavo: non li rivenderete mai

 

Un ultimo suggerimento: il microonde va bene per scaldare un piatto se proprio non si ha voglia di cucinare. Se credete che un diamante sia l’oggetto giusto per celebrare qualcosa di molto vero ed importante per voi allora sceglietene uno naturale, i momenti preziosi non si celebrano con una copia.

Alla prossima,

Paolo Genta

 

Globalizzazione: il rovescio della medaglia

Nel mio settore la globalizzazione è una realtà consolidata da molti decenni, da ben prima che iniziassi a lavorare.

Ecco perché può essere un utile esempio per quei settori dove è relativamente recente.

Ho sempre lavorato in un mercato globale e questo mi ha fatto crescere molto. Parlare di gemme in un’altra lingua, con persone di ogni razza e religione, con abitudini spesso profondamente diverse dalle mie è stata una sfida esaltante.

Oltre alle conoscenze professionali il vero tesoro è stato imparare a considerare tutti questi “altri” semplicemente come esseri umani, identici a me.

È naturale che si sviluppino delle preferenze ma questo confronto continuo mi ha dato moltissimo.

 

Questa è la globalizzazione che mi piace, quella che promuove il contatto umano oltre a quello economico.

 

Tuttavia la globalizzazione causa anche la crescita delle dimensioni aziendali per semplici questioni di sopravvivenza. Nel settore delle gemme esistono diversi giganti, i più noti operano nel mercato dei diamanti.

La crescita purtroppo si è trasformata in qualcosa di meno piacevole per mercato globale: il cartello dei produttori.

Come scrivevo nel precedente articolo da questa crescita è iniziata la guerra commerciale con gli intermediari.

 

Purtroppo spesso la forza è l’unica risposta possibile alla forza.

 

Per difendersi da questo cartello gli acquirenti si sono presentati come un fronte unito. Forti delle gemme che avevano in cassaforte, hanno semplicemente smesso di comprare grezzo.

Risultato? I produttori sono dovuti tornare sui loro passi. Si stanno registrando cali nell’estrazione di diamanti in tutto il mondo e altri, più rilevanti, sono pianificati per i prossimi anni.

Questo è successo anche perché i consumatori non comprano più “di tutto” ma, visti i prezzi, pretendono la qualità.

È diventato quindi antieconomico trattare molte tonnellate di materiale per estrarre pochi carati di diamanti piccoli e di bassa qualità.

 

Quando si lotta sul mercato a volte si accusa il colpo e spesso non si capisce la lezione.

 

Ed ecco che i grandi gruppi provano a reagire con l’arma definitiva per vincere questa guerra: i diamanti sintetici. Non vi ripeterò quale gigantesca bufala siano, ne ho già parlato diffusamente qui.

 

Questa è la globalizzazione che non mi piace.

 

Quella che elimina i rapporti umani e persegue solo il dominio assoluto del mercato per massimizzare il profitto.

La crisi non piace mai, fa danni e vittime ma insegna sempre qualcosa.

I consumatori devono imparare a non accettare in silenzio le pubblicità e gli intermediari devono ascoltare davvero i clienti.

Solo così i grandi cartelli dovranno mitigare le loro pretese, non potendo più strangolare il mercato.

Cosa mi aspetto per il prossimo futuro? Un aumento dei prezzi al dettaglio per la riduzione dell’offerta di grezzo e l’esaurimento dei magazzini dei grossisti.

Non accadrà subito ma accadrà, specialmente per alcune tipologie di pietre.

Fuori da questa guerra si pongono invece i diamanti rosa, in particolare quelli della famosa miniera australiana di Argyle. Appartiene al colosso minerario Rio Tinto Group ed è la fonte del 90% dei diamanti rosa del pianeta.

Ho già scritto delle meravigliose gemme che vi si estraggono, quello che forse ancora non sapete è che l’anno prossimo, dopo 37 anni di attività, è prevista la chiusura di questa miniera leggendaria.

 

Riuscite a immaginare l’effetto che ci sarà sui prezzi con una riduzione del 90% della fornitura?

 

Ecco le sei pietre più belle delle 64 che andranno al miglior offerente il prossimo ottobre.

La globalizzazione sana

Courtesy of The Argyle Tender 2019

È possibile essere famosi a livello globale anche senza dominare il mercato con pugno di ferro ma facendolo crescere con prodotti di qualità indiscutibile.

Paolo Genta

L’informazione è potere. Quanto costa non sapere?

L’informazione è vitale.

 

L’informazione è il cuore di ogni professione. Ho scelto di affrontare il mio lavoro considerando l’aspetto tecnico industriale prima di quello legato al design e al lusso.

Perché? A causa di una frase che mi ha colpito molto all’università:

“È meglio sapere subito che il direttore commerciale del tuo concorrente sta giocando a golf con il tuo miglior cliente piuttosto che scoprirlo da un disastroso report vendite semestrale”.

Può sembrare una frase scontata ma nasconde indicazioni importanti sul valore dellìinformazione.

Siamo tutti consapevoli di quanto l’economia sia fortemente interconnessa a livello globale. Ma sappiamo veramente cosa questo significhi per il nostro vivere quotidiano?

Tempo fa scrissi due articoli, in apparenza non collegati, che riguardavano le banche che investono in diamanti e il percorso di queste gemme dalla miniera al consumatore.

Insieme introducevano gli elementi di una guerra che si sta svolgendo a livello mondiale tra chi gestisce il monopolio estrattivo, le banche e chi compra il minerale grezzo per tagliarlo e fornirlo al mercato.

 

Ecco i protagonisti di questa guerra

 

  • Da un lato abbiamo il cartello estrattivo che ha alzato moltissimo il prezzo del grezzo.
  • Dall’altro le banche che hanno investito pesantemente sui diamanti e premono per liquidare parte degli investimenti per fronteggiare le numerose crisi degli altri settori.
  • Infine ci sono i Sightholders: i grossisti che possono comprare il grezzo da De Beers ma non scaricare questi aumenti sul mercato. Hanno quindi smesso di acquistare il grezzo preferendo impiegare le scorte di magazzino.

Questa miscela dirompente sta causando non pochi problemi a molti operatori, spingendone alcuni fuori dal mercato e creando un circolo vizioso. Chi vende deve abbassare i prezzi (prima troppo “pompati”) e chi compra sa che aspettando potrà pagare di meno e aumentare così la propria redditività.

 

Questa non è la solita guerra commerciale tra operatori di altissimo livello

 

Nasconde due aspetti importanti:

  • Lo stock di diamanti già tagliati e presenti sul mercato è stato gestito in maniera oculata per evitare strappi di prezzo e tutelare il consumatore assecondando le naturali oscillazioni della domanda.
  • Cosa succederebbe se i consumatori finali fossero contagiati da questo modo di agire? Questo è l’aspetto più pericoloso.

Spesso l’avidità è come il canto delle sirene narrato da Omero nell’Odissea: sappiamo che ci porterà al disastro ma è irresistibile!

Quindi si cerca di acquistare gemme sempre con sconti altissimi per poi provare a rivenderle al prezzo di listino, ovviamente senza riuscirci, e dando la colpa di questo fallimento al mercato.

 

La caccia all’affare

 

Mentre proviamo a fare “l’affare” ci dimentichiamo che il mercato è fatto da milioni di persone a caccia dello stesso affare ed è proprio la spasmodica ricerca del prezzo più basso ad avvelenare il mercato.

Circa un secolo fa persone come Rockefeller, Ford e Carnegie si resero conto che il mercato aveva bisogno, ad ogni livello, del giusto spazio vitale. Capirono finalmente che accumulare fortune gigantesche drenava le risorse necessarie agli altri per acquistare proprio i loro prodotti. Ecco il valore concreto dell’informazione.

Un mercato prospero (e sano) è quello dove la prevaricazione di una qualunque delle parti è minima e non è l’obbiettivo primario degli operatori. Altrimenti si conquisterà certamente quel mercato ma regnare da soli su un cumulo di macerie non è proprio il mio sogno per il futuro.

Paolo Genta

Diamanti sintetici: qual è il trucco?

È da parecchio tempo che noto il dilagare di un’abitudine preoccupante.

Le recenti elezioni europee lo hanno dimostrato: si vince per demeriti dell’avversario, denigrandolo, non per meriti propri.

Questo fenomeno ormai è presente in ogni settore sociale. Pensavo fosse un aspetto passeggero dovuto al momento (ormai piuttosto lungo) non proprio felice e prospero.

In realtà è qualcosa di più sottile e che convive con noi già da molti decenni. È una strategia di marketing volta a farci credere che l’altro prodotto (o l’avversario) sia brutto e cattivo, che ci “meritiamo” tutto, che possiamo e dobbiamo avere tutto.

Ma “tutto” cosa? In questo caso un magnifico diamante sintetico, uguale al naturale, anzi migliore perché creato in laboratorio con elevatissimi standard qualitativi, etici, ecologici e pure conveniente.

È vero, sto ironizzando, ma il fatto è reale e può diventare pericoloso.

Diamanti sintetici

Ecco dove si producono i diamanti sintetici

Il pericolo comunque non è di acquistare diamanti sintetici al posto dei naturali, per evitarlo basta rivolgersi a venditori seri che forniranno sempre un certificato.

Il pericolo è credere che acquistando i sintetici si risparmi, si faccia un affare e magari si difenda pure l’ambiente.

 

Chi acquista diamanti sintetici come investimento butta via i soldi.

Chi compra un gioiello con diamanti sintetici pensando che sarà rivendibile butta via i soldi.

 

Perché? Provate a chiedervi perché una persona decide di acquistare un diamante sintetico:

  • Per risparmiare: giusto ma non vero. I sintetici non sono certo regalati, è come comprare la foto di un quadro famoso pagandola il 30 – 40% in meno dell’originale. Vi sembra ancora un affare? Il prezzo dei diamanti sintetici è in costante calo e calerà ancora. Grazie al progresso tecnologico e alla produzione di massa il prezzo calerà fino a che ci sarà ancora un minimo utile da arraffare.
  • Per motivi etici: giusto, ma non proprio sincero. Il mercato dei diamanti naturali ha finalmente fatto passi da gigante sul fronte etico, cosa che non si può certo dire per molti altri settori i cui prodotti acquistiamo allegramente. Acquistare diamanti sintetici al posto dei naturali stronca una primaria fonte di reddito proprio per quei paesi che invece pensiamo di aiutare.
  • Per salvare l’ambiente: si instilla l’idea che le miniere di diamanti distruggano l’ambiente mentre i diamanti sintetici lo salvano. Peccato che la produzione dei sintetici emetta il 320% in più CO2 nell’atmosfera rispetto all’estrazione dei diamanti naturali. Le risorse necessarie per produrre i sintetici provengono da miniere molto più impattanti sull’ambiente. Dettaglio non trascurabile: la produzione di massa dei sintetici è in Cina.
  • Nessuno si accorgerà che è un sintetico: e qui casca il proverbiale asino! Questa strategia di marketing ha successo perché molti di noi desiderano apparire per quello che non sono e il mercato è pronto a venderci questa illusione.

 

E allora perché si sente parlare sempre più spesso dei diamanti sintetici?

 

Rispondere è semplice ma scomodo: perché il venditore ci guadagna molto di più. Dal 50% al 100% in più.

In realtà si approfitta della reputazione del diamante naturale, raro e limitato, per vendere un oggetto apparentemente identico ma per nulla raro, producibile in qualunque quantità desiderata e dal valore in costante calo.

L’avidità priva di lungimiranza prova a sostituire il simbolo per eccellenza dell’impegno, del valore e dell’unicità di una relazione sentimentale con un patetico oggetto prodotto in massa che non è etico, non salva l’ambiente e non vale nulla.

Nel caso pensiate che queste siano solo fosche (e false) previsioni dettate dalla paura di perdere il mio mercato principale vi invito a pensare che quanto descritto è già successo.

Il secolo scorso alcuni geniali e lungimiranti imprenditori hanno usato le stesse argomentazioni per attaccare il mercato di rubini, smeraldi e zaffiri creando i primi sintetici.

Risultato? Quei sintetici adesso ornano le maschere di carnevale, i gioielli degli ovetti Kinder e la calcolatrice che un venditore di sintetici mi ha regalato molti anni fa a Hong Kong.

Paolo Genta

Banche e diamanti: Atto III

Ci siamo! Adesso che il caso dei diamanti da investimento è diventato un caso giudiziario tutti si possono ergere a giudici, giuria e boia non solo delle banche ma anche di tutto il settore che tratta diamanti.

Questa reazione capita sempre, capita su ogni argomento, fa danni e poi si perde nell’oblio.

Io preferisco un approccio diverso dettato dalla mia abitudine a chiedermi perché i fatti seguano un certo percorso.

 

Riassunto delle puntate precedenti

 

13 luglio 2017: Appena inaugurato il mio blog ho deciso di scrivere subito dell’argomento più scottante, il rapporto tra banche e diamanti. Il punto focale era sul tipo di banche interessate ai diamanti da investimento: erano (e sono) le grandi banche d’affari, non le banche commerciali.

I diamanti da investimento devono essere certificati

Il giorno dopo ho pubblicato una breve guida alla scelta dei diamanti da investimento. Sottolineavo quanto fosse vitale avere le informazioni giuste per scegliere un investimento, di qualunque tipo esso fosse.

Proprio l’informazione è stata l’argomento dell’articolo successivo dove proponevo un approccio trasparente al mercato dei diamanti.

Ho completato poi il panorama scrivendo sui punti caldi per i clienti: la poca liquidità del mercato, il rendimento dei diamanti e le fake news che li circondano.

 

Si arriva così all’8 marzo 2018. Dopo le numerose richieste di informazioni, consulenza e valutazioni ho tratto alcune considerazioni sulla tempesta in corso.

Ho cercato di spiegare con chiarezza perché i prezzi delle banche fossero folli e come calcolavo il prezzo di riacquisto quando una persona mi offriva uno di questi diamanti da investimento.

 

Il senso della giustizia

 

Ed eccoci al proverbiale nodo: di chi è la colpa?

Già, perché se non riusciamo a trovare qualcuno al quale dare la colpa ci sentiamo defraudati, patiamo per l’ingiustizia della cosa.

Che sia la formazione della squadra del cuore dopo una sconfitta, la personale interpretazione dell’ultima legge o sentenza oppure che si debba giudicare l’ultimo fatto di cronaca non possiamo evitare le critiche feroci. Ci serve almeno un capro espiatorio e noi ci assolviamo così da ogni responsabilità.

 

La morale della storia: l’avidità

 

Per lavoro vendo diamanti e come tutti gli imprenditori cerco sempre nuovi clienti.

Il mio dovere, che spero sia anche un fattore strategico di successo, è informare al meglio i clienti senza creare false aspettative pur di vendere qualcosa.

Ma qual è il dovere delle persone? Esistono infinite tipologie di clienti per i diamanti da investimento, alcune estremamente prudenti e attente altre spregiudicate.

Questo è il cuore del problema: acquistare un diamante da investimento oggi, rivenderlo pochi mesi dopo ed andare in vacanza ai tropici con gli utili. È una chimera,  possibile ma molto, molto improbabile.

Soprattutto può capitare una volta ma non è certo la regola sulla quale programmare tutto il proprio reddito.

 

Il furbo della storia

 

E le banche? Hanno semplicemente approfittato di una situazione perfetta commettendo però due errori gravissimi: cedere all’avidità e non tutelare i clienti.

A pensarci bene non è certo una novità, gli scandali in campo bancario sono noti (Parmalat, Bond argentini, mutui sub prime, obbligazioni subordinate) come anche le scuse usate (è il mercato, sono le condizioni internazionali, ci hanno nascosto la reale situazione, il nostro prodotto perso meno di altri) eppure molti continuano a fidarsi ciecamente. Lo sbaglio non è fidarsi ma farlo ad occhi chiusi.

Un personaggio dello spettacolo coinvolto in questa truffa ha stigmatizzato la situazione: “se si fosse presentato alla mia porta un venditore di diamanti senza aver dietro una banca gli avrei chiuso la porta in faccia”. Comprensibile ma anche sbagliato.

Parafrasando uno slogan di un istituto di credito posso affermare che “Gli investimenti si faranno anche in banca ma i diamanti si comprano dal gioielliere”.

Mi ricordo perfettamente quante porte in faccia ho ricevuto, fa parte del lavoro e lo accetto. Mi spiace solo di non aver avuto la possibilità (o la capacità) di provare a queste persone la validità dei diamanti da investimento comprati al giusto prezzo.

 

A volte ritornano

 

Alcune persone, dopo avere legittimamente rifiutato le mie proposte, hanno acquistato i diamanti in banca e adesso sono tornate da me per rivenderli, rimanendoci molto male quando comunicavo loro il reale valore delle pietre. Questa è una cosa che accetto con difficoltà.

Con alcuni sono riuscito ad approfondire l’argomento perché volevo capire come la banca fosse riuscita dove io avevo fallito. Tutte le risposte avevano in comune due elementi:

  • “Mi hanno detto che il prezzo era sempre in crescita
  • “Mi hanno garantito che potevo rivenderli quando volevo

Non vorrei essere brutale ma devo dirlo: sono delle balle colossali.

 

Il brusco risveglio

 

In economia vigono alcune leggi ferree: una vendita si conclude solo quando domanda e offerta si accordano su un determinato prezzo. Se la domanda supera l’offerta il prezzo sale, altrimenti scende.

Questa legge non ammette eccezioni ma ammette dei trucchi, alcuni leciti altri truffaldini.

Le quotazioni dei diamanti nel lungo periodo si sono apprezzate ma non sempre e non costantemente.

Andamento diamanti da investimento

Immaginiamo di aver comprato nel lontano 1985, per un simbolico “100”, un diamante da 1 carato di una buona qualità commerciale, senza esagerare, diciamo di colore H e purezza VS2 (non conoscete le classi dei diamanti? Le potete leggere qui).

Oggi quello stesso diamante varrebbe 271 ma dopo un picco a 217 nel 1999 è sceso leggermente fino a 210 nel 2001, 2002 e 2003. Anche negli anni successivi oltre alla crescita ci sono state delle leggere correzioni. Nulla cresce sempre e senza pause.

 

E adesso cosa posso fare?

 

Anche i clienti hanno una responsabilità: non hanno saputo trarre i dovuti insegnamenti dai molti rovesci bancari degli ultimi anni ed hanno continuato a riporre la loro fiducia in chi l’aveva tradita ripetutamente.

Ma la loro responsabilità è lievissima se paragonata a quella enorme delle società coinvolte che hanno abusato della loro posizione, hanno illuso i clienti, fornito informazioni false e approfittato del legittimo desiderio di protezione del proprio patrimonio.

A quanti mi hanno interpellato ho fornito la documentazione comprovante i sovrapprezzi e ho consigliato loro di rivolgersi alla banca venditrice. L’obbiettivo di ottenere il rimborso integrale ed il ritiro dei diamanti minacciando la chiusura dei conti ed un’azione legale spesso è stato raggiunto. Oggi la questione potrebbe essere più complicata a causa dell’elevato numero di richieste che inevitabilmente arriveranno.

Piazzare queste pietre sul mercato sarà possibile ma solo accettando una perdita almeno del 70 % di quanto investito. Ecco perché è una scelta che sconsiglio fortemente.

 

Cosa ci riserva il futuro?

 

Questa truffa ha danneggiato molto l’immagine dei diamanti da investimento creando una sfiducia ingiustificata verso un investimento potenzialmente remunerativo.

Stranamente si tende a dare la colpa dell’accaduto ai diamanti anziché alle banche. La responsabilità non è dell’oggetto ma del truffatore che lo ha fatto pagare tre volte il suo giusto prezzo.

E come se dessimo la colpa alla mela perché l’abbiamo acquistata per 15 € ad una sfilata di moda anziché al venditore che ci aveva illuso sulle sue qualità magiche.

Facili battute a parte mi aspetto ancora pesanti strascichi. Queste pietre troveranno sicuramente una collocazione sul mercato ma ai prezzi correnti. Temo anche che molti proveranno a pagarle pochissimo per tentare la speculazione.

Il mio consiglio è di lottare per ottenere il rimborso dalle banche, riacquistare le stesse pietre tramite i canali giusti ed al giusto prezzo ed utilizzare l’avanzo per quello che preferirete.

Abbandonare questo settore di investimento sarebbe come dire che consideriamo l’investimento immobiliare una truffa perché un intermediario ci ha convinto a comprare un alloggio in periferia al prezzo di un attico in centro. Il problema non sono le case, ma i professionisti ai quali ci affidiamo.

 

Paolo Genta

Sfida tra titani per il diamante rosa più costoso

A metà novembre Harry Winston, il famoso gioielliere di New York ha stabilito un nuovo primato.

Partecipando all’asta di Christie’s a Ginevra si è aggiudicato il famoso “Pink Legacy”: un favoloso diamante rosa, tagliato a smeraldo, di quasi 19 ct. per la “modesta” somma di $ 50.400.000.

Diamante rosa Winston Pink Legacy

Questo è il nuovo record mondiale di prezzo per queste gemme rare e meravigliose.

Da diversi anni si assiste ad un trend crescente sia nella domanda che nei prezzi dei diamanti colorati, in particolare per quelli rosa.

L’interesse per questi beni non è limitato allo status symbol che ne deriva dal possesso ma li vede come opportunità di investimento.

Il colosso minerario russo Alrosa ha recentemente scoperto un diamante rosa da 27.85 ct. che, grazie alla sua eccezionale purezza, sarà venduto per forse $ 14.000.000.

Diamante rosa ALrosa

Si può solo immaginare quale magnifica pietra nascerà dal taglio di questo grezzo e nessuno si azzarda ad ipotizzarne il prezzo!

Queste pietre sono lontane anni luce dalle mie possibilità ma da professionista devo accettare quello che il mercato mi insegna.

 

La qualità paga, sempre.

 

Quando ci si avvicina a questo mondo il costo diventa relativo ed il budget da investire lo decide il cliente.

Il mio compito invece è fornirgli le pietre migliori per le sue esigenze. Solo così si minimizzano i rischi e si fanno buoni investimenti.

Anche una pietra da poche centinaia di euro deve essere la migliore possibile, non necessariamente la più grande ma la più bella.

Paolo Genta

Alrosa mining: una rivoluzione nel mercato dei diamanti?

Diamanti gialli

Il settore dei diamanti è sempre in fermento. L’ultima novità in questo mercato è l’idea del gigante russo Alrosa, primo estrattore mondiale, di integrare estrazione, taglio e vendita all’interno dell’azienda.

Il progetto è attualmente limitato alle pietre colorate per attaccare il predominio del Rio Tinto Group, proprietario della leggendaria miniera di Argyle, la miglior fonte al mondo di diamanti rosa.

Dubito che si estenderà anche al settore dei diamanti bianchi ma le ragioni di questa scelta sono molto interessanti.

Forte della sua posizione dominante nell’estrazione Alrosa vuole fornire un servizio “dalla miniera al consumatore” che garantisca la provenienza delle gemme più belle.

L’esperienza maturata durante gli ultimi anni nel taglio di gemme colorate di particolare bellezza è stata ammirata alla fiera di Hong Kong lo scorso settembre.

L’accento è stato posto sulla qualità del taglio ottenuta dai tagliatori russi. Il chiaro intento è la creazione di un brand per i diamanti più rari ed ambiti. La garanzia sull’etica dell’intera filiera crea un ulteriore vantaggio competitivo nel mercato più esclusivo del mondo.

Se siete curiosi di saperne di più sulla tracciabilità dei diamanti vi segnalo i miei articoli sulle strade che seguono e sull’uso della crittografia per identificarli.

Prossimamente vi parlerò del KYC form (Know Your Customer). È il modulo che devo compilare per poter acquistare diamanti dai fornitori più importanti e mi sottopone  ad una serie di controlli piuttosto approfonditi e invasivi.

Questo però mi permette di acquistare dalle migliori aziende pietre etiche ed offrire a voi una qualità senza compromessi.

Paolo Genta

La tracciabilità dei diamanti: ecco le loro strade.

Oggi si stima molto la tracciabilità, viene considerata un valore aggiunto per ogni prodotto.

Proprio sulla tracciabilità dei diamanti si è scritto e detto molto, non sempre però rispettando la realtà dei fatti.

Ho già scritto un articolo sui problemi morali dei diamanti, adesso vorrei svelarvi i percorsi di queste gemme e il loro reale peso economico.

Le strade del minerale grezzo

Fino a pochi anni fa i diamanti grezzi dovevano seguire percorsi a volte tortuosi per arrivare nelle taglierie.

Una volta estratti erano spediti a Londra per la selezione, poi arrivavano ad Anversa per essere venduti e finalmente giungevano in taglieria dopo essere passati per 4 o 5 mani diverse.

Nel 2013 De Beers ha spostato le operazioni di selezione a Gaborone, in Botswana mentre Dubai è diventato il secondo centro mondiale per il grezzo grazie ai problemi fiscali e bancari di Anversa.

Anversa è ancora saldamente al comando con circa l’84% del grezzo mondiale che transita ancora qui.  Sono infatti le miniere piccole e medie che vendono il loro grezzo nelle aste della città belga a manternerla in vetta!

Dove si tagliano i diamanti?

L’80 / 90% del grezzo estratto è tagliato in India, nel distretto di Surat e da lavoro a mezzo milione di persone generando più di 70.000.000 $ di fatturato al giorno! Grazie ai diamanti e al settore tessile Surat è una delle aree di maggior benessere dell’India con il più alto tasso di crescita del Pil.

Circa un terzo dei diamanti tagliati in India è spedito direttamente dalle miniere di Russia, Canada, Botswana e da altre minori mentre il 57% arriva complessivamente da Belgio ed Emirati Arabi.

I protagonisti di questo mercato?

La spina dorsale degli scambi è rappresentata da accordi a lungo termine tra pochi selezionati acquirenti e le principali compagnie minerarie. De Beers, Alrosa, Rio Tinto e Dominion diamond rappresentano da sole circa il 70% del mercato globale.

Questi colossi sono gli unici in grado di programmare e garantire rifornimenti che permettano alle maggiori taglierie di operare senza interruzioni.

Le altre miniere, medie o piccole, solitamente organizzano aste o gare d’appalto per massimizzare il prezzo realizzato.

I grossisti di primo livello

Al momento esistono 124 società, dette Sightholders, che acquistano i diamanti tagliati grazie a questi contratti a lungo termine e si occupano di distribuirli a livello mondiale.

È tramite loro che i diamanti iniziano la strada che li porterà fino a voi.

Solo una piccola fetta del mercato è rappresentata da grossisti che acquistano il grezzo, solitamente di altissima qualità, per tagliarlo in proprio e vendere direttamente le gemme così ottenute.

La tracciabilità oggi

Tutti gli attori di questo mercato aderiscono al Kimberley Process: un accordo internazionale volto a stroncare l’uso illecito dei profitti di questo mercato. Di concerto con le Nazioni Unite questo sistema continua ad avere una grande efficacia.

Ad oggi solo la Repubblica del Congo è esclusa dall’accordo mentre Costa d’Avorio e Liberia sono oggetto di sanzioni Onu.

Il futuro della tracciabilità

È in fase di test l’applicazione dell’algoritmo Blockchain per certificare ogni singolo passaggio dalla miniera fino a voi.

Ma questo lo approfondirò nel prossimo articolo!

Paolo Genta